Non a caso gli
artigiani di San Gregorio sono più specializzati nella lavorazione
dei salumi che non in quella del bambinello, vero salame della
natività sotto il Vesuvio. E a proposito di celebri nascite quella
dell’insaccato è un parto non indifferente. Il suo “seme” è la
spalla del maiale, la parte più nobile del suino. Ma prima di essere
svezzato dai peccatori di gola il salame deve seguire delle regole
ben precise. Come un matador prima della corrida, anche lui è
soggetto a una particolare vestizione da seguire attentamente.
Deve sottoporsi prima alla tritatura e alla macerazione nel vino doc
e docg campano per poi essere salato e “punzecchiato” da grane di
pepe “a punta e' curtiell”, perchè realizzate per taglio
esclusivamente con lama di coltello. Dopo di che viene affumicato
tra i pregiati legni di quercia, faggio, castagno e ontano e infine
lasciato stagionare per più di 40 giorni. E dopo essere stato appeso
come cimelio nella sua forma cilindrica irregolare, è pronto per
essere tagliato a fette ben spesse dagli insaziabili mangiatori e
dai rigidi nutrizionisti dal momento che l’indice di grasso del 20%
lo rende il meno calorico tra i salami. Ogni morso viene fatto con
denti da lupo che staccano voracemente la consistente carne suina.
E a ogni colpo la bocca diventa una fornace di piaceri contrastanti
grazie alle chicche di grasso che ammorbidiscono il salato che
gratta sul palato, mentre la lingua, provocata da una frenetica
libidine di sapori, viene prima dolcemente assuefatta dagli aromi
affumicati conferiti dagli odori lignei della preparazione, e poi
solleticata a tradimento dalla spezia nera nascosta nel rosso della
carne.
Nella Gazzetta Ufficiale del 13 luglio 2004 il salame Napoli è stato
addirittura ammesso tra i prodotti dop e ora si attende solo la
“stagionatura” negli uffici di Bruxelles. Il riconoscimento
spingerebbe ad acquistare il prodotto anche negli Stati Uniti,
finora scettici sulle procedure di controllo igienico sanitarie.
L'origine protetta implicherà l'esclusività della produzione del
prodotto per la Campania, capofila del salame napoletano, il più
venduto in Italia dopo il milanese, che con circa cento aziende
della filiera può assorbire l'intera produzione del settore che si
quantifica in un milione di chili, per un fatturato di 100 milioni
di euro, di cui un 10% si deve all'export. Numeri che indurranno le
aziende specializzate ad investire in Campania. L’insigne salume ha
smesso di fare la figura del salame ed è finalmente pronto
all’investitura europea.
Fonte:
CAMPANIASUWEB.IT |