Gli
Schiopetto gestivano una osteria ad
Udine negli anni '20 ed il padre
di Mario si recava a comprare
vino nelle vicine campagne, a Medana, San Martino di Quisca e più
tardi anche al castello di Spessa. Sceglieva il meglio che riusciva
a trovare, perché fin da allora l'ambizione di questi osti era
quella di dare da bere vino di qualità ai propri clienti, e non solo
quantità.
Negli anni '30 quando il figlio
Mario accompagnava il padre in giro per cantine a fare acquisti, era
festa grande, ed è stato così che Mario si è avvicinato a questo
mondo, che sarebbe stato col passare degli anni una ragione di vita,
nel ricercare sempre la migliore qualità possibile, anticipando i
tempi di almeno 30 anni. Con il passare degli anni cresceva in Mario
la voglia di rendersi indipendente dalla famiglia di origine ed è
stato così che intraprese l'attività di autotrasportatore, con
lunghi viaggi in Italia ed anche all'estero, soprattutto in
Germania.
E' stato così che Mario ha incominciato ad "assaggiare"
vini di altre zone e di altre realtà, procurandosi campionature da
riportare a casa, ed insieme al padre cercare di capire il perché, e
dove fossero racchiusi "i segreti"
di quei vini così piacevoli e di alta qualità. E nelle varie cantine
imparava, prendeva appunti sui vitigni, sui metodi di coltivazione
della vite ed i vari processi di vinificazione.
Al ritorno all' Osteria "Ai Pompieri"
procedeva insieme al padre alle degustazioni, comparando,
confrontando, cercando di capire ed apprendere quei vini della
Francia, della Svizzera, del Reno e della Mosella. Raccontava Mario
ad un intervistatore degli anni '90:
"Dio solo sa quanto mi sono arricchito in sapienza ed in saggezza da
quei lunghi colloqui con mio padre. E' stata quella l'unica e
meravigliosa scuola alla quale mi sono formato".
Nasce così il progetto di creare una piccola cantina per produrre un
vino che si chiamasse "Schiopetto", ma proprio allora viene a
mancare il padre Giorgio, e così Mario si trova solo tra mille
difficoltà: economiche, morali, tecniche e strutturali. Ma a volte
la fortuna sorride agli audaci ed è così che il vescovo di Gorizia
affitta 16 ha di terreno a Capriva, in una delle zone più vocate
alla produzione di vini bianchi, ancora oggi.
E'
il 1965 quando Mario produce le
sue prime bottiglie di Tocai,
Pinot bianco e grigio,
Sauvignon,
Malvasia,
Merlot, Cabernet,
Ribolla
e Riesling renano, ma è al Tocai
che Mario dedica le sue migliori energie, valorizzando un pò tutte
queste tipologie, che fino a quegli anni erano confinate nel
ristretto ambito della zona d'origine. Si presenta sui mercati
enologici nazionali ed è subito successo, talmente erano diversi ed
insoliti i vini Schiopetto, che i critici dell'epoca affermavano:
qui c'è dell'altro !
Ma che altro ci sarà mai, ripeteva Mario, se non Schiopetto con la
sua esperienza e versatilità, il rispetto assoluto per la
naturalezza del prodotto, il suo provare e riprovare per raggiungere
il Top.
Le prime innovazioni per l'epoca, apprese soprattutto in Germania,
furono il controllo della temperatura in fermentazione, la
vinificazione in assenza di solforosa, e la cuvee dei lieviti
indigeni del proprio vigneto, oggi tecnica ampiamente diffusa, ma
allora agi primi albori in Italia, in Austria ed in Svizzera,
adottata da pochissimi produttori.
Regolò anche i tempi della vendemmia, anticipandola leggermente per
ridurre il contenuto alcolico allora troppo spinto, a svantaggio
dell'acidità. In vigna va alla ricerca dei migliori appezzamenti ed
esposizione in relazione ad ogni tipo di vitigno, che lui chiamava "individuo",
così per il "suo Tocai" per il quale nutriva un particolare amore e
feeling, ha individuato una zona collinare ben ventilata, su terreno
di origine eocenica; per il sauvignon un terreno argilloso e fresco,
in una posizione al riparo dai venti; la ribolla invece su terreni
marnosi, leggermente calcarei ecc.
Quindi un precursore di quella che oggi chiamiamo "zonazione"
e compatibilità vitigno/ terroir per arrivare ad ottenere le uve
migliori da ogni parcella. Una filosofia produttiva che vedeva il
viticoltore in simbiosi con le proprie piante, che non deve essere "avido"
nel volere produrre molto, perché l'avido non avrà mai sensibilità e
quindi raporto proficuo con la pianta, ma penserà solo al guadagno.
Per questo, affermava sempre Mario, non è facile chiamare un
produttore anche contadino. Non è stato facile nemmeno vendere le
prime bottiglie e farsi conoscere al di fuori dei propri confini
aziendali, ed allora Mario incominciò attingendo dagli elenchi
telefonici delle grandi città (allora non c'erano Internet e le
Pagine Gialle o bianche), inviando centinaia di biglietti di
presentazione sulla propria attività e su suoi vini , a
professionisti ed imprenditori, allegando una cartolina di ritorno
per chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza dei
prodotti.
Un 5% rispondeva e così Mario
passava direttamente di città in città , per fare assaggiare i
prodotti a coloro che avevano mostrato interesse, incominciando a
vendere le prime bottiglie a 1.750 lire
dell'epoca.
Il successo non
tardò ad arrivare e così l'azienda nel 1989
acquistò il podere preso in affitto dalla Curia vescovile, ed
aggiunse ulteriori 12 ha di
vigneto in zone limitrofe. I produttori del
Collio che vendevano il vino in
damigiana, iniziarono ad "imitare" giustamente Mario Schiopetto,
aggiornandosi in vigna ed in cantina.
Ricordo
le prime bottiglie degustate di Mario negli anni '85, il cui nome
avevo trovato nell'unica guida enologica dell'epoca, che era quella
del maestro Luigi Veronelli, e
pur essendo un pò care paragonate ad altre, ne meritavano l'acquisto
in quanto qui si potevano cogliere profumi più intensi, fini e
gradevoli, una beva di più alta qualità e persistenza, un vino
moderno già 20 anni fa ed oltre, mentre tantissimi produttori del
Collio dell'epoca sfornavano vini, dove l'unico elemento che
spiccava era l'alcool ed il calore da questo sprigionato, vini che
dopo un anno o poco più erano maderizzati e da buttare nel
lavandino, in quanto imbevibili, mentre quelli di Mario li potevi
già allora conservare in cantina per molti anni, risultando
addirittura migliori.
Questo è stato uno dei padri della nuova enologia friulana,a cui noi
tutti amanti del vino, dobbiamo molto e con grande rispetto ed
ammirazione, certamente non il solo, ma certamente tra i più grandi:
un nome da non dimenticare mai !
Grazie a Mario Schiopetto, con il sincero
augurio che i suoi figli
Mariangela, Giorgio e
Carlo, ne possano seguire
fedelmente le orme, lasciate in tanti anni di passione e dedizione
alla viticoltura friulana ed italiana tutta.
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