Incerta e
leggendaria è l’origine del nome di questo vino liquoroso:
si dice che durante la peste del 1348 a
Siena un frate somministrasse agli ammalati questo vino,
al quale venne attribuito il merito della guarigione di alcuni di
essi (da cui il nominativo di Santo); altri, molto più
semplicemente, lo associano al fatto che fosse il vino utilizzato
dai sacerdoti nelle Messe, ma la spiegazione più plausibile fa
riferimento alle fasi del ciclo produttivo, che avvengono in
concomitanza con le feste di Ognissanti, di Natale e della Settimana
Santa.
Il vinsanto fa parte integrante della tradizione altotiberina e
viene ancora oggi diffusamente prodotto a livello familiare, con
procedimenti antichi e tradizionali, rimasti invariati nel tempo, a
cominciare dalla scelta delle uve, che devono essere ben mature, con
grappoli radi e sani e di varie qualità (principalmente Trebbiano
toscano e Malvasia, ma anche Grechetto, Canaiolo bianco, San
Colombano, Vernaccia), e dalla raccolta, che deve avvenire nelle ore
centrali del giorno, quando i grappoli sono ben asciugati dalla
rugiada del mattino, e con estrema accortezza, prestando la massima
attenzione a che gli acini rimangano integri. Fondamentale è la fase
successiva di appassimento, che avviene per un periodo prolungato
appendendo le uve in ambienti ben asciutti ed areati.
Nella tradizione contadina, i grappoli
venivano appesi alle travi della cucina, dove il camino
garantiva il calore necessario, ed il fumo che usciva conferiva un
gusto ed un aroma del tutto peculiari al prodotto finale. Dalla
spremitura di queste uve appassite, esce un mosto dolcissimo che
viene messo in piccole botti dette “caratelli”, al cui interno si
trova la “Madre”, una massa densa costituita dai sedimenti residui
degli anni precedenti, che consente di avviare la fermentazione e
che anno dopo anno trasmette e conserva le caratteristiche di gusto
ed aroma che sono proprie di ogni vinsanto.
Nel caratello, il vinsanto rimarrà per un periodo molto lungo, non
inferiore ai tre anni, nel quale si alterneranno in modo naturale
fasi di ebollizione e di riposo, legate all’andamento delle
temperature stagionali, e si svolgeranno altri processi di
invecchiamento, che daranno come risultato finale un prodotto unico,
con caratteristiche organolettiche che lo renderanno unico e
distinguibile da ogni altro vinsanto. La
Comunità montana dell’Alto Tevere Umbro
sta lavorando su un progetto di valorizzazione del vinsanto
altotiberino anche attraverso la elaborazione di un disciplinare di
produzione.
Redazione Centrale Appennino
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