Nuova passione per migliaia di lombardi. Ristoranti ed enoteche insegnano ad abbinare vino e cibo. Quest’anno sono quasi quattromila gli iscritti alle associazioni per specializzarsi in enogastronomia.
MILANO - Vino e cibo: è la nuova formula dei corsi di degustazione. Non solo calici, quindi, ma anche piatti per assaporare il nettare di Bacco nelle combinazioni più adeguate. È l’invitante offerta di numerose enoteche e ristoranti che organizzano assaggi: da quest’anno gli aspiranti sommelier possono contare sempre di più sulla scelta e preparazione di pietanze che esaltano le caratteristiche dei vini. Con un duplice approccio: ricette locali per degustare prodotti di media qualità, cucina italiana o portate internazionali per centellinare le grandi etichette. Senza distinzioni per la gioia del palato. Sarà la moda, sarà la voglia di novità, ma il successo è assicurato. In Lombardia sono migliaia gli appassionati della buona bottiglia. E in crescente aumento. Si erudiscono ai corsi, si esercitano nei wine-bar, si esibiscono a tavola, districandosi bene nella carta dei vini. Quanti sono? Per l’Associazione italiana sommelier, che forma professionisti degli assaggi, si calcolano circa 10 mila allievi all’anno in Italia. Entro il 2002 in Lombardia sono previsti corsi per 2.800 «esordienti», ai quali si aggiungono i 3.300 associati che hanno già terminato la scuola. Altri aspiranti intenditori, invece, seguiranno le lezioni avviate dall’Onav (Organizzazione nazionale assaggiatori di vini): quest’anno ci saranno circa 800 studenti in più, la maggior parte dei quali iscritti al corso ufficiale che dura tre mesi. I costi? Una media di 26 euro a lezione che comprendono anche gli strumenti della degustazione: dai due ai quattro calici, tanti quanti i vini da assaporare.
Queste le cifre ufficiali. Ma il popolo degli amanti del bicchiere va oltre. È impossibile, però, contare gli «studenti» che affollano le sale di enoteche e ristoranti specializzati. Sono medici, commercialisti, manager, industriali, ma anche casalinghe, ragazzi, coppie di fidanzati e semplici curiosi. Si ritrovano in media una sera alla settimana. Tutti con un interesse: imparare a conoscere il vino, al di là del gusto. Un paio d’ore di lezione per ascoltare nozioni di storia, geografia, etichette, grandi famiglie, piccoli produttori. Ingredienti dosati per un primo contatto con l’enologia, ma per chi non ne sa niente, rappresentano già tanto. Il momento più atteso è quello della degustazione. Dalla teoria si passa alla pratica. Calici alla mano, parte la mescita. E comincia il viaggio dei sensi. I bicchieri si scuotono e salgono in alto. Tutti a guardare controluce gli archetti che si formano sulle pareti, per misurare la gradazione alcolica. Prima la vista, poi l’olfatto. Il vino si annusa, si scuote, e si riannusa. È il sommelier a descriverne le fragranze: profumi che, secondo la tipologia, parlano di terra, petrolio, legno, frutta, solventi. Dopo l’olfatto, il palato. E arrivano le sorprese. Odori e sapori non sempre coincidono. Ma agli appassionati va bene tutto. Pendono dalle boccate del sommelier che annusa, sorseggia, predica.
Da quest’anno le cose si complicano. Al calice, si avvicinano i piatti, tipici e non. Gli abbinamenti si stanno diffondendo sempre di più: danno soddisfazione, ma richiedono un impegno maggiore. Sia per il palato dei consumatori, sia per le strutture dei ristoratori.
Ma qualcuno lo fa anche per passione. La stessa che unisce la Valtellina alla Brianza. Con una differenza: nella terra dello Sforzato si punta soprattutto su piatti tradizionali, in Brianza, invece, si parte dalla «cassoela» per arrivare alla cucina francese.
Grazia Maria Mottola