I produttori toscani si ribellano a Bruxelles: «Basta con le penalizzazioni»
Dovrebbe entrare in vigore dal 1º gennaio 2003. Satta: «Non si sa leggere il valore dei nostri prodotti»
LIVORNO. Non è colpendo i vitivinicoltori che si frena l'abuso del consumo di alcol, si evitano frodi fiscali nel commercio fra un Paese e l'altro e si risolvono i problemi delle altissime tassazioni nei Paesi non produttori. Per questi e per mille altri motivi - in primis culturali e storici - i produttori toscani dicono «no» alla proposta di accisa sul vino. Una tassa da 0,14, circa 271 lire a litro (ovvero 13,92 per ettolitro dal 1º gennaio 2003 che dal 2007 salirebbe a 15,01), che infrangerebbe l'accordo di aliquota zero redatto a Bruxelles nel 1992.
Questa aliquota zero riguarda i Paesi produttori quali Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Germania, mentre in Francia si applica la tassa di 3,4 per ettolitro.
A Bruxelles ci stanno ora provando a introdurre un'accisa per tutti. Una tassa la cui ipotesi è contenuta in un documento tecnico della Commissione europea definito per ora «ad uso interno». Prima di arrivare alla fine del percorso devono pronunciarsi varie commissioni, vale a dire agricoltura, concorrenza e industria, anche se - sempre da Bruxelles - arrivano indiscrezioni secondo cui l'orientamento è quello di introdurre il balzello dall'inizio del prossimo anno.
La Ue ci prova e l'Italia risponde. No deciso da parte del ministro delle politiche agricole Giovanni Alemanno, che ha espresso il suo parere già l'altro giorno, quando da Bruxelles è arrivata la notizia flash. Ieri è tornato sull'argomento anche il sottosegretario alle politiche agricole Teresio Delfino, secondo il quale l'accisa «bloccherebbe il processo di qualificazione e potenziamento della vitivinicoltura italiana».
E sempre ieri un'altra pioggia di no. Dopo quelli di Coldiretti, Confagricoltori, Confagri, Adiconsum, Unione italiana vini, è arrivato anche quello dell'Associazione nazionale Città del Vino che raggruppa 438 comuni produttori. «Le disgrazie non vengono mai sole - ha detto il presidente dell'associazione, Paolo Saturnini - dopo il via alle viti transgeniche (pochi giorni fa, ndr) ora arriva anche la tassa sul vino».
Ma nonostante i no, l'Ue è decisa: difende la tassa, intesa per colpire - dicono a Bruxelles - le frodi sulle bevande alcoliche che sottraggono ogni anno 1,5 miliardi di euro di introiti ai bilanci di Paesi del Nord Europa dove le tasse su vino, birra e alcolici sono le più elevate.
E siccome di fronte a certe proposte scattano anche «cattivi pensieri», in molti - allarmati per questa iniziativa, visto che il vino è uno dei punti di orgoglio del nostro sistema agroalimentare - non hanno esitato a dire che questa «mina vagante» è stata proposta «grazie alle potenti lobby europee dei produttori di birra», che si ritrovano appunto in Nord Europa.
Euro 0,14 a litro sono una somma modesta, ma secondo un calcolo veloce comporterebbe - come hanno spiegato alla Coldiretti - «un aggravio nella spesa delle famiglie di circa 500 milio di euro all'anno, con una prevedibile contrazione dei consumi».
Saremo allora costretti a subire il Sassicaia, il Brunello, l'Ornellaia, il Chianti con la tassa?
«La questione va vista su due piani», indica Michele Satta, presidente della Coldiretti di Livorno e uno dei maggiori produttori della zona di Castagneto Carducci. Innanzitutto il profilo storico-culturale: il vino deve essere inteso come un alimento-cultura, perchè è un simbolo, perchè da quattromila anni accompagna la nostra civiltà. Un bicchiere di vino, da noi, rappresenta un momento di piacere, di gioia, un istante culturalmente importante, non è peccato, non è trasgressione come invece può essere inteso in Paesi a rigida cultura protestante. «E' grave e brutto - afferma Satta - che la politica dell'Unione europea non sappia leggere il valore del vino». Valore storico-culturale - ripetiamo - ma anche grande valore economico. «Penalizzare questo settore è pretestuoso - ha proseguito Satta - Non si colpisce l'abuso di alcol, specialmente nelle giovani generazioni, mettendo una tassa: bisogna sconfiggere l'alcolismo intervenendo altrove». E secondo il produttore «la Ue deve anche dire come usa i soldi, a chi dà i contributi, e chiedere perdono, vista la politica agricola fallimentare che viene portata avanti».
Dalla Toscana - Costa degli Etruschi (famose le sue Strade del Vino), Chianti, Montalcino, Montepulciano... - terre che producono vini che rappresentano «un faro di luce» nel mondo intero, enologicamente parlando. Vini simbolo dai profumi intensi, dai colori brillanti che incantano la vista prima di far raggiungere al palato sublimi traguardi del gusto.
«Credo che l'imposta danneggi di più chi fa i vini a buon mercato (e quindi in elevati quantitativi, per l'uso da tavola quotidiano, ndr) che i produttori che producono vini di livello alto - ha indicato Nicolò Incisa della Rocchetta, produttore del mitico Sassicaia nella Tenuta di San Guido di Bolgheri - Ogni tipo di tassazione ci vede comunque contrari».