04.03.2005 | Cultura e Tradizioni

Dal Presepe all’albero americano

Da sempre il salame napoletano è uno dei protagonisti della cucina tipica campana sebbene la sua popolarità sia offuscata da piatti ben più celebri. Eppure la sua presenza varca i confini della semplice gastronomia per identificarsi nella cultura classica partenopea. E’ un elemento così popolare da essere inserito finanche nei presepi settecenteschi come segno distintivo della centenaria tradizione napoletana.

Non a caso gli artigiani di San Gregorio sono più specializzati nella lavorazione dei salumi che non in quella del bambinello, vero salame della natività sotto il Vesuvio. E a proposito di celebri nascite quella dell’insaccato è un parto non indifferente. Il suo “seme” è la spalla del maiale, la parte più nobile del suino. Ma prima di essere svezzato dai peccatori di gola il salame deve seguire delle regole ben precise. Come un matador prima della corrida, anche lui è soggetto a una particolare vestizione da seguire attentamente.

Deve sottoporsi prima alla tritatura e alla macerazione nel vino doc e docg campano per poi essere salato e “punzecchiato” da grane di pepe “a punta e' curtiell”, perchè realizzate per taglio esclusivamente con lama di coltello. Dopo di che viene affumicato tra i pregiati legni di quercia, faggio, castagno e ontano e infine lasciato stagionare per più di 40 giorni. E dopo essere stato appeso come cimelio nella sua forma cilindrica irregolare, è pronto per essere tagliato a fette ben spesse dagli insaziabili mangiatori e dai rigidi nutrizionisti dal momento che l’indice di grasso del 20% lo rende il meno calorico tra i salami. Ogni morso viene fatto con denti da lupo che staccano voracemente la consistente carne suina.

E a ogni colpo la bocca diventa una fornace di piaceri contrastanti grazie alle chicche di grasso che ammorbidiscono il salato che gratta sul palato, mentre la lingua, provocata da una frenetica libidine di sapori, viene prima dolcemente assuefatta dagli aromi affumicati conferiti dagli odori lignei della preparazione, e poi solleticata a tradimento dalla spezia nera nascosta nel rosso della carne.

Nella Gazzetta Ufficiale del 13 luglio 2004 il salame Napoli è stato addirittura ammesso tra i prodotti dop e ora si attende solo la “stagionatura” negli uffici di Bruxelles. Il riconoscimento spingerebbe ad acquistare il prodotto anche negli Stati Uniti, finora scettici sulle procedure di controllo igienico sanitarie.

L'origine protetta implicherà l'esclusività della produzione del prodotto per la Campania, capofila del salame napoletano, il più venduto in Italia dopo il milanese, che con circa cento aziende della filiera può assorbire l'intera produzione del settore che si quantifica in un milione di chili, per un fatturato di 100 milioni di euro, di cui un 10% si deve all'export. Numeri che indurranno le aziende specializzate ad investire in Campania. L’insigne salume ha smesso di fare la figura del salame ed è finalmente pronto all’investitura europea.

Fonte: CAMPANIASUWEB.IT

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