"Il
15 novembre 2006 ricorre il
162° anniversario di un'invenzione,
semplice ma geniale, che si è diffusa in tutto il mondo e che è
rimasta praticamente immutata dalla sua prima apparizione,
nonostante lo sviluppo delle capacità di ricerca ed i progressi
della tecnologia: si tratta della capsula
metallica che, con la tipica gabbietta in filo di ferro,
trattiene il tappo delle bottiglie dei vini spumanti prodotti nel
mondo intero.
Ci è tanto familiare e si è dimostrata così efficace e pratica da
montare (ma anche da togliere quando si vuole stappare una bottiglia
di spumante) che verrebbe quasi da pensare che la gabbietta e la
capsula siano esistite da sempre. Invece non è così, perché l'idea e
lo sviluppo dei primi prototipi furono merito di
Adolphe Jacquesson, un produttore
di Champagne di Chalon-sur-Marne,
nella prima metà del 1800.
Risale, infatti, al 15 novembre 1844
la data di deposito del "Brevetto
d'invenzione" di vari tipi di capsule in lamierino,
fissate sulla parte superiore del tappo ed assicurate al collo della
bottiglia con vari sistemi, i principali dei quali consistevano in
una gabbietta di filo di ferro ritorto. L'invenzione risolveva due
problemi importanti che preoccupavano i produttori di Champagne
dell'epoca.
Accadeva in
precedenza che parecchie bottiglie
"perdevano" (bouteilles recouleuses) perché i
tappi lasciavano filtrare del vino e dell'anidride
carbonica; il vino si ossidava, perdeva le sue qualità
organolettiche e scompariva quasi completamente il suo
caratteristico spumeggiare. Il secondo inconveniente era
dovuto allo spago che
tratteneva i turaccioli. |
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La pressione
interna faceva sì che il tappo fuoriuscisse un po', giacché lo spago
tagliava il sughero e penetrava nel tappo; ciò creava le
perdite di vino e gas che abbiamo
visto. Altre volte lo spago ammuffiva per l'umidità delle cantine,
durante la fase d'invecchiamento (quando qualche topo non se lo
rosicchiava), s'indeboliva e si spezzava, liberando il tappo che
veniva poi espulso dalla forte pressione interna.
In effetti, era sempre esistito il problema
di una buona tappatura delle bottiglie di Champagne, sin dai tempi
di Dom Pérignon, quando si era messo a punto il metodo
per rendere spumeggiante il vino, grazie ad una seconda
fermentazione provocata nella bottiglia dall'aggiunta di lieviti e
zucchero. Allora le bottiglie (siamo alla
fine del 1600) erano tappate con dei cavicchi di legno.
Sui cavicchi veniva avvolta una corda di
canapa, imbevuta d'olio, che venivano ficcati a forza nel
collo delle bottiglie; si cercava poi di migliorare la tenuta,
sigillando il collo delle bottiglie con cera liquida o con
ceralacca. Ben presto però ci si rese conto che questo sistema era
tutt'altro che efficace, non tratteneva il gas ed era decisamente
insufficiente a contrastare la pressione che si sviluppava
all'interno, per cui molte bottiglie "perdevano".
Si passò quindi ai tappi di sughero
che, avevano una migliore tenuta ma, per evitarne l'espulsione,
dovevano obbligatoriamente essere fissati con delle cordicelle di
canapa, annodate a mano; l'operazione era tutt'altro che semplice e
rapida, perciò fu messo a punto uno strumento (detto calbotin o
calice o anche pot à ficeler) dove s'inseriva la bottiglia, che
rimaneva trattenuta saldamente durante l'operazione di legatura.
Il lavoro dei legatori era però difficoltoso (e doloroso per le
mani) e richiedeva un notevole sforzo fisico; ma è solo verso il
1855 che un vigneron di Avize,
Nicaise Petitjean, inventò e
brevettò una macchina per legare i tappi con lo spago: l'apparecchio
facilitava notevolmente il lavoro degli addetti alla legatura e
migliorava il fissaggio dei tappi, che restava però precario, per le
ragioni viste prima.
