18.12.2002 | Cultura e Tradizioni

Natale all'italiana, con il panettone

Ingrediente per molti irrinunciabile della formula «Natale all'italiana», il panettone è uno dei più tipici dolci nostrani. Un dolce rustico – nato dalla cucina povera, che ha alle spalle una lunga storia, strettamente intrecciata alla leggenda e unita a quella del pane, alimento da sempre carico di valori simbolici.

Lodovico Antonio Muratori, storico e letterato del ‘600, riferisce che già intorno al 1000 c’era, in Lombardia, un’usanza rigorosamente rispettata: prima del grande pranzo natalizio il capofamiglia, ripetendo i gesti di un antico rito pagano, versava sul ceppo acceso vino e bacche di ginepro e poi divideva tra i familiari riuniti attorno al grande tavolo un grosso pane, segno dei vincoli esistenti fra loro. Era, in versione più “domestica”, un richiamo ai sacrifici seguiti dai banchetti. E il grosso pane, o “pangrande”, veniva in questa occasione preparato con cure particolari, per poi comparire in tavola più come simbolo che come cibo.

Lo stesso avviene, da secoli, per il panettone. Il suo antenato – una sorta di morbida e profumata focaccia, larga e schiacciata – nel Medio Evo veniva regalato dai fornai ai clienti più affezionati, in vista delle festività di fine anno così cariche (ancora oggi) di forti richiami ai riti familiari. E il panettone è rimasto una specialità dei fornai e delle “offellerie" (da “offella” = focaccia) del nostro Paese fino all’inizio del 900, quando qualcuno ebbe la felice intuizione di cominciare ad esportarlo. Cosa che si continua a fare, con grande successo, perché l’industria dolciaria italiana ha fatto conoscere il panettone in tutto il mondo, nel frattempo trasformandolo da protagonista del “bianco Natale” in prodotto buono in ogni stagione dell’anno e da mangiare in qualsiasi occasione.

Su quello che un tempo non troppo lontano era esclusivamente un ospite tradizionale delle mense imbandite per le festività di fine anno sono fiorite, nel corso degli anni, numerose leggende. E’ molto probabile che il suo nome sia nato, semplicemente, come accrescitivo di “panett” (cioè pagnotta) per indicare un pane più grosso del solito. Secondo alcuni, però, deriverebbe invece da “pan ad Toni”, dal nome del ragazzo che l’avrebbe ideato, intorno al 1400, alla corte di Ludovico Sforza detto il Moro. Un altro mito, più romantico, attribuisce l’idea di arricchire il pane di tutti i giorni (con uva sultanina, burro, canditi, tuorlo d’uovo e zucchero) al nobile Ughetto degli Atellani. Nel 1490, innamoratosi della bella fornaia Algisa, per starle vicino si finse garzone e si fece assumere presso lo stesso forno, dove per conquistarne il cuore inventò il panettone.
Fin dalle sue lontane origini medievali, il cammino del panettone è sempre proseguito nel solco della tradizione: se «fatto scrupolosamente colla antica ricetta ambrosiana» prevede l’impiego di «burro naturale di panna, uova fresche, fior di farina, cedro candito, uva sultanina, zucchero biondo». Ed è, ovviamente, «senza surrogati e senza essenze».

Soltanto in tempi abbastanza recenti questo percorso lineare ha subito qualche variante, indirizzata ai più ghiotti che, lasciando libero corso alla loro fantasia, già avevano cominciato a ricoprirne la cupola con cioccolato o riempirne il cuore con creme, zabaione, panna montata, mascarpone, liquori o altro ancora. Di queste iniziative poco ortodosse si è poi fatta carico l’industria, che – mantenendone intatta la forma – ha iniziato a preparare il panettone anche in versioni “rivedute e corrette”. Varianti certo più golose, ma lontane dalla sapiente semplicità antica, che comunque non hanno scalfito la supremazia dei tipi tradizionali privi di arricchimenti vari e costosi. Infatti, questi restano i preferiti: il tentativo di convertire il panettone in qualcosa di più “raffinato” non sembra, almeno per ora, sostanzialmente riuscito.
Qualcosa, e con maggior successo, è cambiato pure nel campo delle confezioni. Oggi si presentano assai più fantasiose, e in commercio non si trovano più soltanto il classico astuccio cartonato o l’economica (anzi, quasi spartana) busta di cellophane. Nelle luminose vetrine allestite per il periodo estivo c’è anche un’ampia gamma di carte stampate, contenitori in plastica metallizzata, raffinate scatole-regalo di latta (spesso, oltre al panettone, ospitano anche pasticcini e bottiglie di spumante) che, con motivi e colori indovinati, possono ancora rievocare atmosfere suggestive.

E dal punto di vista nutrizionale, che dire del panettone? Non tenendo conto di eventuali aggiunte dovute al proprio gusto personale, il panettone tradizionale ha queste caratteristiche: presenza del 26.9% di acqua, 6.4% di proteine, 10.4% di lipidi (cioè grassi), 53.1% di glicidi (cioè zuccheri). È dotato, quindi, di un notevole potere calorico: 100 grammi forniscono, secondo le tabelle dell’Istituto Nazionale della nutrizione, ben 334 calorie. Il che, in certi casi, ne rende sconsigliabile il consumo.

Articolo Pubblicato su "Cibus", n° 8/1987

px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?