La degustazione
s’intitolava “Il cabernet sauvignon ai due
estremi”, protagonisti della serata due vini, un friulano
e un siciliano, entrambi con vinificazioni in acciaio.
L’affluenza ha soddisfatto le mie attese, su quindici posti
disponibili sono intervenute tredici persone, certo non come le
degustazioni estive che tutti voi ben conoscete dove certe volte si
arriva anche a 100 persone, quelle sono tutt’altre manifestazioni.
Ci accomodiamo tutti lungo le panche che formano un piccolo
anfiteatro, davanti a noi si trovano i protagonisti della serata, i
due vini sono lì fermi immobili come statue su un palco pronte per
essere ammirate da curiosi e appassionati enofili che allietano la
serata del wine bar; come due
star sul palco pronte ad esprimere tutto quello che hanno dentro,
l’eleganza del cabernet, il calore del vino rosso, la rabbia e la
grinta di un’annata sicuramente non facile come quella del 2002.
Le due star provengono da due aziende a me molto care, la prima
bottiglia che viene stappata è quella di
Giovanni Puiatti, il legame con questa azienda proviene
da un’amicizia recente con lo stesso Giovanni ed Elisabetta sua
sorella. L’altra star è una bottiglia di Feudo Arancio, qui il
legame con l’azienda è tramite Tiziano
Sparano, un caro amico che fa le veci dell’azienda per il
centro-sud della penisola.
Bene giunti a questo punto dopo le dovute sviolinate ai rispettivi
amici vi descrivo come è realmente andata la serata.
Non c’è stato un vincitore, anche perché non era una gara, entrambi
se vogliamo dare una graduatoria hanno vinto l’oscar a pari merito a
furor di popolo.
Il Cabernet sauvignon “Le Zuccole”
proviene dall’Isonzo in quel del Friuli, più precisamente dalla zona
di Romans d'Isonzo in provincia di Gorizia. All’inizio si è
presentato con molta cautela, riservato quasi timido, tipico delle
persone del nord, chiuso al naso e un po’ povero in bocca, dovuto
soprattutto dalla partenza di un naso freddo e di una bocca
asciutta.
Sono bastati due colpi di polso per far roteare il nettare di bacco
lungo le pareti di cristallo del bicchiere per far si che quella
timidezza iniziasse a scomparire lasciando posto alla sua vera
personalità, un vino vegetale con delle belle note ricche ma
leggermente magro dovuto alla zona di provenienza, l’Isonzo da vini
magri e non grassi come il Collio fa parte della sua tipicità. Nel
finire, a timidezza ormai scomparsa, la sua estrema eleganza a
prevaricato su tutto, facendo sì che l’ultimo sorso della
degustazione fosse riservato proprio a lui, per concludere in
bellezza questa sfilata di sapori e profumi che le due star sorso
dopo sorso emozionavano gli avventori della chermes.
Il secondo vino aperto, secondo solo nel momento della
presentazione, poi entrambi stavano dentro al proprio bicchiere
davanti ai commensali, è stato il Feudo
Arancio, proviene dalla contrada Portella Misilbesi in
provincia di Agrigento, nei pressi di Sambuca un paesino tutto
bianco.
Questo vino meno timido del collega del nord entra subito in
competizione, dando tutto il calore che ha nel corpo, proprio come
le persone del sud, simpatico avvolgente e coccolone, carico di note
spezziate, liquirizia piccoli frutti rossi, con una bella vinosità.
È proprio vero che il vino rappresenta il territorio e soprattutto
la personalità di chi lo produce, sembra quasi che assorba tutti i
flussi positivi e negativi che si trovano all’interno della cantina,
l’umore del vignaiolo che passeggia in mezzo per i filari, la gioia
dei bambini che giocano imitando i genitori nel proprio lavoro, la
rabbia e la tristezza di un brutto evento. Può sembrare pazzia data
dagli effetti collaterali dell’alcol, ma per come la penso io
rispecchia la realtà, il vino è una cosa
viva che racconta uno stile di vita, un’emozione, una speranza, la
rabbia di una brutta annata. Il tutto è raccolto in pochi
centilitri di “acqua”!
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Matteo
Wine Bar Venezia
via del Massaro, 2
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