26.01.2007 | Cultura e Tradizioni

Un grande della viticoltura italiana: Mario Schiopetto

Oggi parlare del Collio e dei suoi magnifici vini bianchi è fin troppo facile: è quasi impossibile trovare vini non all'altezza del blasone della zona, ma nel 1965 le cose erano completamente diverse. Per lo piu' si vendeva vino sfuso e di mediocre qualità. Uno degli artefici della rinascita e valorizzazione della zona del Collio e tra i primi, in quegli anni difficili per tutti è stato proprio Mario Schiopetto di Capriva di Gorizia.

UN PO' DI STORIA

Gli Schiopetto gestivano una osteria ad Udine negli anni '20 ed il padre di Mario si recava a comprare vino nelle vicine campagne, a Medana, San Martino di Quisca e più tardi anche al castello di Spessa. Sceglieva il meglio che riusciva a trovare, perché fin da allora l'ambizione di questi osti era quella di dare da bere vino di qualità ai propri clienti, e non solo quantità.

Negli anni '30 quando il figlio Mario accompagnava il padre in giro per cantine a fare acquisti, era festa grande, ed è stato così che Mario si è avvicinato a questo mondo, che sarebbe stato col passare degli anni una ragione di vita, nel ricercare sempre la migliore qualità possibile, anticipando i tempi di almeno 30 anni. Con il passare degli anni cresceva in Mario la voglia di rendersi indipendente dalla famiglia di origine ed è stato così che intraprese l'attività di autotrasportatore, con lunghi viaggi in Italia ed anche all'estero, soprattutto in Germania.

E' stato così che Mario ha incominciato ad "assaggiare" vini di altre zone e di altre realtà, procurandosi campionature da riportare a casa, ed insieme al padre cercare di capire il perché, e dove fossero racchiusi "i segreti" di quei vini così piacevoli e di alta qualità. E nelle varie cantine imparava, prendeva appunti sui vitigni, sui metodi di coltivazione della vite ed i vari processi di vinificazione.

Al ritorno all' Osteria "Ai Pompieri" procedeva insieme al padre alle degustazioni, comparando, confrontando, cercando di capire ed apprendere quei vini della Francia, della Svizzera, del Reno e della Mosella. Raccontava Mario ad un intervistatore degli anni '90: "Dio solo sa quanto mi sono arricchito in sapienza ed in saggezza da quei lunghi colloqui con mio padre. E' stata quella l'unica e meravigliosa scuola alla quale mi sono formato".

Nasce così il progetto di creare una piccola cantina per produrre un vino che si chiamasse "Schiopetto", ma proprio allora viene a mancare il padre Giorgio, e così Mario si trova solo tra mille difficoltà: economiche, morali, tecniche e strutturali. Ma a volte la fortuna sorride agli audaci ed è così che il vescovo di Gorizia affitta 16 ha di terreno a Capriva, in una delle zone più vocate alla produzione di vini bianchi, ancora oggi.

E' il 1965 quando Mario produce le sue prime bottiglie di Tocai, Pinot bianco e grigio, Sauvignon, Malvasia, Merlot, Cabernet, Ribolla e Riesling renano, ma è al Tocai che Mario dedica le sue migliori energie, valorizzando un pò tutte queste tipologie, che fino a quegli anni erano confinate nel ristretto ambito della zona d'origine. Si presenta sui mercati enologici nazionali ed è subito successo, talmente erano diversi ed insoliti i vini Schiopetto, che i critici dell'epoca affermavano: qui c'è dell'altro !

Ma che altro ci sarà mai, ripeteva Mario, se non Schiopetto con la sua esperienza e versatilità, il rispetto assoluto per la naturalezza del prodotto, il suo provare e riprovare per raggiungere il Top.

