Sotto vi riporto
quanto scritto da un collega giornalista su questa
pagina di kataweb
La verità dietro il
silenzio
di Luigi Carletti
All’inizio di quest’anno una donna ha aperto un blog su
Kataweb per chiedere la verità sulla morte del figlio. Era il 2
gennaio, ed è probabile che il Natale da poco trascorso, il primo
senza il suo ragazzo di appena diciotto anni, l’abbia aiutata a
rompere l’ultimo, residuo, doloroso, diaframma di riservatezza.
Federico Aldrovandi era morto a Ferrara nella notte di quasi quattro
mesi prima, il 25 settembre, mentre alcuni agenti di polizia stavano
procedendo a fermarlo. Pare che, in stato di alterazione, stesse
facendo confusione per strada e che gente del quartiere si fosse
lamentata. Affermare che sia morto in circostanze “poco chiare” è
dire tutto e dire niente, e infatti la famiglia, da subito, aveva
chiesto di sapere come si erano svolti esattamente i fatti.
Sulla vicenda era invece calato il
silenzio.
Quattro mesi. Per quattro mesi una madre che ha potuto rivedere il
figlio in una bara, sfigurato da qualcosa che non capisce, ha
chiesto di sapere, di conoscere, di essere avvicinata alla Verità.
Per quattro mesi, quella donna, ha trovato porte chiuse,
disinteresse, dinieghi e rifiuti, omertà. Quell’omertà che chi è
nato e cresciuto in provincia, chi ha fatto i conti con i meccanismi
e le sue dinamiche, conosce bene e sa che può far male. Male alle
persone e male all’idea di civile convivenza che – si presume –
dovrebbe risiedere nel profondo di ciascuno di noi.
Quando abbiamo letto i primi post del blog della signora Patrizia
Moretti, madre di Federico, abbiamo deciso di portarlo in evidenza
sulla home-page del portale. Lo abbiamo fatto perché ritenevamo, e
riteniamo ancor più oggi, che il compito di noi giornalisti sia
quello di favorire la conoscenza e non di occultarla, o
mimetizzarla, o banalizzarla, magari per timore di chissà quale
polverone o, peggio, per compiacere una qualsiasi autorità.
Lo abbiamo fatto anche perché nell’invocazione di Patrizia c’era il
grido più antico e riconoscibile del mondo: quello di una madre che
– senza accusare nessuno – chiede di sapere. Chiede che se ci sono
responsabilità vengano chiarite. Chiede, in definitiva, di poter
piangere il proprio ragazzo senza dovere, allo stesso tempo, odiare
nessuno.
Noi riteniamo che la famiglia, e i parenti, e gli amici, e tutti
quelli che avevano conosciuto e voluto bene a Federico, conservino
nel fondo del loro cuore una speranza: la speranza che davvero si
sia trattato di una maledetta disgrazia, e che davvero nessuno abbia
colpito, o peggio ancora infierito, sul suo corpo di ragazzone pieno
di vita. Ma riteniamo anche che non è mettendo la sordina ai fatti,
o chiudendo la porta alle domande, che si aiuta la crescita civile
di una comunità.
E’ davvero questa l’Italia in cui vogliamo
vivere? E’ questo il Paese che stiamo costruendo per le
generazioni future? Un Paese in cui un ragazzo può morire tra agenti
di polizia e nessuno – nessuno – che per mesi si muova per dare
risposte, per chiarire una vicenda che definire preoccupante è dire
poco?
Chiunque di noi guardi la foto di Federico, e pensi a ciò che
potrebbe essergli accaduto, non può non pensare al proprio figlio, o
al fratello minore, o a qualcuno della stessa età, con le stesse
fragilità e le medesime incertezze. Chiunque di noi ascolti le
testimonianze dei suoi amici, ragazzi dalla faccia pulita, che senza
alcun eccesso chiedono solo di sapere, come può voltarsi dall’altra
parte e dire semplicisticamente: ascoltiamo le fonti ufficiali?
Noi siamo ancora tra quelli che quando vedono un agente di polizia
pensano a qualcuno che lavora al servizio della comunità. Siamo tra
quelli che si commuovono per un poliziotto che si frappone tra il
cittadino e qualsiasi pericolo, ma siamo anche tra quelli che –
proprio perché non fanno di ogni erba un fascio – chiedono che chi
mette in atto comportamenti illeciti, venga perseguito.
Nell’interesse di tutti, incluse le nostre forze dell’ordine.
Non sappiamo che cosa è accaduto quella notte del 25 settembre. Un
ragazzo è morto. Una madre chiede di conoscere la Verità. E la
constatazione che tutto questo sia emerso solo quattro mesi dopo la
tragedia, e solo grazie al suo grido sulla Rete, attraverso Kataweb,
non ci dà alcuna soddisfazione. Ci riempie di tristezza e di
angoscia per il futuro di questo Paese. “
Per accedere al blog della madre del ragazzo ciccate al link:
Federico Aldrovandi
Grazie cari amici lettori per la vostra attenzione e sensibilità,
affinché queste cose non debbano mai piu’ succedere a nessuno dei
nostri figli.
Roberto Gatti
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