16.06.2005 | Cultura e Tradizioni

La magia antica del Vino Cotto

I popoli mediterranei fin dal principio si erano resi conto che dal succo d'uva fermentato si otteneva un liquore di discreta gradazione in grado di dare forza, se bevuto con parsimonia, ma anche ebrezza. Fatto bollire, poi, diventava più stabile, più dolce e più forte ed era quanto di meglio per una prolungata conservazione.

Negli archivi del comune di Fermo si sono trovati cenni al vino di Faleria risalenti al XIII secolo dove si rintracciano le prime testimonianze dell'adozione anche in loco dell'antica tecnica del "vin cotto" che e' sopravvissuta fino ad oggi anche se limitata a piccole produzioni.

Dal latino “Carenum” (gli imperatori romani utilizzavano il vino cotto quale bevanda di fine pasto e già Plinio e Columella ne descrivevano dettagliatamente la preparazione per nulla diversa da quella ancora in uso) è un'antica e gustosa bevanda a base di mosto cotto parte integrante della cultura gastronomica marchigiana.

Il procedimento tradizionale per l'ottenimento di questo prodotto tipico prevede la bollitura, per circa 12-15 ore, in una grossa caldaia di rame o acciaio del mosto d'uva appena pigiato, ottenuto da uve raccolte tardivamente per avere una maggiore concentrazione degli zuccheri. Questa operazione è condotta a fuoco diretto fino all'evaporazione di un terzo o anche più del contenuto di acqua del mosto, fino ad ottenere un sentore di caramello. Dopo questa energica pastorizzazione e riduzione della massa, il mosto concentrato ottenuto viene posto, dopo essere stato raffreddato, per lungo tempo in caratelli di piccolo taglio per la fase di fermentazione. per il primo anno si utilizza il rovere, poi per i successivi, botti di quercia.

Il vino cotto si produce ancora esclusivamente a livello familiare in molte case contadine. Il vino cotto rappresenta un buon vino da dessert quando è ben prodotto ed accuratamente conservato, tanto da riuscire a mantenere quel giusto tenore zuccherino, che può consentire a questo prodotto di essere raffrontato al vino passito pur senza poterne raggiungere la qualità e la finezza.

Per un giusto equilibrio organolettico un vino cotto deve possedere le seguenti caratteristiche analitiche:

Grado alcolico 14 % vol.
Periodo di invecchiamento: circa 5 anni.
Vino dolce che si accompagna a dolci secchi come crostate, ciambelloni fatti in casa o biscotti, in alternativa può essere versato sulla frutta ad esempio le pesche come dessert. Può essere utilizzato inoltre nella preparazione di dolci o insaporire marmellate o addirittura essere utilizzato in cucina per preparare sfiziosi piatti di arrosto.

Nelle Marche il vino cotto, o ”lu vi cottu” è diffuso in tutto il Maceratese, e particolarmente conosciuto è quello della zona di Loro Piceno. Proprio in questo paese dell’entroterra marchigiano, famosa è la festa estiva del vino cotto, durante la quale lo si può degustare da solo, con dolcetti o con pezzettini di pesca. Nella cultura marchigiana il Vi Cotto è stato sempre visto come bevanda che tutte le famiglie avevano e conservavano con cura, e il suo uso non era solamente finalizzato ad essere servito come vino dolce ma il suo impiego si allarga a tutti i momenti della vita contadina. Innanzitutto era ed è considerato un forte energizzante date le sue caratteristiche zuccherine elevate.

La tradizione racconta che in passato, il vino cotto veniva bevuto dai contadini durante i lavori più faticosi nelle campagne, come quelli della mietitura, per recuperare forza ed energia. L’abitudine era quella di passarsi la cosiddetta "trufa", recipiente di coccio, che manteneva a lungo il vino fresco.

Veniva inoltre utilizzato come medicinale ad esempio un metodo tuttora molto efficace per il raffreddore e' quello di far bollire insieme a del Vino Cotto un paio di cucchiai di miele per poi essere bevuto caldo prima di andare a dormire. Ci sono altri casi assai particolari di utilizzo: ad esempio veniva somministrato del Vino Cotto a animali in gravidanza oppure in deboli condizioni, una vecchia usanza ora passata era quella di bagnare gli arti e le spalle del nascituro per irrobustirlo (sia se questo è un bambino o che sia un animale come ad esempio i vitelli per far si che abbiamo zampe forti da poter tirare gli aratri).

