17.09.2009 | Vino e dintorni Inserisci una news

Tour dei crus del vino Barbaresco

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Affascinante avventura tra i vigneti che hanno reso grande questo vino nel Mondo

Il tour dei “crus” del Barbaresco è sicuramente un’avventura che ogni appassionato di vino, così come il semplice amante di scenari suggestivi ed emozionanti, deve annoverare nel suo bagaglio di esperienze. Il “maestro” Veronelli amava infatti annunciare il suo arrivo nelle Langhe con un significativo “Vengo a camminare le vigne”, il luogo universalmente riconosciuto dove si fa veramente il vino, tanta è la cura e l’amore che i viticultori dedicano a questi terreni e territori.

In occasione della manifestazione “Piacere, Barbaresco”, che si è svolta dal 4 al 7 settembre, l’Enoteca Regionale del Barbaresco ha proposto questa visita guidata ai vigneti di Nebbiolo vocati per la produzione di questo vino unico al mondo, conducendo i visitatori parte in pulmino e parte a piedi praticamente in mezzo a questi vigneti, permettendo di assaporare tutto il fascino e l’atmosfera dei territori nei comuni di Treiso, Barbaresco, Alba e Neive. La piena riuscita dell’iniziativa ha fatto si che l’Enoteca del Barbaresco stia già studiando una versione completamente podistica e un’altra invece ciclistica di questo “viaggio”.

Il tour è stato saggiamente suddiviso in quattro tappe dal presidente dell’Enoteca, Giancarlo Montaldo, grande conoscitore della zona, coadiuvato in qualità di interprete per i numerosi stranieri partecipanti da Marta Mancini delle Colline di Qualità di Alba, mentre ad ogni sosta un enologo o un viticultore della zona spiegava posizione, caratteristiche, aneddoti dei vari crus.

Il disciplinare del Barbaresco delimita in 72 il numero delle Menzioni Geografiche Tipiche, definizione italiana del concetto francese di “cru”; attualmente quelli riportati in etichetta da almeno un produttore sono solo 66, sebbene i restanti 6 potrebbero essere utilizzati da un viticulture semplicemente previa richiesta alla Camera di Commercio. Sempre in etichetta è possibile aggiungere anche la menzione particolareggiata di “vigna”, a condizione che il vigneto abbia un’età d'impianto di almeno sette anni.

Il paese di Barbaresco ne raggruppa il numero maggiore, ben 27, seguito da Neive con 21, Treiso con 20 e infine San Rocco Seno d’Elvio con un solo “cru”, mentre 3 risultano in comune ad almeno un paio di località.

Treiso, con i suoi 350 metri sul livello del mare, detiene la maggior altitudine media dei vigneti del Barbaresco, con una punta a ben 420 metri. Il terreno sostanzialmente è abbastanza omogeneo e risale al periodo Tortoniano, datato circa una decina di milioni di anni, con un variare di zone calcaree più delicate e ricche di sabbia come a Treiso rispetto a quelle più compatte e argillose di Barbaresco. Singolare la dislocazione dei suoi cinque crinali più importanti, disposti a “palmo di mano”, che ci vengono spiegati da Davide Viglino, titolare dell’azienda Vigin, nella prima zona di sosta, poco distante dal centro dell’abitato, a ridosso del “cru” Giacosa: in senso antiorario confinanti con Neviglie, si inizia con  Sant’Alessandro, Bungioan, San Stunet e Castellizzano; con Neive confina Ferrere, mentre con Barbaresco troviamo i più noti Marcarino, Pajorè e Rombone; con San Rocco Seno d’Elvio la fa da padrone l’intera collina di Rizzi, di proprietà dell’omonima azienda, Nervo, Bernardot, Giacone, Montersino, fino all’estremo sud di Meruzzano. Nel pieno centro del territorio danno lustro ai vini di Treiso i vigneti Giacosa, Bricco, Casot, Ausario e Valeriano.

