21.09.2005 | Cultura e Tradizioni

La storia del pomodoro

“La scoperta del pomodoro ha rappresentato, nella storia dell’alimentazione, quello che, per lo sviluppo della coscienza sociale, è stata la rivoluzione francese” (Luciano De Crescenzo). E’ così che lo scrittore napoletano Luciano De Crescenzo ha descritto l’arrivo di questo frutto sulle nostre tavole. Un prodotto ormai famoso a livello mondiale sia per il sapore che per le sue proprietà dietetiche, ma non tutti ne conoscono la storia...

La pianta è originaria del Cile e dell’Ecuador, dove per effetto del clima tropicale offre i suoi frutti tutto l’anno, mentre nelle nostre regioni ha un ciclo annuale limitato all’estate, se coltivata all’aperto. La coltivazione della pianta del pomodoro era diffusa già in epoca precolombiana in Messico e Perù, fu poi introdotta in Europa dagli Spagnoli nel XVI secolo, ma non come ortaggio commestibile, bensì come pianta ornamentale, ritenuta addirittura velenosa per il suo alto contenuto di solanina, sostanza considerata a quell’epoca dannosa per l’uomo.

Infatti, nel 1544 l’erborista italiano Pietro Andrea Mattioli classificò la pianta del pomodoro fra le specie velenose, anche se ammise di aver sentito voci secondo le quali in alcune regioni il suo frutto veniva mangiato fritto nell'olio. Gli stessi indigeni del Perù, i primi coltivatori del pomodoro, non mangiavano i frutti della pianta, usata invece a solo scopo ornamentale e come tale fu conosciuta dagli Europei: nel 1640 la nobiltà di Tolone regalò al cardinale Richelieu, come atto di ossequio, quattro piante di pomodoro, e sempre in Francia era usanza per gli uomini offrire piantine di pomodoro alle dame, come atto d’amor gentile.

Così la coltivazione del rosso pomo, come pianta ornamentale, dalla Spagna, forse attraverso il Marocco, si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo, trovando il clima adatto per il suo sviluppo soprattutto in Italia nella regione dell’agro nocerino-sarnese tra Napoli e Salerno. Soltanto alla fine del 700 la sua coltivazione a scopo alimentare conobbe un forte impulso in Europa, principalmente in Francia e nell’Italia meridionale.

Ma mentre in Francia veniva consumato soltanto alla corte dei re, a Napoli si diffuse rapidamente tra la popolazione, storicamente oppressa dai morsi della fame. Ed è proprio nel capoluogo campano che nacque la ricetta a base di pomodoro più diffusa tra i napoletani, un “must” della domenica per moltissime famiglie: il ragù. Attualmente si usa chiamare ragù un sugo di pomodoro nel quale si è cotta della carne. La pentola in cui si dovrebbe cuocere è un tegame di creta largo e basso, e per rimestarlo occorre la cucchiarella di legno.

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di Rossella Barillari
FONTE: Campaniasuweb.it

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