04.02.2004 | Cultura e Tradizioni

Il prezzo dell'intenditore...

Ancora qualche considerazione sulla moda del vino, che può costare (e valere) anche 10 euro al calice. Qualche polemica è nata attorno ad un mio precedente articolo dove prendevo in esame il momento dell'aperitivo, confrontandolo con il modo di proporlo in differenti località. Molte le email da parte di gestori di locali che si sono sentiti colpiti dalle "crude" riflessioni contenute in quell'articolo e diverse sollecitazione sono pervenute direttamente a chi scrive...

Ma oltre alle contestazioni sono stati molteplici anche i pareri favorevoli, sia da parte di consumatori che da parte di gestori di locali. A questo punto mi chiedo se molti esercenti stiano lottando come Don Quijote contro i mulini a vento delle onde modaiole che periodicamente attraversano ogni città. La moda di un vino come di un particolare aperitivo inventato li per lì, o la semplice novità di un locale appena aperto come evento sociale che crea fascino.

A testimoniare le mode, sono gli spostamenti in massa di un pubblico, spesso volubile, da un

 locale ad un altro, alla ricerca della tendenza più in voga.

Oramai non si sa più cosa inventare per inserirsi, nel circuito di questo nomadismo alcolico. Nei confronti dei bar "classici" dove l'aperitivo è sempre stato professionalità prima ancora che moda, la concorrenza si svolge a suon di prosciutti tagliati al volo e forme di formaggio in bella vista.

Ma tutto questo ha un costo: e da qualche parte queste spese devono essere ricaricate e così il calice ne patisce un aumento di prezzo. Per evitare fraintendimenti va chiarito che un vino potrebbe costare anche dieci euro al calice quando però questi li vale d'avvero. Ci sono etichette di rango, infatti, che costano agli esercenti anche 30 o più euro, ed è comprensibile che, volendolo sbicchierare, il prezzo alla mescita deve essere adeguato.

Comunque sia, sarebbe corretto informare l'avventore del valore della preziosa bevanda. E ciò presuppone che dall'altra parte del banco ci siano professionisti che realmente si intendono di ciò che stanno proponendo, in grado di fornire un valore aggiunto di cultura enologica legato alla mescita.

E forse occorre fare un'altra sottolineatura a tutela dei consumatori - cultori del buon bere: perché, chi desidera un calice di vino come aperitivo deve pagare anche per chi, consumando una banale analcolico, si divora l'intero bancone?

Purtroppo in alcune circostanze la "competizione" si gioca sulla ricchezza del buffet a scapito della cosa più importante per chi si cimenta col vino: la competenza sul vino stesso, la capacità di valorizzare la qualità e l'originalità dei prodotti enologici. In tanti lavorano con passione e professionalità ma non è raro riscontrare una certa standardizzazione delle etichette ed una fiacca omologazione delle proposte.

Dall'altra parte della "barricata", dove al bancone degli aperitivi proliferano abbondanti stuzzichini e assaggi di ogni sorta, c'è però un'altra figura professionale che comincia ad inquietarsi: il ristoratore vero e proprio...

Meditate gente, meditate, e non è solo più una questione di vino.

Fabio Magnani, Giornalista enoico
fabiomag@linknet.it - autore del libro

Vini dal Cile Viaggio tra i profumi dei vigneti andini -
Edizioni Delmònt, Ravenna Marzo 2002

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