Enantio Terradeiforti, la tipicità del vitigno autoctono
Enantio, la tipicità del vitigno autoctono della Terradeiforti contro la standardizzazione delle varietà internazionali. Davide contro Golia? Non esattamente.
Già nel 1967, Luigi Veronelli definiva l’enantio, tagliato con un po’ di cabernet e affinato in barrique per un anno,“un esperimento di eccezionale interesse, da seguire con grande attenzione”.
Trent’anni dopo, sull’onda del gusto internazionale che privilegia i rossi importanti, i viticoltori della Terradeiforti, che ha la sua punta di diamante nel pinot grigio, puntano ora alla valorizzazione di questa cultivar a bacca rossa per conquistare quelle nicchie di mercato, in cui il comportamento d’acquisto del consumatore è influenzato da tutto fuorchè dal prezzo. Un progetto di diversificazione presentato ai 57 viticoltori della Terradeiforti nel convegno “Enantio, nuove prospettive per il recupero di un vitigno autoctono”, organizzato nella Cantina Sociale di Rivalta dal Consorzio Tutela Vini Terradeiforti.
«I dati parlano chiaro», ha affermato Paolo Castelletti, presidente del consorzio, «i campioni ottenuti dalla microvinificazione dell’enantio, coltivato dal Consorzio in alcuni vigneti tra Avio e Canale, sono ricchi di polifenoli e antociani, oltrechè di estratti. Vini di struttura, che hanno tutti i numeri per invecchiare bene».
L’analisi condotta dagli esperti dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Italo Roncador e Umberto Malossini, conferma le potenzialità dell’enantio che è particolarmente ricco di resveratrolo, importante sostanza per la prevenzione delle cardiopatie, individuata di recente nei vini rossi e isolata, per la prima volta, nelle viti di enantio da Attilio Scienza dell’Università Cattolica di Milano e dai suoi collaboratori.
Una caratteristica che aumenta il valore aggiunto di un prodotto di qualità che «va adeguatamente utilizzata, soprattutto sul mercato americano, molto sensibile agli aspetti salutistici del consumo. E’ il momento giusto per cercare di sviluppare una politica di prodotto nuova, investendo le risorse garantite dal trend positivo del pinot grigio, che neanche l’attacco terroristico alle Torri Gemelle è riuscito a scalfire», ha spiegato Angelo Rossi, consulente del consorzio Terradeiforti, già direttore dell’Istituto Trentino dei Vini.
La ricerca dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, ha individuato, tra gli altri, un clone, di buon vigore e produttività, facilmente coltivabile, resistente alle malattie crittogamiche, il cui frutto è molto ricco di estratti. La maturazione tardiva delle uve, potrebbe consentire la diversificazione dei prodotti senza comportare problemi organizzativi alle cantine, anche se Alfonso Iannielli, direttore della cantina sociale “Viticoltori in Avio”, che da tempo produce l’Enantio, ricorda che se si va avanti sulla strada della riduzione delle rese, il ritardo sarà sempre di meno: «il carico di lavoro sarà maggiore, ma ne vale la pena, perchè il conseguente aumento di qualità del prodotto, è in grado di ripagarci abbondantemente dei sacrifici e dei costi sostenuti».
Sarà lo stesso consorzio a dare l’esempio mettendo a dimora vigneti di enantio a guyot, con una densità di 5-6 mila ceppi per ettaro. Nella Terradeiforti, infatti, prevale il sistema a pergola, più difficile da gestire nella produzioni ad alta densità di ceppi e basse rese destinata alla realizzazione di vino da invecchiamento. L’obiettivo è di arrivare ad ottenere un vino di qualità anche superiore a quello assaggiato da Luigi Veronelli nel 1967, come ha spiegato Leonello Letrari, viticoltore della parte trentina della Terradeiforti, che ha presentato all’assemblea il suo carteggio con il giovane, che sarebbe poi divenuto un’autorità mondiale del settore: «se, nel 1967, senza impegnarmi più di tanto, con i sistemi e le elevate rese di allora, sono riuscito ad ottenere un vino tale da attirare l’attenzione di Veronelli, immaginate cosa possiamo ottenere con le tecniche e le cure odierne». Allora Veronelli era disposto ad inserire l’enantio nel “Catalogo dei Vini nel Mondo”, ma Letrari, ringraziando, declinò l’invito perché quell’esperimento, così riuscito, non aveva un nome e non era detto che avesse un futuro. Ora, il nome c’è, la volontà di promuoverlo pure e il prodotto anche.