Per una maggior garanzia di tenuta, alcuni negozianti rinforzavano
la legatura di canapa aggiungendo uno o due fili di
ferro ritorto, che venivano fissati
con l'aiuto di apposite pinze; se risolveva un problema, questo filo
metallico ne creava un altro al momento di stappare la bottiglia:
bisognava, infatti, tagliarlo con una pinza speciale o con un uncino
di ferro, che lasciavano spuntoni taglienti e pericolosi per chi
eseguiva l'operazione.
Per facilitare l'apertura delle bottiglie, senza dover ricorrere a
pinze od uncini (e soprattutto per evitare di ferirsi) qualcuno ebbe
l'idea di prevedere un anello o un ricciolo
sul filo di ferro ritorto, che poteva così essere rimosso
più agevolmente. Talvolta questo anello era munito di un
sigillo di piombo, sul quale era
impresa la parola Champagne oppure il nome o il marchio del
produttore o del negoziante.
Il lavoro per applicare la legatura di spago ed il rinforzo di filo
di ferro era però lungo, difficoltoso e costoso; si cominciò così a
perfezionare il filo di ferro, preformandolo, dandogli cioè una
sagoma che ne facilitasse l'applicazione sul tappo ed il fissaggio
sulla bottiglia: era nata la gabbietta (muselet).
All'inizio del secolo venivano fabbricate delle gabbiette.
Le gabiette erano molto semplici e prevedevano tre o quattro
montanti, che formavano un piccolo quadrato o triangolo centrale
nella parte superiore: le gabbiette erano posate direttamente sul
tappo e, qualche volta, veniva inserita una rondella zincata tra il
sughero e la gabbietta per migliorare la tenuta. Poi
Adolphe Jacquesson ebbe l'idea di
utilizzare una capsula metallica.
La capsula di lamierino era fustellata e
preformata, senza scritte o con impresso in rilievo la
parola Champagne, che si dimostrò ben presto la soluzione vincente.
Tale strumento permetteva di fissare saldamente il tappo, di
assicurare un'ottima tenuta, di far assumere al tappo la tipica
forma rotondeggiante e regolare, era esteticamente valida e si
poteva decorare con i simboli ed i marchi del produttore.
Fu così che la forma della gabbietta si modificò nuovamente, il
piccolo spazio centrale divenne più grande per contenere la capsula,
che venne stampata con quattro scanalature sul perimetro, per
alloggiare saldamente i montanti:
era la forma che ora conosciamo e che non è più sostanzialmente
cambiata. Il sistema si dimostrò pratico, affidabile, facile da
installare e semplice da togliere.
La capsula era anche la soluzione meno costosa delle altre
alternative e si è generalizzata per tutti i vini spumanti,
diventando anche un simbolo di qualità, tanto che è stato adottato
(forse impropriamente) da altri prodotti quali il sidro, l'idromele,
la birra.
Tornando a Jacquesson, il 15 novembre 1844
mentre depositava il "Brevetto d'invenzione",
non s'immaginava certo che la sua invenzione avrebbe stimolato,
parecchi anni dopo, il collezionismo delle capsule, divenute via via
sempre più decorate ed attraenti, sino ai giorni nostri. In realtà
le prime capsule (plaques de muselet) erano
semplici tondini di lamierino zincato, anonime, spesso con l'incavo
al centro.
Ben presto si cominciò a personalizzarle, dapprima con la scritta
Champagne punzonata a lettere in rilievo e successivamente con il
nome del produttore e il paese sede dell'attività. Per proteggere le
capsule dall'ossidazione, accelerata dall'umidità delle cantine, a
partire dal 1920 s'incominciò a
ricoprire il lamierino zincato con una vernice colorata (i
colori più usati furono il verde,
il rosso, il bianco e il blu).
Le capsule incominciavano ad essere multicolore e a farsi notare
molto di più. Nel frattempo la stampa su
metallo si andava via via perfezionando e diffondendo,
soprattutto per la realizzazione di scatole e confezioni di metallo
ed, in seguito, per barattoli, lattine e tubetti. Quindi, negli anni
a partire dal 1940 apparvero sulle bottiglie di spumante le prime
capsule litografate o serigrafate
a quattro colori (esiste una
capsula del 1906, litografata, della Maison
Pol Roger, che però era praticamente la sola azienda ad
utilizzare capsule stampate).
