Non mi voglio spacciare per ciò che non sono, ovvero un esperto di cucina, se intesa come cultore della cucina moderna, “ famolo strano “ a tutti i costi pur di apparire i piu’ innovativi, i piu’ originali, i piu’….i piu’ !
No, mi ritengo semplicemente un buongustaio, allevato e cresciuto con i piatti tradizionali della cucina emiliana-romagnola, con le paste fatte in casa, tagliatelle,
cappelletti,
maltagliati con i fagioli
e grandi secondi piatti di conigli allevati allo stato brado,
galline ruspanti con le loro uova naturali,
salami casalinghi fatti dai contadini delle mie zone. Essendo nato e cresciuto nel Delta del Po sono stato allevato ad anguille ai ferri,
in brodetto, ma anche pescigatto, tinche, carpe ( chiamate in loco gobbe ) ecc., il vicino mare adriatico mi ha fatto assaporare e conoscere i migliori calamaretti nostrani,
le cannocchie o " pannocchie ",
i rombi chiodati anche di 10/12 kg di pezzatura mangiati negli anni '90 ecc.
Girando poi l' Italia , ho avuto modo di conoscere ed apprezzare le altre cucine regionali e locali, sempre mi hanno coinvolto ed affascinato le cucine tipiche e tradizionali che si tramandano da madre in figlia, ovvero le cucine casalinghe !
Perchè mi chiedo dobbiamo stravolgere le nostre tipicità per tentare di apparire piu' bravi ed innovativi, quando da innovare non c'è proprio nulla, basta solo usare ingredienti di alta qualità e tentare di ripetere quanto facevano le nostre nonne ?
Detto questo mi riallaccio a quanto scritto e sostenuto da sempre, da Edoardo Raspelli, trovandomi in perfetta sintonia, la nouvelle cuisine la lascio volentieri ai
millennials o ai colleghi gastronomi, che pur di apparire " fighi " ed al passo con i tempi la decantano come fosse la manna dal cielo. Vade retro satana !
Roberto Gatti
Edoardo Raspelli, il 28.5.2016 sulla Stampa
EDOARDO RASPELLI
Non se ne può più; non ne posso più. Aveva cominciato Gianfranco Vissani, quando il più grande cuoco d'Italia aveva avuto una sbandata (per fortuna passeggera) e «si era messo a cucinare i bambini alla griglia» tanto per stupire gli stupidi. Ferran Adrià, poi, incensato da tutto il mondo della «critica gastronomica» (tranne che da me su La Stampa e da Enzo Vizzari su L'Espresso) prima di essere costretto a chiudere il suo locale, si era buttato su inconsistenze, scherzi diafani, meravigliose essenze di nulla mangereccio. Ora il sifone, le nullità, arrivano dovunque.
I piatti sono sempre bellissimi, i colori che nemmeno Picasso Pollock o Raffaello: in cucina cento discepoli sono attorno allo stesso piatto e seguono il Maestro, i Maestri: uno ci mette 3 grammi di carne o di pesce, uno ci mette con la pinzetta del chirurgo la fogliolina di basilico, l'altro ci adagia la schiuma di liquerizia o di tabacco, un altro ancora ci spruzza tre gocce di aceto balsamico più o meno tradizionale, il caldo si unisce al freddo, il crudo al cotto, tutto viene distrutto decomposto polverizzato liofilizzato. Il giochino, che sta massacrando la cucina, è ormai dappertutto.
Con supponenza, cuochi e ristoratori ti fanno sentire deficiente ed ignorante; nomi stranieri indicano tecniche che non sai che cosa siano; i menu non elencano piatti ma ingredienti e tu non sai che cosa mangerai e (a volte) nemmeno che cosa stai mangiando.
La blogger Viviana Fornaro dice: «La cucina va come il mondo: conta più l'apparire che essere». Basta! Basta! Basta!..............................................................................................................
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