Poco dopo, l’acqua
assunse il color dell’oro che, nonostante i preconcetti igienisti
del divino imperatore, spinse lo stesso ad assaggiarne un sorso.
L’assaggio di quella bevanda, che prese poi il nome di tè, diede
all’imperatore sensazioni così piacevoli
che ordinò ai suoi sudditi di studiare la pianta per promuoverne la
coltivazione. Gli Indiani,
invece, collegano il tè alla mitica figura di
Bodhidarma, figlio del re delle Indie. Questo principe
andò in Cina per predicare il buddismo raccomandando la meditazione
e la cultura dello spirito. Durante i sette anni del suo travaglio
spirituale, Bodhidarma fece voto di non dormire ma il sonno lo colse
dopo il quinto anno di meditazione.
Egli, allora, per non abbandonarsi all’inerzia del sonno masticò
alcune foglie prese da un arbusto nel tentativo di lenire
l’assopimento imminente. La stanchezza svanì e ritornò alla sua
introspezione più concentrato di prima. Naturalmente si trattava,
anche in questo caso, di tè.
Molte le leggende e gli
atteggiamenti, quasi favolistici, nei confronti del tè
lungo i percorsi della storia:
in Cina nacque il
tributo del tè promosso dall’imperatore che destinava a
se stesso una certa quantità del tè più pregiato.
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Questo doveva
essere raccolto secondo regole precise che imponeva, tra l’altro,
alle raccoglitrici, diete severe durante il periodo di raccolta; I
narratori dell’epoca del Re di Svezia
Gustavo III, al contrario, raccontano che lo stesso Re
volle verificare le bontà curative della bevanda cinese.
Commutò la pena all’ergastolo a due condannati a morte con
l’obbligo, per i due mesi successivi, di bere 15 tazze al giorno di
tè il primo e di caffè il secondo. L’ironia della sorte volle, però,
che il Re Gustavo non vide mai l’evolversi della vicenda in quanto
morì pochi giorni dopo mentre i due “prescelti” morirono sì, ma di
vecchiaia! Altra vicenda curiosa legata alla bevanda e che ci porta
a riflettere in termini economici, ci porta
alle porte del '700 in Inghilterra, dove la domanda
delle preziose foglioline era talmente alta che era impossibile
soddisfare le richieste di mercato.
Lo scarso
approvvigionamento del tè cinese spinse molti commercianti a
rivolgersi ai colleghi olandesi che, furbescamente, sofisticavano la
merce aggiungendo al tè originale foglie di piante completamente
estranee precedentemente essiccate, frantumate, stinte con la
melassa e sommerse negli escrementi ovini.
Durante i secoli, diverse sono state le scuole che si alternavano
nella divulgazione delle tecniche di preparazione del tè.
Tra le diverse, le più importanti e che hanno condizionato anche i
posteri, troviamo quella del tè bollito, del tè sbattuto e quella
del tè infuso.
Il primo si preparava essiccando e pressando le foglie per ricavarne
dei panetti solidi e leggeri. Per preparare la bevanda occorreva
frantumarne una piccola quantità nel mortaio e bollirla in acqua.
Ancora oggi in
Tibet e in
Mongolia il tè
viene preparato allo stesso modo con l’aggiunta, delle volte, di
sale, zenzero, latte o, incredibile ma vero, cipolle. Il
tè sbattuto consiste nel pestare le foglie per ottenere una polvere
finissima. Una volta depositata in una scodella e aggiunta acqua
calda, la polvere viene “frustata” con un apposito utensile di bambù
fino ad ottenere una schiuma caratteristica.
Il tè preparato per infusione, invece, è il modo che tutti
conosciamo anche se, oggi, siamo abituati ad utilizzare orpelli di
vario genere che vanno dalla classica bustina agli infusori dalle
disparate forme fino alle vere e proprie teiere mentre anticamente
le foglioline essiccate erano lasciate disperse in infusione
nell’acqua bollente successivamente filtrata attraverso un colino di
tela. Quest’ultimo sistema di preparazione fu quello conosciuto
dagli occidentali quando, per la prima volta, conobbero il tè nel
lontano 1600.
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L’attuale produzione
di tè si divide tra pochi paesi:
l'India
è tra i maggiori produttori con quasi 9.000.000 di
quintali e la Cina con circa 8.000.000;
seguono Sri Lanka, Kenya e
Indonesia.
Il totale della produzione odierna supera i 30 milioni
di quintali e a questa cifra contribuisce una
piccola produzione europea sita
nelle Azzorre
ed in Italia.
La pianta coltivata per il tè è una; non esistono,
infatti, molte tipologie di piante ma solo differenti
varietà commercializzate che prendono nomi diversi in
base alle zone di crescita, dal metodo di lavorazione e
al periodo e tipo di raccolta.
Detto questo esaminiamo alcune
delle varietà più diffuse. Il
tè nero, ad esempio, è
caratteristico dei paesi africani e dell’India. È nato
per soddisfare il palato occidentale che richiede gusti
forti e generosi di teina al pari del caffè. |
Appassimento, arrotolamento, fermentazione
e essiccazione sono le quattro fasi di lavorazione che lo
distinguono. Dopo la raccolta le foglie subiscono
l’appassimento e, successivamente, l’arrotolamento necessario per
far trasudare gli olii necessari per fissare il colore e l’aroma
delle foglioline. Una volta srotolate sono lasciate riposare in un
ambiente umido ed ossigenato dove avverrà la fermentazione che
colorerà di rosso le foglie. Dopo di che, la somministrazione di
calore scurirà le foglie bloccandone il processo di decomposizione.
Il cosiddetto verde è una tipologia di tè non fermentato le foglie,
infatti, rimangono verdi perché non subiscono il trattamento su
descritto mantenendo così un colore chiaro a cui si aggiunge una
profumazione fragrante.
Le foglie sono essiccate al sole o in ambienti appositi e viene
aggiunto poco dopo una fonte di calore che permette all’acqua di
evaporare, mentre, la consistenza molle delle foglie favorisce la
strozzatura che permette di eliminare le ultime particelle d’acqua.
Segue una fase di essiccamento con conseguente srotolamento delle
foglie.
Prezioso e ricercato è il
tè bianco composto dai soli
germogli raccolti, prima che si schiudano, in determinati periodi.
Le foglie, in questo caso, non subiscono alcuna azione di fuoco
diretto a vantaggio di un appassimento ed una essiccazione naturale.
Per questo la colorazione ricorda l’argento ed il sapore è
estremamente delicato. Il tè oolong
e puchong sono semifermentati in
quanto il procedimento è quello del tè nero senza, però, portare a
termine l’ossidazione. I tè aromatizzati,
invece, possono essere sia della qualità verde sia della varietà
nera.
Gli aromi aggiunti possono essere sotto forma di petali o boccioli o
di aromi essenziali. Il tè pressato, al contrario, fa riferimento ad
una antica tradizione cinese di preparare il tè in panetti o in
palline pressati favorendone così il trasporto. Il più famoso è il
Tuocha dalle proprietà curative
nella due versioni verde e nero. Altra varietà rara è il
tè giallo che in infusione ha un
colore giallo – arancio ed un aroma deciso. È molto costoso.
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