Sono presenti tre aggregazioni collettive che raccolgono la quasi
totalità dei 400 allevatori: il “Consorzio
Carne Appennino Sannita”, “Cooperativa
San Giorgio la Molara” e “Cooperativa
S.Lucia” tutte strutture aderenti alla certificazione di
qualità IGP “Vitellone
Bianco dell’Appennino Centrale”.
Un altro primato è quello della maggiore presenza della
pecora Laticauda. Questo ovino
dalle caratteristiche ineguagliabili per qualità della carne e del
formaggio è diffuso nelle sole zone dell’Appennino campano ed ha il
suo baricentro proprio in questo Comune. Ma sfugge ai più il dato
che la quasi totalità delle aziende zootecniche ha anche una buona
presenza di suini: una recente elaborazione stima una presenza di
2300 capi sul territorio comunale. Mi sono chiesto se vengono tutti
utilizzati per il fabbisogno familiare oppure ci sono quote
destinate al mercato.
E’ bastata una piccolissima ricerca e la risposta è arrivata
immediatamente: esiste qualche piccola realtà dove è stata
tramandata da padre a figlio una professionalità preziosa che
continua a proporre un prodotto eccellente ai cittadini consumatori.
La Trattoria De Cicco, gestita
da Rosetta Paradiso, produce per
i suoi clienti il prosciutto lavorato, ancora oggi, con tecnica
quasi totalmente artigianale. I cosci provengono da suini degli
allevamenti della zona che vengono alimentati esclusivamente con
mangimi e sfarinati prodotti in azienda. L’assenza di nitrati e
nitriti nella concia e il micro clima favorevole fa il resto.
I suini di razza Large White e Landrace
vengono macellati nei mesi di gennaio febbraio, il periodo più
freddo dell’anno e quindi più adatto alla stagionatura naturale. I
primi giorni i cosci sono cosparsi di sale fino, poi, per un periodo
anche di 40 giorni a seconda delle dimensioni dei pezzi, sale
grosso. Segue la fase di pressatura che consiste nel mettere i cosci
in una morsa e stringere progressivamente. Poi i pezzi stazionano
per un paio di mesi in una cella a temperatura e umidità
controllata. Infine vengono cosparsi di abbondante peperoncino
macinato e posti a stagionare in ambiente fresco e ventilato. Dopo
un anno è possibile consumare i prosciutti più piccoli mentre i più
grandi, che sovente raggiungono 15 kg., richiedono una stagionatura
di almeno 14-16 mesi. Inoltre c’è l’abitudine a proteggere la parte
più esposta con una pasta costituita da sugna farina e pepe. La
peculiarità è che il prodotto è molto gradevole perché costituito da
un notevole spessore della parte magra che rimare morbida e poco
fibrosa con bei profumi e non eccessivamente salata.
In conclusione, una volta il Prosciutto del Fortore veniva prodotto
in tutte le famiglie contadine, ora, con i cambiamenti climatici e
la oggettiva difficoltà tecnica sta diventando sempre più raro. Ma
questa esperienza della Trattoria De Cicco rappresenta una vera e
propria piccola filiera valida e perfettamente funzionante che
andrebbe ampliata, rimanendo nell’ambito artigianale, valorizzata e
replicata, in modo modulare, per continuare a fare vivere qualcosa
che è un vero vanto per il territorio.
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Erasmo Timoteo
Associazione Slow Food |