24.11.2005 | Cultura e Tradizioni

Lettera aperta di un’enovaga

Nel ricevere la lettera che con piacere pubblichiamo, ci viene da dire che l’impegno di questi cinque mesi da Enovago viene premiato poi da lettere come questa e non meno dai contributi che arrivano sempre più spesso e dalle tante richieste di informazioni sulle iniziative, sui luoghi del vino e in generale su questo mondo prezioso che regala a molti emozioni particolari. Parte quindi a tutti gli enovaghi lettori un ringraziamento vinoso per la collaborazione dimostrata che poi altro non è che dare vita a una rete di scambio di esperienze, informazioni e emozioni suscitate dai luoghi del vino. GRAZIE! E ora la lettera dell’enovaga Silvia...

Ciao Enovago,

Conosco bene quel "Nettare" di cui parli e sei innamorato, ma non sono un'intenditrice bensì una nostalgica! Del vino conosco il sapore del novello, che lascia l'aspro in bocca e l'odore nel naso, conosco l'amore e la fatica che serve per farlo, il rumore dell'acqua che bolle nei "colmatori" sopra i tini, l'odore di sugna e cera lacca per sigillare gli sportelli delle botti, ma soprattutto, come dici tu, conosco i "filari di nonno" e le punture d'ape!

Nei piccoli poderi, come quello in cui sono cresciuta, la vendemmia, la trebbia e la macellazione del maiale, vanno a far parte delle "feste massicce" come la festa del Santo, la fiera, e anche se i tempi che corrono non permettono più di lavorare con gli stesi metodi di un tempo,
l'immagine che ho della vendemmia è quella della strettoia a mano, delle botti di legno, delle cene tutti insieme, della colazione nella vigna a pane, prosciutto e vino alle otto di mattina, ma quella più cara, indelebile e più dolce di tutte, è l'immagine di mio nonno alle due di notte, seduto in tinaio tra il borbottio dell'acqua, attento e scrupoloso nell'ascoltare il respiro di quei giganti di sasso, quasi come se vegliasse il sonno di un bimbo (passava meno tempo nella stalla, quando stava per partorire una mucca.. il vino per nonno è sacro!)

Ma tutte queste cose, sono belle foto in bianco e nero, conservate dentro ad un album foderato di iuta e decorato con fiori di campo seccati. Ormai, molti di quei "confinanti" che venivano ad aiutarci nella vendemmia e a cui noi avremmo ricambiato il favore nelle loro vigne, li posso salutare solo mandando un bacio verso la collina, quella coi cipressi, che è lì da sempre, davanti al mio "podere poggetto".

Viste le leggi sempre più rigorose, nonno ha deciso di tagliare gran parte dei vigneti, di non vendere più il vino ma farne solo un po’ per il fabbisogno di famiglia. Quindi, addio feste che duravano una settimana, addio pranzi di venti persone riunite sull'aia. Tutto è molto più sbrigativo ora, i giovani non possono perdere giorni a lavoro e tutto deve essere fatto in un fine settimana.

E certe volte succede che i più piccoli di casa, quelli "arrivati tardi" per queste cose, facciano commenti da entusiasta, dovuti all'età, al fascino della scoperta e così ti senti dire: "Hai bisto tata, oggi tiamo popo tanti, c'è anche nonna Giula!" e tu che dopo un sospiro rispondi: "Certo amore mio, siamo tantissimi" e poi col pensiero aggiungi: "Peccato che manca IL MEGLIO!!!"

L’Enovaga Silvia

Alessandro Maurilli. Giornalista, toscanaccio purosangue cresciuto tra i filari del nonno dove tra una puntura di ape nel periodo della vendemmia e un acquazzone improvviso a primavera ha scoperto fin da piccolo la passione per il vino. Email: enovago@vinit.net
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