La parola d´ordine è diventata qualità : gli intenditori bevono meno, ma esigono il meglio. Il campo si «specializza», la tradizione sposa la scienza.
CASTELLETTO D'AORBA(AL). «Saremo presenti con uno stand e con un convegno dedicato alla tracciabilità del prodotto ed al marketing del settore vitivinicolo, perché la Coldiretti in questo appuntamento ha sempre creduto». E' Bruno Tacchino, presidente della zona di Ovada, nonché presidente di sezione di Castelletto d'Orba, a dichiarare la soddisfazione dell'organizzazione agricola da lui rappresentata per la realizzazione, anche per il 2002, della Rassegna dei Vini dell'Alto Monferrato, vetrina che, anno dopo anno, continua a proporre le diverse tipologie produttive di una delle zone più vocate alla vitivinicoltura. L'incontro organizzato dalla Coldiretti si terrà lunedì, alle 15.30, presso l'impianto polisportivo di Castelletto d'Orba, sede anche della rassegna, e vedrà la partecipazione di esperti del settore. «Negli ultimi dieci anni - è ancora Tacchino a parlare - per i produttori vitivinicoli è cambiato praticamente tutto. E' cambiato l'aspetto strutturale in cantina ed è cambiato, radicalmente, l'approccio con la vigna e con le metodologie di produzione. Anche per i viticoltori si è registrata la trasformazione in manager, esperti di gestione dell'impresa, di marketing e, non ultimo, di comunicazione». La parola d'ordine è diventata «qualità», da perseguire attraverso pratiche colturali e produttive che, solo fino a pochi anni fa, potevano essere considerate rischiose o addirittura blasfeme. «Pensate - conferma il presidente di zona - alla pratica del diradamento dei grappoli: anni fa i vignaioli avrebbero preferito dare il proprio sangue piuttosto che sacrificare quei grappoli. Oggi, questo metodo si sta affermando un po' ovunque, trovando sempre più ristrette sacche di resistenza». Questa evoluzione richiede precise esigenze di formazione e di aggiornamento professionale per poter affrontare il mercato con la necessaria preparazione. Nel corso degli ultimi dieci anni si è vissuta una fase di contrazione dell'aspetto quantitativo, seguito da una modifica qualitativa della domanda. La conferma viene dagli stessi produttori: «E' vero, si beve forse meno ma si vuole bere un vino di qualità, anche perché il vino non viene più solamente considerato come un alimento ma come un bene voluttuario, lo si beve per piacere - assicura Bruno Tacchino - e allora, come diceva una pubblicità famosa, `´se non è buono che piacere è´´». Di conseguenza, è cambiato anche il vino-tipo: si è passati dal bianco frizzante e fresco di fine secolo alla corposità di rossi, magari a lungo invecchiati. «Per tutti questi motivi - dice il nostro interlocutore - si è reso necessario crescere e questa crescita è destinata a proseguire ancora. Occorre capire dove va il mercato, per riconsiderare le strategie messe in atto dalla propria azienda; occorre, in molti casi, riconvertire le produzioni per adeguarle alle richieste del mercato stesso; occorre darsi una nuova veste manageriale, perché il concorrente non è più il vicino di casa ma quello che opera dall'altra parte del mondo.» Altro grande tema discusso nel convegno castellettese sarà quello della tracciabilità dei prodotti. La tracciabilità ricopre un ruolo primario nei confronti della sicurezza alimentare e può diventare la chiave di volta per la valorizzazione dei prodotti e delle aziende. Ci spiega ancora Bruno Tacchino: «La tracciabilità riguarda ogni singolo attore della filiera: dal produttore di uva al produttore di vino all'imbottigliatore. A livello del vigneto occorre descrivere catastalmente gli appezzamenti di terreno e raccogliere tutte le informazioni del processo produttivo: impianto, concimazioni, trattamenti antiparassitari, lavorazioni manuali e meccaniche, vendemmia. Con l'arrivo dell'uva in cantina si conclude una fase ed esce di scena un attore della filiera, cioè il viticoltore, ed entra in azione il trasformatore, ossia il cantiniere. Senza tracciabilità questa figura è costretta ad accollarsi anche le responsabilità del viticoltore. Grazie al nostro prodotto, invece, l'uva giunge in cantina con tutta la sua storia documentata: l'analisi di queste informazioni permettono al cantiniere di operare in tutta sicurezza. Il vino prodotto sarà quindi venduto sfuso oppure imbottigliato. Nel primo caso verrà acquistato da un imbottigliatore, nel secondo dal distributore e/o dal dettagliante. I rischi maggiori riguardano il vino venduto sfuso. Per ottenere le garanzie necessarie di responsabilità, oltre ai documenti di trasporto, il vino deve essere accompagnato da certificati di analisi, da report che documentano i trattamenti fisico-chimici subiti e dall'identificazione dei produttori dell'uva da cui il vino è derivato. Nel caso del vino imbottigliato i rischi sono inferiori per chi acquista, rispetto al vino venduto sfuso, ma maggiori per chi vende, in quanto il nome del produttore del vino compare in etichetta. È evidente che a questo livello occorre creare un sistema di tracciabilità che consenta al produttore di vino imbottigliato di conoscere il destino del proprio prodotto. Il quadro, che progressivamente si viene a comporre, consente maggiori garanzie per il consumatore in quanto i vari attori della filiera sono tutti responsabilizzati perché facilmente rintracciabili». Il mondo dei campi prosegue nel suo iter di ammodernamento e lo fa con una rapidità inusuale per quelle che sono le caratteristiche tipiche del settore: oggi, però, bisogna correre, per non perdere le opportunità. Non resta che brindare al successo della nostra enologia. Interviene un'ultima volta Bruno Tacchino: «Rigorosamente con Dolcetto di Ovada!»