Negli archivi del
comune di Fermo si sono trovati
cenni al vino di Faleria risalenti al XIII
secolo dove si rintracciano le prime testimonianze
dell'adozione anche in loco dell'antica
tecnica del "vin cotto" che e' sopravvissuta fino ad oggi
anche se limitata a piccole produzioni.
Dal latino “Carenum” (gli
imperatori romani utilizzavano il vino cotto quale bevanda di fine
pasto e già Plinio e Columella ne descrivevano dettagliatamente la
preparazione per nulla diversa da quella ancora in uso)
è un'antica e gustosa bevanda a base di
mosto cotto parte integrante della cultura gastronomica marchigiana.
Il procedimento tradizionale per l'ottenimento di questo prodotto
tipico prevede la bollitura, per circa 12-15 ore, in una grossa
caldaia di rame o acciaio del mosto d'uva appena pigiato, ottenuto
da uve raccolte tardivamente per avere una maggiore concentrazione
degli zuccheri. Questa operazione è condotta a fuoco diretto fino
all'evaporazione di un terzo o anche più del contenuto di acqua del
mosto, fino ad ottenere un sentore di caramello. Dopo questa
energica pastorizzazione e riduzione della massa, il mosto
concentrato ottenuto viene posto, dopo essere stato raffreddato, per
lungo tempo in caratelli di piccolo taglio per la fase di
fermentazione. per il primo anno si utilizza il rovere, poi per i
successivi, botti di quercia.
Il vino cotto si produce ancora esclusivamente a livello familiare
in molte case contadine. Il vino cotto
rappresenta un buon vino da dessert quando è ben prodotto
ed accuratamente conservato, tanto da riuscire a mantenere quel
giusto tenore zuccherino, che può consentire a questo prodotto di
essere raffrontato al vino passito pur senza poterne raggiungere la
qualità e la finezza.
Per un giusto equilibrio organolettico un vino cotto deve possedere
le seguenti caratteristiche analitiche:
Grado alcolico 14 % vol.
Periodo di invecchiamento: circa 5 anni.
Vino dolce che si accompagna a dolci secchi
come crostate, ciambelloni fatti in casa o biscotti, in alternativa
può essere versato sulla frutta ad esempio le pesche come dessert.
Può essere utilizzato inoltre nella preparazione di dolci o
insaporire marmellate o addirittura essere utilizzato in cucina per
preparare sfiziosi piatti di arrosto.
Nelle Marche il vino cotto, o ”lu vi cottu” è diffuso in tutto il
Maceratese, e particolarmente conosciuto è quello della zona di Loro
Piceno. Proprio in questo paese dell’entroterra marchigiano, famosa
è la festa estiva del vino cotto, durante la quale lo si può
degustare da solo, con dolcetti o con pezzettini di pesca.
Nella cultura marchigiana il Vi Cotto è
stato sempre visto come bevanda che tutte le famiglie avevano e
conservavano con cura, e il suo uso non era solamente
finalizzato ad essere servito come vino dolce ma il suo impiego si
allarga a tutti i momenti della vita contadina. Innanzitutto era ed
è considerato un forte energizzante date le sue caratteristiche
zuccherine elevate.
La tradizione racconta che in passato, il
vino cotto veniva bevuto dai contadini durante i lavori più faticosi
nelle campagne, come quelli della mietitura, per
recuperare forza ed energia. L’abitudine era quella di passarsi la
cosiddetta "trufa", recipiente di coccio, che manteneva a lungo il
vino fresco.
Veniva inoltre utilizzato come medicinale
ad esempio un metodo tuttora molto efficace per il raffreddore e'
quello di far bollire insieme a del Vino Cotto un paio di cucchiai
di miele per poi essere bevuto caldo prima di andare a dormire. Ci
sono altri casi assai particolari di utilizzo: ad esempio veniva
somministrato del Vino Cotto a animali in gravidanza oppure in
deboli condizioni, una vecchia usanza ora passata era quella di
bagnare gli arti e le spalle del nascituro per irrobustirlo (sia se
questo è un bambino o che sia un animale come ad esempio i vitelli
per far si che abbiamo zampe forti da poter tirare gli aratri).
