20.12.2005 | Cultura e Tradizioni

Il Profumo del tè: mito e aromi di una bevanda millenaria

Il tè è una delle bevande più consumate sulla terra, che vanta misteriose origini avvolte dalla notte dei tempi: ma andiamo per ordine. Secondo una leggenda cinese, l'imperatore Chen Nung era così attento all'igiene che beveva solo acqua bollita. Correva l'anno 2737 a.C., e l'imperatore era seduto a riposare all'ombra di un albero di tè silvestre, quando un venticello leggero fece finire alcune foglie nell'acqua messa a bollire...

Poco dopo, l’acqua assunse il color dell’oro che, nonostante i preconcetti igienisti del divino imperatore, spinse lo stesso ad assaggiarne un sorso. L’assaggio di quella bevanda, che prese poi il nome di tè, diede all’imperatore sensazioni così piacevoli che ordinò ai suoi sudditi di studiare la pianta per promuoverne la coltivazione. Gli Indiani, invece, collegano il tè alla mitica figura di Bodhidarma, figlio del re delle Indie. Questo principe andò in Cina per predicare il buddismo raccomandando la meditazione e la cultura dello spirito. Durante i sette anni del suo travaglio spirituale, Bodhidarma fece voto di non dormire ma il sonno lo colse dopo il quinto anno di meditazione.

Egli, allora, per non abbandonarsi all’inerzia del sonno masticò alcune foglie prese da un arbusto nel tentativo di lenire l’assopimento imminente. La stanchezza svanì e ritornò alla sua introspezione più concentrato di prima. Naturalmente si trattava, anche in questo caso, di tè.

Molte le leggende e gli atteggiamenti, quasi favolistici, nei confronti del tè lungo i percorsi della storia: in Cina nacque il tributo del tè promosso dall’imperatore che destinava a se stesso una certa quantità del tè più pregiato.

Questo doveva essere raccolto secondo regole precise che imponeva, tra l’altro, alle raccoglitrici, diete severe durante il periodo di raccolta; I narratori dell’epoca del Re di Svezia Gustavo III, al contrario, raccontano che lo stesso Re volle verificare le bontà curative della bevanda cinese.

Commutò la pena all’ergastolo a due condannati a morte con l’obbligo, per i due mesi successivi, di bere 15 tazze al giorno di tè il primo e di caffè il secondo. L’ironia della sorte volle, però, che il Re Gustavo non vide mai l’evolversi della vicenda in quanto morì pochi giorni dopo mentre i due “prescelti” morirono sì, ma di vecchiaia! Altra vicenda curiosa legata alla bevanda e che ci porta a riflettere in termini economici, ci porta alle porte del '700 in Inghilterra, dove la domanda delle preziose foglioline era talmente alta che era impossibile soddisfare le richieste di mercato.

Lo scarso approvvigionamento del tè cinese spinse molti commercianti a rivolgersi ai colleghi olandesi che, furbescamente, sofisticavano la merce aggiungendo al tè originale foglie di piante completamente estranee precedentemente essiccate, frantumate, stinte con la melassa e sommerse negli escrementi ovini. Durante i secoli, diverse sono state le scuole che si alternavano nella divulgazione delle tecniche di preparazione del tè. Tra le diverse, le più importanti e che hanno condizionato anche i posteri, troviamo quella del tè bollito, del tè sbattuto e quella del tè infuso.

Il primo si preparava essiccando e pressando le foglie per ricavarne dei panetti solidi e leggeri. Per preparare la bevanda occorreva frantumarne una piccola quantità nel mortaio e bollirla in acqua. Ancora oggi in Tibet e in Mongolia il tè viene preparato allo stesso modo con l’aggiunta, delle volte, di sale, zenzero, latte o, incredibile ma vero, cipolle. Il tè sbattuto consiste nel pestare le foglie per ottenere una polvere finissima. Una volta depositata in una scodella e aggiunta acqua calda, la polvere viene “frustata” con un apposito utensile di bambù fino ad ottenere una schiuma caratteristica.

