19.08.2002 | Vino e dintorni

Verdicchio, la crisi durerà anni

JESI — Dopo l'uragano e la grandinata che hanno messo a dura prova l'agricoltura della Vallesina, arrivano le prime stime dei danni. E’ soprattutto il Verdicchio doc, uno dei fiori all'occhiello della produzione vinicola marchigiana, a farne le spese.

La Confagricoltura non è ancora in grado di comunicare dati precisi, ma ritiene eccessivo l'allarmismo di questi giorni. Intanto i produttori cominciano a trarre le proprie conclusioni e appaiono alquanto preoccupati. Una cosa sembra essere certa: il verdicchio nella prossima stagione sarà prodotto in minor quantità. Conseguenza: probabile aumento dei prezzi. Occorre attendere la vendemmia per vedere se il maltempo abbia compromesso anche la qualità. Racconta Giuseppe Bonci: «Ho subito danni per circa il 20 per cento della produzione, la grandine ha distrutto molti dei miei filari e questa situazione si ripercuoterà sulle vendemmie dei prossimi anni. Sono andati distrutti tronchi e tralci e gli acini rimasti chiusi potrebbero non maturare. Non è, poi, da sottovalutare la crisi di mercato dei bianchi che coinvolge anche il verdicchio, non a livello di riserva ma di prodotto base. Molti di questi vini sono da tempo venduti sotto costo, una produzione più limitata potrebbe far lievitare i prezzi adeguandoli al reale valore, ma non desidero che la grandine costituisca occasione di arricchimento». Citando un famoso detto: la grandine non porta carestia, i produttori della Vallesina si sono rimboccati le maniche. Ma non è facile guardare al futuro con ottimismo. Massimiliano Latini, uno dei soci della Colonnara, ha visto andare distrutto tutto il suo raccolto delle zone di Mergo e Rosora, ma nel complesso i danni subiti dall'azienda si aggirano intorno al 15 per cento. «Fortunatamente - dice - i nostri appezzamenti sono quasi tutti a San Paolo Apiro e Staffolo, zone risparmiate dalla grandine, ma colpite solo dal forte vento che ha provocato danni marginali». Più problematica la situazione di Montecappone: «Abbiamo perso oltre il 50% del raccolto - spiega il titolare - e la parte rimanente è stata gravemente rovinata. Dobbiamo puntare sulla qualità, selezionando i chicchi rimasti integri ed eliminare quelli intaccati dalle muffe. Ma la muffa è un batterio che dilaga, la nostra speranza è riposta nel bel tempo, solo venti giorni di sole possono aiutarci a seccare le parti malate. Per ora non azzardiamo previsioni, ma certamente dovremo limitare la nostra produzione e decidere se uscire con il Tabano, il nostro vino di punta, o concentrarci solo sulla linea base». Quanto all'Umani Ronchi, sono andati distrutti due vigneti su sette, ma Michele Bernetti assicura che, nonostante una diminuizione della produzione sia inevitabile, la qualità non verrà intaccata e le selezioni più importanti, Casaldiserra e Plenio sono rimaste integre. Per la Confagricoltura la situazione è pesantissima e impone interventi straordinari, ma la normativa vigente è inadeguata. «Il problema più urgente è che le disponibilità finanziarie sono limitate a 35 milioni di euro, non sufficienti per ristorare i danni subiti dagli agricoltori e riavviare l'attività produttiva». Confagricoltura suggerisce ai produttori di chiedere risarcimento all'ispettorato agrario del proprio Comune.

FONTE: IL MESSAGGERO

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