09.04.2012 | Vino e dintorni Inserisci una news

Qual'è il vero colore del pinot grigio ?

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Riprendo molto volentieri l'aggiornamento proposto da questo bravo viticoltore, di cui ne ho appena scritto qui :

http://www.winetaste.it/ita/anteprima.php?id=7506

a tema Pinot Grigio, ovvero che colore devono o dovrebbero avere questi vini. Ricordo 20 e piu' anni fa, che i Pinot Grigio zona FVG erano di colore ramato e/o a " buccia di cipolla ", poi negli anni non ne ho piu' visti in circolazione. Dal momento che le sostanze aromatiche sono contenute essenzialmente nelle bucce dell'uva, perchè continuare a produrre vini " bianco carta " che hanno ben poco da esprimere, quando oggi con certe tecniche possiamo fissare quel bel colore ramato ( quasi rosato ) che ci garantisce maggiore cromaticità ma soprattutto maggiore corredo aromatico/gustativo nei vini a base uva Pinot Grigio ?

Sotto è bene rappresentato il tema

Roberto Gatti

 

" Giallo paglierino, ramato, bianco carta, rosato, buccia di cipolla, queste sono le tonalità che possiamo riscontrare quando ci imbattiamo in un vino pinot grigio e spesso sorge la legittima domanda su quale sia la giusta espressione cromatica.

Il Pinot Grigio, spesso viene definito impropriamente come un'uva bianca, ma non lo è. 

Il nome stesso è un chiaro riferimento al fatto che siamo di fronte ad una varietà non perfettamente bianca. Si tratta infatti di una derivazione ( o mutazione genetica n.d.r. ) del Pinot Nero, e senza entrare in dettagli di genetica è sufficiente osservare la colorazione del grappolo per verificarlo.

Noi siamo partiti da qui, dal grappolo, per poter interpretare al meglio tutte le potenzialità di questo vitigno. Una scelta che mira ad esaltare le caratteristiche dell'uva, la sua ampiezza aromatica, la sua carica tannica, la sua complessità strutturale e di conseguenza anche la sua originale colorazione.

Scendendo un po' più nel dettaglio tecnico:

Sovente il carattere ramato del vino viene attribuito ad una macerazione più o meno spinta in cui gli elementi colorati passano dalla buccia al mosto come normalmente accade nella vinificazione dei vini rossi. In realtà la presenza del colore nel mosto è garantita anche quando la vinificazione non prevede un contatto con le bucce, in quanto già sulla pianta, una volta raggiunta la maturità dell'uva, una certa quantità di pigmenti passa al succo interno dell'acino.

Di fatto si può sostenere che tutti i mosti di pinot grigio, appena ottenuti, presentano una colorazione più o meno ramata, ma solamente alcuni sono capaci di mantenerla nel tempo, mentre per la maggior parte di essi assistiamo alla progressiva scomparsa della tonalità fino a giungere alla classica nota giallo paglierina.

La spiegazione di questo comportamento risale al fatto che il pigmento colorato del pinot grigio, di natura antocianica, è facilmente ossidabile nelle normali operazioni di ammostamento, per cui dopo una prima fase, in cui rimane sospeso anche per l'attività fermentativa, si ha una progressiva riduzione del colore a causa della precipitazione degli antociani ossidati. Il risultato finale è che il colore naturale si accumula sul fondo del contenitore di maturazione colorando di rosa le fecce nobili.

Là dove, invece, le lavorazioni dell'uva e il relativo ammostamento non prevedono il contatto con l'ossigeno, i pigmenti naturali della varietà vengono preservati e mantenuti stabili lungo tutta la vita del vino. Una tecnica simile viene da noi attuata per la vinificazione del Dessimis, dove il color ramato non rappresenta una scelta prioritaria, ma rappresenta una naturale conseguenza della protezione dall'ossigeno, al fine di salvaguardare la carica aromatica della varietà che in questa particolare fase di lavorazione, rischierebbe altrimenti di andare persa.

 

( Fonte Vie di Romans )


Tag: winetaste, pinot bianco, viticoltura, Gatti Roberto, pinot grigio, Pinot Nero, ampelografia, vie di romans, mutazione genetica, genetica


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