19.11.2001 | Prodotti Tipici

La rivincita del caciocavallo

Formaggi messi al bando per anni, ora conquistano i palati più raffinati.

ROMA - Strana storia quella del formaggio. Messo per lungo tempo dietro la lavagna dai guru delle diete, si trova adesso dall'altra parte della barricata, citato in bella calligrafia sulle lavagne dei wine bar alla moda come ultima tendenza del buon mangiare goloso. Sì, dopo un lungo esilio il cacio, in tutte le sue forme e manifestazioni, sale alla ribalta delle tavole gourmet. I consigli dei gastronomi più rafinati si saldano col buon senso popolare e contadino, quello che nel Triveneto proclama senza mezze tinte che "la boca non la se straca, se non la sa de vaca", come a dire che un buon pasto senza un boccone di formaggio appartiene al regno degli atti incompiuti.

I risultati della competizione conclusa ieri a Saint- Vincent - una fra le tante, in un crescendo di manifestazioni e promozioni - si concentrano sulle gioie dei prodotti a base di latte crudo, vale a dire sulle produzioni più rigorose nella ricerca dei sapori perduti. Non se ne abbiano a male certi grandi classici come il gongorzola, o la mozzarella, realizzati con altri tipi di lavorazioni. In un'epoca in cui si va per sensazioni estreme, oggi i consumatori vogliono ritrovare nel boccone di formaggio i profumi dell'erba e del pascolo. Per questo, anche con una punta di snobismo, ha prevalso nella competizione valdostana il caciocavallo podolico, un prodotto dal sapore spiccato dovuto al latte di una selezionatissima e rara razza di vacche che, brucando arbusti, regala inusitate sensazioni gustative. E lo stesso discorso vale per gli altri premiati, come l'Asiago, un formaggio che si fa importante e austero col passare degli anni, o il Puzzone di Moena, intenso - come vuole il nome - e riservato a palati già più introdotti nel regno delle delizie casearie. Per ritrovare morbidezze e profumi più femminei bisogna invece andare a un altro dei caci sul podio, la Robiola di Roccaverano, una delizia che sembra fatta apposta per iniziare anche i più diffidenti. Colpisce che, nel gotha dei premiati, non figuri quella che è un po' la vera e propria Rolls del settore, vale a dire il Bitto della Valtellina che, per rigoroso disciplinare, impiega solo selezionatissimo latte crudo del periodo estivo e che può invecchiare in grandezza anche dieci anni. Un boccone da Re, da abbinare a un grande vino rosso, dal potente Barolo, a un robusto Aglianico del Sud.

Nella crescita della moda casearia non va sottovalutato il discorso vino. Non per caso sono stati i wine bar, anche per ragioni di praticità, a scoprire che si poteva partire da mozzarella e champagne, per arrivare a gorgonzola e Sauternes, passando per pecorino e Chianti. Come a dire che il formaggio deve molta della sua fortuna a due fattori, il ritorno all'artigianalità e un'intrinseca vocazione al vino. Spiega Alberto Marcomini, il più grande guru italiano del formaggio: «Stiamo facendo grandi passi in avanti. Il latte crudo è il futuro della qualità. In Italia ci sono prodotti eccezionali, ma per sognare davvero bisogna ancora andare ai caprini francesi, o al Cantal dell'Auvergne, il massimo del buono fatto formaggio».

FONTE: IL MESSAGGERO

px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?