Il tè preparato per infusione, invece, è il modo che tutti conosciamo anche se, oggi, siamo abituati ad utilizzare orpelli di vario genere che vanno dalla classica bustina agli infusori dalle disparate forme fino alle vere e proprie teiere mentre anticamente le foglioline essiccate erano lasciate disperse in infusione nell’acqua bollente successivamente filtrata attraverso un colino di tela. Quest’ultimo sistema di preparazione fu quello conosciuto dagli occidentali quando, per la prima volta, conobbero il tè nel lontano 1600.

L’attuale produzione di tè si divide tra pochi paesi: l'India è tra i maggiori produttori con quasi 9.000.000 di quintali e la Cina con circa 8.000.000; seguono Sri Lanka, Kenya e Indonesia.

Il totale della produzione odierna supera i 30 milioni di quintali e a questa cifra contribuisce una piccola produzione europea sita nelle Azzorre ed in Italia.

La pianta coltivata per il tè è una; non esistono, infatti, molte tipologie di piante ma solo differenti varietà commercializzate che prendono nomi diversi in base alle zone di crescita, dal metodo di lavorazione e al periodo e tipo di raccolta.

Detto questo esaminiamo alcune delle varietà più diffuse. Il tè nero, ad esempio, è caratteristico dei paesi africani e dell’India. È nato per soddisfare il palato occidentale che richiede gusti forti e generosi di teina al pari del caffè.

Appassimento, arrotolamento, fermentazione e essiccazione sono le quattro fasi di lavorazione che lo distinguono. Dopo la raccolta le foglie subiscono l’appassimento e, successivamente, l’arrotolamento necessario per far trasudare gli olii necessari per fissare il colore e l’aroma delle foglioline. Una volta srotolate sono lasciate riposare in un ambiente umido ed ossigenato dove avverrà la fermentazione che colorerà di rosso le foglie. Dopo di che, la somministrazione di calore scurirà le foglie bloccandone il processo di decomposizione. Il cosiddetto verde è una tipologia di tè non fermentato le foglie, infatti, rimangono verdi perché non subiscono il trattamento su descritto mantenendo così un colore chiaro a cui si aggiunge una profumazione fragrante.

Le foglie sono essiccate al sole o in ambienti appositi e viene aggiunto poco dopo una fonte di calore che permette all’acqua di evaporare, mentre, la consistenza molle delle foglie favorisce la strozzatura che permette di eliminare le ultime particelle d’acqua. Segue una fase di essiccamento con conseguente srotolamento delle foglie.

Prezioso e ricercato è il tè bianco composto dai soli germogli raccolti, prima che si schiudano, in determinati periodi. Le foglie, in questo caso, non subiscono alcuna azione di fuoco diretto a vantaggio di un appassimento ed una essiccazione naturale. Per questo la colorazione ricorda l’argento ed il sapore è estremamente delicato. Il tè oolong e puchong sono semifermentati in quanto il procedimento è quello del tè nero senza, però, portare a termine l’ossidazione. I tè aromatizzati, invece, possono essere sia della qualità verde sia della varietà nera.

Gli aromi aggiunti possono essere sotto forma di petali o boccioli o di aromi essenziali. Il tè pressato, al contrario, fa riferimento ad una antica tradizione cinese di preparare il tè in panetti o in palline pressati favorendone così il trasporto. Il più famoso è il Tuocha dalle proprietà curative nella due versioni verde e nero. Altra varietà rara è il tè giallo che in infusione ha un colore giallo – arancio ed un aroma deciso. È molto costoso.

Fabio Magnani, Giornalista enoico
fabiomag@linknet.it - autore del libro

Vini dal Cile Viaggio tra i profumi dei vigneti andini -
Edizioni Delmònt, Ravenna Marzo 2002

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