Le prime innovazioni per l'epoca, apprese soprattutto in Germania, furono il controllo della temperatura in fermentazione, la vinificazione in assenza di solforosa, e la cuvee dei lieviti indigeni del proprio vigneto, oggi tecnica ampiamente diffusa, ma allora agi primi albori in Italia, in Austria ed in Svizzera, adottata da pochissimi produttori.

Regolò anche i tempi della vendemmia, anticipandola leggermente per ridurre il contenuto alcolico allora troppo spinto, a svantaggio dell'acidità. In vigna va alla ricerca dei migliori appezzamenti ed esposizione in relazione ad ogni tipo di vitigno, che lui chiamava "individuo", così per il "suo Tocai" per il quale nutriva un particolare amore e feeling, ha individuato una zona collinare ben ventilata, su terreno di origine eocenica; per il sauvignon un terreno argilloso e fresco, in una posizione al riparo dai venti; la ribolla invece su terreni marnosi, leggermente calcarei ecc.

Quindi un precursore di quella che oggi chiamiamo "zonazione" e compatibilità vitigno/ terroir per arrivare ad ottenere le uve migliori da ogni parcella. Una filosofia produttiva che vedeva il viticoltore in simbiosi con le proprie piante, che non deve essere "avido" nel volere produrre molto, perché l'avido non avrà mai sensibilità e quindi raporto proficuo con la pianta, ma penserà solo al guadagno.

Per questo, affermava sempre Mario, non è facile chiamare un produttore anche contadino. Non è stato facile nemmeno vendere le prime bottiglie e farsi conoscere al di fuori dei propri confini aziendali, ed allora Mario incominciò attingendo dagli elenchi telefonici delle grandi città (allora non c'erano Internet e le Pagine Gialle o bianche), inviando centinaia di biglietti di presentazione sulla propria attività e su suoi vini , a professionisti ed imprenditori, allegando una cartolina di ritorno per chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza dei prodotti.

Un 5% rispondeva e così Mario passava direttamente di città in città , per fare assaggiare i prodotti a coloro che avevano mostrato interesse, incominciando a vendere le prime bottiglie a 1.750 lire dell'epoca.

UN ESEMPIO DA IMITARE

Il successo non tardò ad arrivare e così l'azienda nel 1989 acquistò il podere preso in affitto dalla Curia vescovile, ed aggiunse ulteriori 12 ha di vigneto in zone limitrofe. I produttori del Collio che vendevano il vino in damigiana, iniziarono ad "imitare" giustamente Mario Schiopetto, aggiornandosi in vigna ed in cantina.

Ricordo le prime bottiglie degustate di Mario negli anni '85, il cui nome avevo trovato nell'unica guida enologica dell'epoca, che era quella del maestro Luigi Veronelli, e pur essendo un pò care paragonate ad altre, ne meritavano l'acquisto in quanto qui si potevano cogliere profumi più intensi, fini e gradevoli, una beva di più alta qualità e persistenza, un vino moderno già 20 anni fa ed oltre, mentre tantissimi produttori del Collio dell'epoca sfornavano vini, dove l'unico elemento che spiccava era l'alcool ed il calore da questo sprigionato, vini che dopo un anno o poco più erano maderizzati e da buttare nel lavandino, in quanto imbevibili, mentre quelli di Mario li potevi già allora conservare in cantina per molti anni, risultando addirittura migliori.

Questo è stato uno dei padri della nuova enologia friulana,a cui noi tutti amanti del vino, dobbiamo molto e con grande rispetto ed ammirazione, certamente non il solo, ma certamente tra i più grandi: un nome da non dimenticare mai !
Grazie a Mario Schiopetto, con il sincero augurio che i suoi figli Mariangela, Giorgio e Carlo, ne possano seguire fedelmente le orme, lasciate in tanti anni di passione e dedizione alla viticoltura friulana ed italiana tutta.

Roberto Gatti
sommelier degustatore
Codigoro (Ferrara)
Email: gatti-roberto@libero.it
Winetaste.it - contact@winetaste.it
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