30.03.2005 | Cultura e Tradizioni

Il vino santo dell'Alto Tevere

Offuscato per tanto tempo dal vicino di casa toscano, oggi anche il vin santo umbro fa sentire la sua voce. Non molti lo sanno, ma uno dei prodotti più tradizionalmente legati alla cultura dell’Alta Valle del Tevere è il Vinsanto, che qui viene fatto da sempre dando come risultato un prodotto di peculiari caratteristiche, che per la sua qualità non ha assolutamente nulla da invidiare a quello proveniente dalle zone per le quali è famoso, principalmente la Toscana.

Incerta e leggendaria è l’origine del nome di questo vino liquoroso: si dice che durante la peste del 1348 a Siena un frate somministrasse agli ammalati questo vino, al quale venne attribuito il merito della guarigione di alcuni di essi (da cui il nominativo di Santo); altri, molto più semplicemente, lo associano al fatto che fosse il vino utilizzato dai sacerdoti nelle Messe, ma la spiegazione più plausibile fa riferimento alle fasi del ciclo produttivo, che avvengono in concomitanza con le feste di Ognissanti, di Natale e della Settimana Santa.

Il vinsanto fa parte integrante della tradizione altotiberina e viene ancora oggi diffusamente prodotto a livello familiare, con procedimenti antichi e tradizionali, rimasti invariati nel tempo, a cominciare dalla scelta delle uve, che devono essere ben mature, con grappoli radi e sani e di varie qualità (principalmente Trebbiano toscano e Malvasia, ma anche Grechetto, Canaiolo bianco, San Colombano, Vernaccia), e dalla raccolta, che deve avvenire nelle ore centrali del giorno, quando i grappoli sono ben asciugati dalla rugiada del mattino, e con estrema accortezza, prestando la massima attenzione a che gli acini rimangano integri. Fondamentale è la fase successiva di appassimento, che avviene per un periodo prolungato appendendo le uve in ambienti ben asciutti ed areati.

Nella tradizione contadina, i grappoli venivano appesi alle travi della cucina, dove il camino garantiva il calore necessario, ed il fumo che usciva conferiva un gusto ed un aroma del tutto peculiari al prodotto finale. Dalla spremitura di queste uve appassite, esce un mosto dolcissimo che viene messo in piccole botti dette “caratelli”, al cui interno si trova la “Madre”, una massa densa costituita dai sedimenti residui degli anni precedenti, che consente di avviare la fermentazione e che anno dopo anno trasmette e conserva le caratteristiche di gusto ed aroma che sono proprie di ogni vinsanto.

Nel caratello, il vinsanto rimarrà per un periodo molto lungo, non inferiore ai tre anni, nel quale si alterneranno in modo naturale fasi di ebollizione e di riposo, legate all’andamento delle temperature stagionali, e si svolgeranno altri processi di invecchiamento, che daranno come risultato finale un prodotto unico, con caratteristiche organolettiche che lo renderanno unico e distinguibile da ogni altro vinsanto. La Comunità montana dell’Alto Tevere Umbro sta lavorando su un progetto di valorizzazione del vinsanto altotiberino anche attraverso la elaborazione di un disciplinare di produzione.

Redazione Centrale Appennino
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