09.05.2002 | Normative

Etichetta europea anche per il vino

BRUXELLES – Dal 1º gennaio 2003 anche il vino, uno dei più prestigiosi prodotti alimentari nell’Unione, avrà «un’etichetta europea». Con questo decisione, l’esecutivo Ue completa l’applicazione dell’intera riforma del settore, decisa dal vertice europeo di Berlino nel 1999 con l’adozione della Ocm vino.

A differenza dell’etichetta europea sulla “fettina” di carne o sull’hamburgher destinata soprattutto ad assicurarne la salubrità, nel caso del vino l’obiettivo è in primo luogo di fornire ai consumatori un’informazione più chiara e trasparente sul prodotto. Dal primo gennaio 2003, quindi, ogni consumatore dovrà obbligatoriamente trovare sulla bottiglia di vino che acquista la denominazione di vendita, il volume, il tenore in alcol, il numero della partita da cui proviene il prodotto, il nome dell’imbottigliatore, quello dello spedizioniere o dell’importatore. Sono previste anche indicazioni facoltative (ad esempio, vino “secco” o “dolce”), e indicazioni “libere” che però non possano indurre in errore il consumatore.
«Il sistema di etichettatura globale rappresenta un elemento fondamentale - ha sottolineato il commissario europeo per l’agricoltura, Franz Fischler, nell’annunciare la decisione - che permetterà di difendere meglio gli interessi dei consumatori e dei produttori, ma anche di garantire il buon funzionamento del mercato interno dell’Ue e di promuovere il vino di qualità». Bruxelles ha constatato, ad esempio, che il successo di certi vini australiani o sudafricani sul mercato britannico - a scapito di quelli francesi - è dovuto anche alla presentazione di bottiglie con un’etichetta molto semplificata. La decisione giunge dopo due anni di dibattiti e di negoziati a livello di esperti della Commissione e dei singoli Stati membri per la difficoltà di raggiungere un accordo sulla tutela delle menzioni che potranno apparire sull’etichetta. In tutto sono 17 le menzioni italiane che ricevono una forte protezione dall’Europa e non potranno essere utilizzati dai paesi terzi sul mercato comunitario. Altre 49 menzioni italiane ottengono, invece, una protezione minore in quanto potrebbero essere utilizzate a determinate condizioni da altri paesi: ad esempio, se un prodotto con quella menzione viene già esportato nell’Ue da almeno 10 anni.
Un caso tipico è il termine Brunello, che a differenza della denominazione d’origine Brunello di Montalcino tutelata dall’Ue, rischiava di essere utilizzato da altri produttori e che ora rientrerà nelle menzioni previste da Bruxelles. Ma ci sono anche altri nomi non meno conosciuti che saranno riservati all’Italia come Amarone, Cannellino, il viterbese Est Est Est, o il foggiano Cacc’e Mitte e ancora il Morellino, il Passito, il Recioto.
Nel marzo scorso, come si ricorderà, l’Italia aveva votato contro al Comitato di gestione vino (in cui sono riuniti i rappresentanti dei Quindici e della Commissione) sulla lista delle menzioni ora decise da Bruxelles, in quanto dovrà condividere con la Grecia il termine “Vinsanto”, mentre le menzioni “Ruby” e “Vintage” dovranno essere riservate al Porto e non al Marsala.
La Confederazione italiana agricoltori ritiene realistico il provvedimento, in quanto ha evitato l’etichettatura dei vini da tavola con l’indicazione del vitigno e dell’annata, mentre tende a salvaguardare gli obiettivi di tutela degli interessi legittimi dei consumatori e dei produttori, a far funzionare meglio il mercato interno e a sviluppare i prodotti di qualità. «È evidente - conclude la Cia- che su questa materia è necessario fare ulteriori progressi negli accordi multilaterali da adottare in sede del Wto».

FONTE: IL MESSAGGERO VENETO

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