Sta assillando
autorità e dottori, nel tentativo di persuadere la
Fondazione Cardiaca Australiana
a dare al vino l’etichetta di “salva-cuore”,
proprio come già hanno il pesce alla griglia e l’olio d’oliva. “I
benefici del vino sono oramai ben noti - dice
Norrie - e conosciuti in Australia da secoli”. Questo
paese ha infatti una lunga tradizione di medici-viticoltori, tra cui
Christopher Rawson Penfold
(1811-1870), laureatosi all’Ospedale di San Bartolomeo, a Londra.
Egli credeva negli usi medicinali del vino rosso, in particolare
contro l’anemia. Norrie dice di essere più o meno il 150° successore
in questa dinastia ideale.
Come egli dice bene, il dibattito australiano su vino e salute
iniziò nel 1814, quando cinquantuno uomini, tra cui il capitano,
morirono di tifo sul mercantile Surrey. L’armatore aveva risparmiato
sulle razioni dei forzati presenti nella ciurma, ed essi erano stati
per sei mesi senza sapone e altri beni di prima necessità. Da
allora, tutti i mercantili australiani ebbero a bordo un dottore e
non mancarono mai scorte di succo di limone, zucchero e vino. Si
disse che quest’ultimo manteneva il vigore dell’organismo,
combattendo la debilitazione dovuta alle intemperie e scacciando la
malinconia.
In Italia non siamo da meno. Anzi si dibatteva sulle proprietà
benefiche dei vini, in ambiente medico, già nel XVII secolo. In
particolare il celebre naturalista
Francesco Redi (Arezzo 1626, Pisa 1697), che fu anche
archiatra, ovvero medico capo, alla corte dei Medici, è noto ai più
per il gustoso poemetto intitolato Bacco in Toscana.
Dottor Ranieri Fochi
Enologo e pubblicista |