15.11.2006 | Vino e dintorni

Degustazione del Barbera D'Asti dell'azienda Beppe Marino

Non parlerò dell'azienda che so che merita per la bontà dei suoi moscati vinificati con amore dall'enologo e proprietario Maurizio Marino che mette nei suoi vini tutto se stesso. Assaggiando i suoi moscati pare di avere a che fare direttamente con lui: gentile e disponibile per quanto appassionato della sua terra. Il carattere di chi prepara il vino, molto spesso, si trasferisce nell'oggetto del proprio amore. Merita, questo ragazzo astigiano, che con pochi mezzi riesce a fare cose strepitose: per lo meno questo è il ricordo che ho di questa azienda.

Quattro filari 2001
Barbera D'Asti Superiore
Az. Beppe Marino
Santo Stefano Belbo - Asti
Cinque anni fa, però, Maurizio si presentò nella mia sala di degustazione con una cassa di Quattro filari - ''...un esperimento'' - mi disse...
Un gioco fatto per l'amore di quei quattro filari di barbera che aveva in vigna e che forse gli ricordavano qualche suo avo vignaiolo: ora non ricordo bene e' passato un po' di tempo. Era il 2002, un anno di grandi speranze deluse poi dagli anni avvenire. Assaggiai il 2001 dopo aver assaggiato anche il '00, non rimasi particolarmente coinvolto ma oggi, a distanza di qualche anno, vado a riassaggiare lo stesso vino e sempre l'annata '01 e… qualcosa è cambiato.
 

Si presenta, infatti, con un colore rosso rubino con leggeri riflessi granata, perfettamente limpido, di buona vivacità di colore e una buona concentrazione di materia colorante. L'intensità non è particolarmente imponente, ma dritta, un po' stretta, quasi rigorosa pur attestandosi su valori medi. Al naso si apre delicatamente utilizzando uno stile femminile, non è invadente, al contrario è discreto e sale attraverso le narici con fare timido. Cede un po' in persistenza, anche se ha un valore medio, dove ci si aspetterebbe una prosecuzione degli aromi maggiore e magari con una tonalità più nitida.

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Gli aromi sono ben fusi nell'alcool, quest'ultimo non aggredisce, ma amplifica momenti che ricordano la prugna sottospirito, le fragole di bosco stramature, le more ed i ribes neri abbracciati da un velo boisé che rivive sentori di fumo di legna, ma che nasconde, al contempo, un corollario di spezie che diversamente sarebbero piu' avvincenti... peccato! Manca un po' d'armonia nella concentrazione aromatica di questo vino, che si fa cercare nelle tonalità floreali e che ogni tanto si fa cogliere da un guizzo di legno di cedro, altre volte di tabacco...

Stride leggermente quando entra in bocca, l'acidità prevale e stona leggermente senza recare, pero', troppo disturbo. Il tannino, ben presente, è di trama media, e se ancora non seduce fa ben sperare per il futuro. Il corpo non supporta molto le componenti dure del vino; nonostante i suoi 14 gradi manca di una morbidezza più complessa e di sensualità - rimane chiaro che questo non è un difetto ma, bensì, una speranza.

L'intensità al palato è buona, mentre è splendida la persistenza che pare non finire mai e ti lascia con un ricordo lungo che si scioglie in una mescolata di frutta sottospirito, spezie e fumo di legna: come una bella figura femminile che si dilegua languida tra la nebbia e ti riempie più col ricordo che con la sua presenza. Riassaggerò questo vino tra qualche anno, magari il prossimo. Possiedo ancora cinque bottiglie da sperimentare negli anni.

Grazie ancora Maurizio per il rispetto che hai per la tua terra!
Provate questo vino perché è interessante in quanto delicatezza, perché rispetta il territorio meglio di molti barbera della stessa zona che invece sono ''palestrati'', e perché crea, dalle proprie imprecisioni, dei tratti originali. Se lo conserverete un anno o poco più diventerà più equilibrato, forse più seducente, sempre che riusciate e trovarlo giacché il nome ''quattro filari'' non è a caso.
 

Fabio Magnani, Giornalista enoico
fabiomag@linknet.it - autore del libro

Vini dal Cile Viaggio tra i profumi dei vigneti andini -
Edizioni Delmònt, Ravenna Marzo 2002

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