Una studio, promosso dalla Coldiretti di
Ascoli Piceno ed effettuato dalla
Facoltà di Agraria dell'Università di Teramo, ha di
recente avvalorato la tradizione contadina, provando che il vino
cotto ha proprietà antiossidanti, combatte
i radicali liberi e aiuta a prevenire le malattie tumorali e
cardiovascolari.
Il tutto allo scopo di salvare un prodotto tipico
purtroppo a rischio di “estinzione”.
Lo studio, realizzato dal gruppo del professor
Dino Mastrocola, è stato pubblicato su un’autorevole
rivista specializzata nordamericana.
Nella fase di cottura del mosto si provocano la caramellizzazione
degli zuccheri e la cosiddetta ‘reazione di
Maillard’ e danno al vino cotto un potere antiossidante
due o tre volte superiore a quello del vino bianco. In questo modo
si ‘catturano’ i radicali liberi, combattendo l’invecchiamento
cellulare e prevenendo malattie come quelle cardiovascolari e
tumorali.
Nonostante ciò, questo prodotto rischia di scomparire. Secondo le
norme attuali, una bevanda prodotta attraverso il riscaldamento del
mosto non può, infatti, essere considerata vino (unica eccezione
alla regola, il marsala). E non può, dunque, essere
commercializzata. Una prima inversione di tendenza è venuta con
l’iscrizione nell’elenco dei prodotti tradizionali della Regione
Marche. Ma resta il problema di come venderlo nel pieno rispetto
delle regole.
E’ per questo che Coldiretti Ascoli,
in collaborazione con Coldiretti Macerata
e con le due Camere di Commercio
provinciali, ha promosso la
costituzione di un’associazione di produttori e la redazione di un
disciplinare di produzione, per poi puntare alla Dop, Denominazione
di origine protetta. Con la Dop si identifica la
denominazione di un prodotto, la cui produzione, trasformazione ed
elaborazione devono aver luogo in un’area geografica determinata e
caratterizzata da una perizia riconosciuta e constatata. Il 20
aprile 2004 si era costituita a Loro Piceno
(Mc) l’Associazione dei
Produttori di Vicotto o Vicuotte, sostenuta dai
principali enti locali, per la promozione del “Vino cotto del piceno”,
dolce o secco. Dell’associazione fanno parte una ventina di
produttori. La produzione di vino cotto è stimata intorno alle 100
mila bottiglie l’anno).
Il prof. Leonardo Seghetti
(Università di Teramo e Istituto Agrario di Ascoli) ha redatto il
disciplinare di produzione sul vino cotto, che è stato depositato ed
è ora al vaglio degli organismi competenti. Il
Comune di Loro Piceno, in collaborazione con la
Comunità Montana dei Monti Azzurri di San
Ginesio (MC), si sta impegnando anch'esso impegnando per
la valorizzazione del Vino Cotto come prodotto tradizionale tipico
locale.
Obiettivo principale è dare maggiore impulso a quanto già ottenuto
legislativamente. La Giunta Regionale, con
il decreto n.178 del 27.03.2000, ha, infatti, inserito il "Vino
Cotto" nell’elenco regionale dei prodotti tradizionali.
La millenaria storia del "Vino Cotto" del territorio Piceno è da
collegare ad uno dei primi metodi di trasformazione delle uve,
generate nell’area geografica che gli antichi Greci denominavano
Enotria (Italia, terra dei vini).
Già Plauto, nel 200 a.C., e poi
Plinio il Vecchio (I sec. a.C.)
menzionano il Vino Cotto, annoverandolo tra le più ricercate bevande
prodotte in Italia. Proprio Plinio ha indicato il metodo di
preparazione, secondo cui l’ebollizione del mosto deve rispettare un
preciso calendario lunare, una tecnica che si segue ancora oggi nel
territorio Piceno. L’area di produzione del Vino Cotto Piceno si
estende sulla parte collinare che va dal fiume Tronto al Potenza e
che fa parte delle province di Ascoli Piceno e Macerata.
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Iacopo Stigliano
Maestro Enogastronomo Sommelier AIES
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