San Rocco Seno d’Elvio, frazione di Alba che prende il nome da Elvio,  l’imperatore romano Publio Elvio Pertinace nato qui e che governò a Roma nel 193 dopo Cristo, fino al 1952 formava un unico comune con Treiso e Barbaresco. La zona riconosciuta dal disciplinare, racchiusa tra i corsi d’acqua Rio Rocche e Rio Massalupo e l’omonimo torrente Seno d’Elvio, ci rivela Vittorio Adriano, titolare dell’azienda Adriano Marco & Vittorio, risente dell’influenza del vento proveniente dal mare, distante appena una cinquantina di chilometri in linea d’aria. L’unico “cru” proprio di questa frazione è Rocche Massalupo, poiché Meruzzano, Montesino e Rizzi sono in comune con Treiso.

Degna di attenzione e visita in questo territorio sono le “Rocche dei Sette Fratelli”,uno dei più spettacolari fenomeni di erosione provocato dall’acqua delle Langhe, che la leggenda narra che sia stato causato dalle continue imprecazioni e bestemmie di una famiglia composta appunto da sette fratelli, mentre loro unica sorella invano li implorava di smetterla, finché un giorno vennero colpiti dall’ira divina che li fece sprofondare in gore profonde e voragini spalancatesi attorno alla loro casa, con l’eccezione della stanza della ragazza, posta alla sommità di questo calanco.

A Barbaresco, a metà della strada che da sud a nord attraversa in discesa il cru Rio Sordo, nome derivante dall’omonimo rio a fondovalle, ci accoglie Marco Dotta, enologo dell’azienda Marchesi di Gresy, situata proprio di fronte in mezzo a uno dei più prestigiosi “cru” del comune di Barbaresco, interamente di proprietà dell'azienda: Martinenga. All’interno di questa zona, di circa 12 ettari, figurano anche le menzioni aggiuntive di “vigna” Gajun e Camp Gros, che possono essere riportate in etichetta a condizione che in questi vigneti la resa dell’uva Nebbiolo sia inferiore del 10% rispetto a quanto sancito dal disciplinare di produzione del vino Barbaresco. Da questa posizione sul crinale tra Rio Sordo e Tre Stelle, guardando in direzione del fiume Tanaro, alla destra risiedono i “cru” più blasonati di questa zona, vale a dire Pora, Asili e Rabaja, entrambi confinanti con Martinenga e quest’ultimo anche con Neive con il punto di altitudine più elevata di vigneto di questo comune, il Bricco Rabaja, che si avvicina ai 400 metri. Più avanti si scorgono Montestefano, Montefino e Ovello, uno dei più estesi. Più all’interno invece le zone di minor dimensione Cole e Pajè, mentre alla sinistra invece si identificano i vigneti dei “cru” Nicolini, Roncaglie, Roncagliette e Roccalini.

Durante la sosta nei filari, l’enologo Dotta ha spigato la facilità di riconoscere all’interno di un territorio vitato le vigne di Nebbiolo, in quanto hanno una spalliera molto alta a causa della maggior distanza tra gli internodi, ovvero il punto in un tralcio di vite da cui spuntano i rami fruttiferi e le foglie. Quest’anno tra l’altro, a causa del grande soleggiamento avuto in agosto, tutti i vigneti risultano ancora carichi di foglie per riparare i grappoli dai torridi raggi di sole; si procederà una rapida sfogliatura non appena arriveranno le prime piogge per permettere una rapida asciugatura delle uve con il vento ed evitare fenomeni di marciume molto pericolosi in vinificazione.

Giancarlo Montaldo sottolinea la folta presenza in testa ai filari dei vigneti di Barbaresco di una pianta di rosa, utilizzata come “segnale d’allarme” dell’arrivo dell’oidio, fungo parassita che colpisce le foglie, i germogli e i frutti della vite alla pari della pianta della rosa, e che viene combattuto tradizionalmente con trattamenti a base di zolfo in polvere. Barbaresco ha creduto molto in questo genere di allarme e difesa al punto di sperimentarne una specie “Doc”, battezzarla “Rosa Barbaresco e distribuirne ben 1600 esemplari ai viticultori.