Le nuove tecniche di riproduzione, divenute d'uso comune dopo la
seconda guerra mondiale, consentirono disegni ed elementi decorativi
sempre più complessi ed elaborati, resi sempre più attraenti
dall'evoluzione dei colori da stampa
e delle lacche trasparenti protettive,
che permettevano di ottenere l'effetto dell'oro e dell'argento
brillante. In pratica però, sino all'inizio degli anni '80, la
raccolta delle capsule era del tutto sporadica.
Qualcuno conservava semplicemente il tappo, con relativa gabbietta e
capsula, di qualche bottiglia stappata in occasioni speciali, spesso
scrivendo sul sughero la data dell'avvenimento memorabile. Solo
alcuni appassionati, forse neanche una decina, a partire dalla
Champagne dedicavano interesse ed attenzione alle capsule e sono
stati dei veri precursori della passione che ha poi contagiato molti
altri, noi compresi.
Infatti, l'attenzione dei collezionisti
e le raccolte fatte dalle Maison produttrici si erano rivolte, sino
ad allora, soprattutto alle etichette, forse perché più attraenti
per le dimensioni e più facili da conservare e da "godere", con una
maggior varietà e contenuto decorativo e artistico delle loro
decorazioni.
É dalla metà degli anni '80,
che, sempre a partire dalla Francia, il
collezionismo delle capsule si diffonde ed attrae un
numero sempre maggiore di appassionati, dapprima in Spagna, poi in
Italia ed in altri paesi europei e d'altri continenti,
parallelamente all'inizio della produzione locale di vini spumanti
(Stati Uniti, Australia, Sud Africa, Cile).
In Francia viene pubblicato, attorno al
1990, il primo Catalogo (Répertoire
des plaques de muselets de Champagne) e nascono le prime
associazioni di collezionisti, che sono create successivamente anche
in Spagna ed in Italia. È per merito di questi primi appassionati
che vedono la luce anche i Cataloghi delle capsule spagnoli ed
italiani, indispensabili per chi vuole organizzare e sistematizzare
la propria collezione o compilare un catalogo.
I cataloghi facilitano gli scambi ed offrono le prime indicazioni di
rarità delle diverse capsule. Le capsule più antiche e più rare
raggiungono oggi valutazioni sempre più elevate, talvolta esagerate,
ma esiste ancora una forma di scambi tra appassionati, che consente
di iniziare la collezione senza necessariamente dover investire
somme spropositate.
In Italia è attivo il Club Collezionisti di
Capsule che cura questo Catalogo e pubblica un bollettino
periodico "La Capsula" con
notizie ed informazioni utili, nonché informazioni sulle novità o le
"scoperte" fatte e segnalate dai soci; ogni anno si tiene una
Mostra Nazionale delle Capsule e
varie Fiere o incontri specializzati, che offrono l'opportunità, ad
appassionati e commercianti, di esporre le proprie collezioni,
compiere scambi o acquisti.
Spesso alla Mostra partecipa anche Daniel
Aubertin, responsabile tecnico della Maison di Champagne
Paul Goerg, considerato il più importante ed autorevole
collezionista di capsule del mondo. Aubertin, che è una persona
simpatica e squisita, ha creato un sito, il
Placomusophilie.free.fr, che
contiene notizie, la storia, aneddoti ed informazioni interessanti
ed utili per chi s'appassiona all'argomento.
Alcuni produttori, più sensibili alle esigenze del collezionismo,
hanno creato capsule particolari: è il caso del leader di mercato,
la Guido Berlucchi di Borgonato
in Franciacorta, che realizza capsule speciali per celebrare
avvenimenti importanti dell'Azienda ed ha iniziato ad indicare
l'anno della vendemmia (la prima è stata il 1995) sulle capsule
delle sue Cuvée Imperiali Millesimate
più prestigiose.
Anche la Ferrari di Trento ha
realizzato delle capsule celebrative del proprio centenario ed altri
soggetti speciali, collegati alle diverse tipologie di spumante
prodotti. Presso i principali distributori di materiale per
collezionisti è possibile trovare cofanetti, album, contenitori vari
per alloggiare ed organizzare le capsule raccolte, il che consente
anche di approfondire e meglio conoscere la realtà produttiva dei
vini spumanti, veri gioielli dell'enologia mondiale".
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Gianni Legnani
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