Una studio, promosso dalla Coldiretti di Ascoli Piceno ed effettuato dalla Facoltà di Agraria dell'Università di Teramo, ha di recente avvalorato la tradizione contadina, provando che il vino cotto ha proprietà antiossidanti, combatte i radicali liberi e aiuta a prevenire le malattie tumorali e cardiovascolari.

Il tutto allo scopo di salvare un prodotto tipico purtroppo a rischio di “estinzione”
.

Lo studio, realizzato dal gruppo del professor Dino Mastrocola, è stato pubblicato su un’autorevole rivista specializzata nordamericana.

Nella fase di cottura del mosto si provocano la caramellizzazione degli zuccheri e la cosiddetta ‘reazione di Maillard’ e danno al vino cotto un potere antiossidante due o tre volte superiore a quello del vino bianco. In questo modo si ‘catturano’ i radicali liberi, combattendo l’invecchiamento cellulare e prevenendo malattie come quelle cardiovascolari e tumorali.

Nonostante ciò, questo prodotto rischia di scomparire. Secondo le norme attuali, una bevanda prodotta attraverso il riscaldamento del mosto non può, infatti, essere considerata vino (unica eccezione alla regola, il marsala). E non può, dunque, essere commercializzata. Una prima inversione di tendenza è venuta con l’iscrizione nell’elenco dei prodotti tradizionali della Regione Marche. Ma resta il problema di come venderlo nel pieno rispetto delle regole.

E’ per questo che Coldiretti Ascoli, in collaborazione con Coldiretti Macerata e con le due Camere di Commercio provinciali, ha promosso la costituzione di un’associazione di produttori e la redazione di un disciplinare di produzione, per poi puntare alla Dop, Denominazione di origine protetta. Con la Dop si identifica la denominazione di un prodotto, la cui produzione, trasformazione ed elaborazione devono aver luogo in un’area geografica determinata e caratterizzata da una perizia riconosciuta e constatata. Il 20 aprile 2004 si era costituita a Loro Piceno (Mc) l’Associazione dei Produttori di Vicotto o Vicuotte, sostenuta dai principali enti locali, per la promozione del “Vino cotto del piceno”, dolce o secco. Dell’associazione fanno parte una ventina di produttori. La produzione di vino cotto è stimata intorno alle 100 mila bottiglie l’anno).

Il prof. Leonardo Seghetti (Università di Teramo e Istituto Agrario di Ascoli) ha redatto il disciplinare di produzione sul vino cotto, che è stato depositato ed è ora al vaglio degli organismi competenti. Il Comune di Loro Piceno, in collaborazione con la Comunità Montana dei Monti Azzurri di San Ginesio (MC), si sta impegnando anch'esso impegnando per la valorizzazione del Vino Cotto come prodotto tradizionale tipico locale.

Obiettivo principale è dare maggiore impulso a quanto già ottenuto legislativamente. La Giunta Regionale, con il decreto n.178 del 27.03.2000, ha, infatti, inserito il "Vino Cotto" nell’elenco regionale dei prodotti tradizionali. La millenaria storia del "Vino Cotto" del territorio Piceno è da collegare ad uno dei primi metodi di trasformazione delle uve, generate nell’area geografica che gli antichi Greci denominavano Enotria (Italia, terra dei vini).

Già Plauto, nel 200 a.C., e poi Plinio il Vecchio (I sec. a.C.) menzionano il Vino Cotto, annoverandolo tra le più ricercate bevande prodotte in Italia. Proprio Plinio ha indicato il metodo di preparazione, secondo cui l’ebollizione del mosto deve rispettare un preciso calendario lunare, una tecnica che si segue ancora oggi nel territorio Piceno. L’area di produzione del Vino Cotto Piceno si estende sulla parte collinare che va dal fiume Tronto al Potenza e che fa parte delle province di Ascoli Piceno e Macerata.

--
Iacopo Stigliano
Maestro Enogastronomo Sommelier AIES

jimmy_blues@excite.it

px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?