Nell’ultima tappa di Neive, il territorio più esteso tra i quattro comuni del Barbaresco, ci attende Fabrizio Francone, titolare dell’azienda Antichi Poderi dei Gallina, posta proprio a ridosso dell’omonimo cru Gallina, che con il suo terreno pressoché calcareo regala ai vini che nascono da questi vigneti poco colore ma dotati di un profumo fresco, floreale con sentori di canditi, in gran parte di proprietà del famoso “Parroco di Neive”, storica etichetta pressoché scomparsa dopo la morte del prelato ed ora concessi in affitto all’azienda Oddero, storica “firma” di Barolo. L’intero centro abitato di Neive, che è stato annoverato tra i “Borghi più belli d’Italia”, è circondato da “crus”: in senso orario, confinanti con Barbaresco, si individuano Basarin, Cottà, Gaia Principe, lo stesso Gallina e Albesani, mentre poco sotto l’abitato si trovano Fausoni, Marcorino e San Cristoforo, il cru più alto con i suoi 370 metri di altitudine massima. Lo sguardo prosegue verso Bordini e Serragrilli, che proseguono nelle vaste aree di Balluri, Starderi e Serracapelli. Scendendo a Borgonuovo di Neive, alla destra della statale in direzione Asti, si scorgono le altre famose e prestigiose zone di Rivetti, Canova, Bricco, Serraboella e Bric Micca, prima di risalire la china, ancora provata qua e là dalle frane e smottamenti del piovoso autunno scorso, e mettere la parola fine a questa preziosa esperienza.

 

Luciano Pavesio

Foto di Enzo Trento

 

Foto:

1. In primo piano Giancarlo Montaldo, con la cartina della morfologia del terreno del territorio dei “crus” di Barbaresco, con alla destra Marta Mancini, “traduttrice” per il gruppo di visitatori stranieri partecipanti al Tour.

2. La perfetta disposizione “geometrica” del cru Giacosa a Treiso nel versante verso il comune di Barbaresco

3. Il produttore Vittorio Adriano impegnato a illustrare esposizione e caratteristiche dei “crus” del comune di San Rocco Seno d’Elvio

4. Vigneti del cru Rocche Massalupo a San Rocco Seno d’Elvio, mentre nello sfondo si intravedono le “Rocche dei Sette Fratelli”

5. Particolare delle “Rocche dei Sette Fratelli”: i vigneti del cru Rocche Massalupo arrivano fino a un centinaio di metri dal calanco

6. Vigneti del cru Rizzi; nello sfondo la collina sede dell’azienda Cascina Rizzi nel comune di Treiso

7. Marco Dotta, enologo dell’azienda Marchesi di Gresy, con alle spalle i vigneti del cru Rio Sordo a Barbaresco; alla sua destra si nota l’azienda situata nel centro del cru Martinenga (di esclusiva proprietà), circondata in senso orario dai cru Pora, Asili e Rabaja, tutti nel comune di Barbaresco.

8. Particolare vigneto all’interno del cru Tre Stelle a Barbaresco piantato in maniera asimmetrica rispetto al versante (dall’alto verso il basso) per cercare una migliore esposizione e nel tentativo di fronteggiare eventuali sfaldamenti del terreno. Si nota anche un reimpianto "a ritocchino" mirato delle piante che sono state estirpate poiché colpite da malattie, utilizzato al posto del più usuale rifacimento dell’intero vigneto.

9. Un particolare della “Rosa Barbaresco” che è stata piantata pressoché ad ogni inizio dei filari

10. Particolare del cru Gallina a Neive; sullo sfondo, sotto la torre di Barbaresco, si estendono, da sinistra, i cru Montestefano, Montefico e Ovello

11. Visione dei “crus” Starderi e Bordini a Neive: si noti che il fondovalle è esclusivamente coltivato a nocciole o mais, essendo l’esposizione e il clima sfavorevole alla coltivazione della vite

12. Al termine del Tour, si prendono ancora gli ultimi appunti e si cerca di soddisfare le ultime curiosità carpendo notizie e aneddoti dagli organizzatori e dai produttori al cospetto di uno scenario magnifico.

 

 


Tag: Barbaresco, alba, Treiso, Neive, Piacere, Montaldo, Trento, Mancini, Gresy, Vigin, Adriano, Francone


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