27.06.2002 | Normative

Fascette numerate e microzone per rilanciare i vini Doc

La riforma della legge 164/92 in un convegno a Montalcino. E Veronelli torna sulle denominazioni comunali. Fascette numerate anche per le Doc, come avviene già per le Docg, in modo da accrescere le garanzie per i consumatori, sia sulla quantità (sono molti i tentativi, anche riusciti, specie sui mercati esteri), di immettere sul mercato falsi vini a denominazione di origine controllata.

È una delle proposte (ma Veronelli ha suggerito anche “Doc comunali”) emerse a Montalcino, in Toscana, dal convegno sulla riforma della legge quadro 164/92 sulla vitivinicoltura italiana organizzato dalla Coldiretti, rappresentata da Luigi Mainetti. Erano presenti il sottosegretario alle politiche agricole, Teresio Delfino, il presidente dell’Unione italiana vini, Ezio Rivella, il viticoltore Franco Biondi Santi e il presidente di Banca Verde e presidente del Comitato nazionale Doc Riccardo Margheriti.

Le fascette andrebbero distribuite dai Consorzi di tutela, notoriamente afflitti da problemi di mancanza di fondi: applicando un ricarico gli stessi Consorzi otterrebbero così importanti risorse da investire in attività di promozione e sviluppo del vino italiano. Questa proposta è partita da Gianni Zonin, “vignaiolo” più importante d’Italia con i suoi 1.800 ettari di vigneto in sette regioni, tra cui il Friuli. L’idea di semplificare la legge 164/92 (uscita dopo dodici anni di discussioni, a partire dal 1980) trova, infatti, hanno affermato gli organizzatori del convegno, tutti d’accordo: questa normativa decennale, nata in seguito alla vicenda del vino al metanolo, pone in primo piano la protezione delle denominazioni contro contraffazioni o abusi. Ma oggi che la situazione è cambiata, grazie all’eccezionale crescita qualitativa dell’intera produzione vitivinicola italiana, l’obiettivo deve essere quello di aiutare i produttori nella ulteriore qualificazione delle loro produzioni.

La bozza di riforma della legge elaborata dagli esperti dell’Accademia italiana della vite e del vino è attualmente al vaglio delle due assemblee parlamentari: l’obiettivo è quello di rendere più snella ed efficace la legge quadro del settore vitivinicolo, giudicata ormai obsoleta in un momento di forte crescita e competitività del vino italiano a livello internazionale. Dalla parte della semplificazione si è schierato anche Ezio Rivella: «Ritengo che i disciplinari debbano essere più elastici, fornire solo indicazioni di massima: i disciplinari rigidi hanno sempre spinto la produzione verso la bassa qualità. Da noi c’è un concetto sbagliato di tipicità, intesa come standardizzazione del vino prodotto in un determinato territorio: il risultato è una massificazione della produzione».

Anche il senatore Margheriti, uno dei “padri” della 164/92, sottolinea l’esigenza di una legge meno farraginosa e più precisa, pur confermandone la validità complessiva: la sua proposta riguarda la creazione di comitati interprofessionali regionali con il compito di disciplinare tutti gli aspetti del settore vitivinicolo, che rispondano direttamente al ministero delle Politiche agricole. Ciò in considerazione del nuovo rapporto tra Stato e Regioni, che vede queste ultime con una sempre maggiore autonomia. Margheriti ha proposto, inoltre, la creazione di un’istituzione nazionale sulle denominazioni di origine e sulle indicazioni geografiche sul tipo dell’Inao francese. Franco Biondi Santi, nome storico del Brunello di Montalcino, ha insistito sull’importanza delle microzone – tipo Cialla, Ramandolo, Rosazzo, tanto per rimanere in Friuli – e sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni, tutelandone le tipicità.

Il sottosegretario Delfino, infine, ha confermato l’impegno del ministero per una efficace riforma della 164, da affrontare in maniera graduale e soprattutto in un clima di dialogo e concertazione tra i principali attori della filiera, definendo iniquo il sistema di sanzioni attualmente vigente, uno degli aspetti della legge 164 che richiedono una modifica urgente. Il convegno di Montalcino ha visto anche l’intervento a sorpresa di Luigi Veronelli, che si è definito «un contadino che per caso fa il giornalista» e ha perorato la causa delle “denominazioni comunali”. Non le Regioni dunque, ma i sindaci devono avere, secondo Veronelli ,il compito di gestire e tutelare i prodotti del territorio.

FONTE: IL MESSAGGERO VENETO

px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?