In libreria "Gli artigiani del gusto" di Jolanda de Colò, un viaggio nel ghiotto mondo dell'oca e dintorni...
Amici golosi e gaudiosi, andate subito in libreria e acquistate un libro fresco di stampa: Jolanda de Colò. Gli artigiani del gusto. Un viaggio nel ghiotto mondo dell'oca e dintorni con quaranta grandi interpreti della gastronomia. Andate a comperarlo perché è uno dei più bei libri in assoluto di cucina e di cultura alimentare usciti negli ultimi anni. Andate a comperarlo perché in esso si racconta una storia friulana che ha saputo ridare dignità, o meglio, la giusta nobiltà a questo stupendo animale da cortile.
Ma questo libro racchiude tante, tantissime suggestioni ancora. È un libro monografico voluto, prodotto ed editato da un'azienda: la Jolanda de Colò appunto. Che bel salto di qualità, amici miei: un'azienda che pensa a far cultura, oltre che a produrre molto bene, che desidera diffondere la qualità e farla capire è certamente da portare a esempio. Racchiude anche quaranta ricette sull'oca e dintorni, come recita il titolo, il che significa che sono stati interpellati quaranta grandi chefs – friulani, italiani e stranieri come Maxim di Lubiana – a cantare, con i loro piatti, sia l'oca sia l'anatra, accanto alle quali trovate l'interpretazione di carni speciali, come scrivono gli autori, e di delizie marine e d'acqua dolce. Insomma: una enorme cornucopia di piacevoli e stimolanti idee per divertirsi in cucina e far gioire il nostro palato e la nostra anima golosa.
Gli autori: la famiglia di Antonello Pessot, “artigiano del gusto” come lui stesso si definisce ( un altro grande della nostra regione, Ottavio Missoni, afferma di non essere un industriale bensì un artigiano della moda), con accanto sua moglie Alana Jolanda de Colò e il figlio Bruno. Il libro nasce da un'idea di Antonello Pessot e Bepi Pucciarelli, giornalista friulano, quest'ultimo, che fa parte del team che ha reso possibile quest'opera di rara eleganza, sobrietà e ricchezza di contenuti. Pucciarelli è uomo di poche parole ma ricco di contenuti; conosce in profondità il nostro Friuli e soprattutto ama i prodotti veri della nostra terra: i suoi testi non potevano che riflettere questa sua sensibilità; testi che ci fanno entrare quasi in punta di piedi in un mondo che pensavamo fosse scomparso, che potesse essere solo ricordato o letto sui vecchi libri di cucina.
Invece il libro ci narra una storia attuale, la storia di Antonello e della sua famiglia, una storia di lavoro dedicata a recuperare le magie di una carne che da sempre era presente nella nostra alimentazione: quella dell'oca che l'ignoranza e la stupidità dell'uomo moderno – sì ogni tanto sciocchi e stupidi lo siamo – aveva deciso di dimenticare come se l'oca rappresentasse il ricordo della fame e della povertà. Io ricordo molto bene che la famiglia di agricoltori che abitava accanto a noi a Percoto allevava le oche e col mio coetaneo andavamo a “pascolarle” – si diceva proprio così – nei loro campi verso il cimitero di Percoto. Le oche ti seguivano, avevano un nome, ubbidivano ai comandi ed erano dirette dal mio amico con una bacchettina di gelso. E ricordo anche la nonna del mio amico che, vestita sempre di nero, fazzoletto in testa compreso, le ingozzava per ottenere il fegato desiderato: che delizia. Poi siamo diventati – molti, non tutti per fortuna – schizzinosi. Abbiamo scelto cibi stupidi, scialbi e anonimi convinti fosse più signorile, più distintivo abbandonare quei cibi antichi.
Ma basta divagazioni, ora debbo raccontarvi di Antonello – e non me ne vogliano Alana e Bruno se li trascuro, ma il lettore potrà apprezzarli leggendo e scorrendo le pagine del libro – voglio dirvi di Antonello Pessot in quanto è persona davvero speciale. Volete una sintesi di quest'uomo? Un genio, assolutamente un genio della creatività alimentare. Lui ha una tale capacità innovativa, è sorretto da un tale entusiasmo, ha dentro una sensibilità talmente elevata da riuscire dove nessuno in Italia era prima arrivato. Vi basti questo: ha fatto del Friuli il punto di riferimento dei prodotti dell'oca in Italia e in Europa. La Francia? Fate il confronto: impallidisce al cospetto. Fino a qualche lustro fa si parlava di Mortara, lo ricordate? Ora il riferimento è il Friuli. Antonello ha – si può dire ? – reinventato l'oca. La sua creatività e ela sua arte culinaria sono riuscite a fondere alla perfezione il passato al presente guardando al futuro. Ho creato dei nuovi sapori partendo dall'antico. Ha riscoperto il salame d'oca della tradizione ebraica, ispirato da Luciano Curiel, macellaio di Venezia che era l'ultimo depositario di una scienza antica, quella della macellazione rituale delle oche secondo la tradizione ebraica e della composizione del salame d'oca; ha quindi inventato la porcaloca, un piccolo prosciutto ottenuto disossando – ascoltate, ascoltate con attenzione – un'oca intera. La carne così ottenuta, stesa come un grosso foglio, serve a contenere carne magra d'oca e di suino. Il foglio, chiamato anche paletot, una volta riempito, viene cucito rigorosamente a mano e poi cotto al forno per oltre 10 ore e leggermente affumicato.
Ma la sua inarrivabile opera d'arte, il suo capolavoro resta – per me – il foie gras al Picolit. Posso confessare di aver vissuto assieme ad Antonello la messa a punto di questa creazione: una volta provò a macerare tre fegati in tre vini dolci diversi: Verduzzo dolce, Ramandolo e Picolit di alta caratura. L'assaggio dette conferma dell'inscindibile unione tra qualità del vino e fegato: in testa, largamente in testa, giunse il fegato al Picolit. Vorrei, a questo punto, fare un proposta: chiedere la nomination per il Nobel alla gastronomia. Se lo meriterebbe e farebbe, inoltre, felici tutti gli altri Nobel in quanto, quella sera, mangerebbero davvero da... Nobel, grazie alle invenzioni che Antonello proporrebbe loro. Come viene fatto il foie gras al Picolit? È di una semplicità disarmante: mette in fusione il fegato grasso fresco dell'oca nel Picolit per una settimana, con sale pepe e qualche erba. Ne esce un fegato che assorbe l'anima del Picolit che poi si fonde con quella del foie gras: il sapore ricorda il cioccolato bianco. Servitelo con marmellata o gelatina di vino, con pane caldo dolce: e Picolit. Come noi usiamo dire: un classico matrimonio d'amore. Ma amore di quello intenso, conturbante, appassionato, esaltante; di quelli che ti permette di toccare il cielo e di farti sentire al centro del mondo intero. Possibile? Possibilissimo: provar per credere: certo, il fegato d'oca al Picolit e, se siete fortunati, anche l'amore: stanno bene assieme.