17.09.2002 | Vino e dintorni

Prezzi dei vigneti, Oltrepo cenerentola

CASTEGGIO. L'oro nei vigneti? Sarà vero in Franciacorta, dove un ettaro di terreno coltivato a vite costa 130mila euro (circa 260 milioni di vecchie lire) o nella zona del Barolo-Barbaresco, dove la quotazione di mercato tocca i 220 mila euro. Molto meno in Oltrepo: qui un ettaro si vende, in media, a 30mila euro...

Un'inezia, rispetto ai 330-400mila necessari per acquistare un vigneto doc nelle campagne a Nord di Trento. Il mercato fondario locale è uno dei più fiacchi e meno redditizi dell'intera Italia.
Solo in Puglia e in Sardegna si trovano appezzamenti in vendita a prezzi più bassi. Ancora qualche dato (evidenziato anche nella tabella a fianco), per inquadrare meglio la questione: in Trentino, la quotazione media si aggira sui 300mila euro, ma si è arrivati a pagarne 600mila; in Toscana, il vigneto più caro è quello docg del Brunello di Montalcino: 220mila euro a ettaro, contro i 160mila del Bolgheri e i 130mila del Chianti classico; in Veneto, ci vogliono 230mila euro per un ettaro doc del Trevigiano e 55mila per la zona dei Colli orientali. Ma anche nell'Italia centrale e meridionale ci sono quotazioni superiori a quelli dell'Oltrepo: basti pensare ai 55mila euro dei Castelli Romani, ai 47mila del Rosso Conero marchigiano e ai 48mila di un vigneto doc siciliano.
Ma perchè questo record alla rovescia per l'Oltrepo? Michele Rossetti, presidente della Coprovi, traccia un'analisi piuttosto impietosa: «I nostri terreni valgono poco o comunque meno di altre zone vocate? E' un dato di fatto e viene spontaneo spiegarlo con il basso costo delle uve. Il problema è che qui si continua a fare una produzione di quantità e si continua ad essere subalterni ad altri prodotti. Lo spumante dell'Oltrepo, tanto per capire, fa da base ad altri spumanti e la stessa cosa vale per altri tipi di vino». L'Oltrepo non è appetibile? «C'è da chiedersi - insiste Rossetti - perchè i grandi imprenditori hanno investito ovunque in Italia, tranne che da noi. Evidentemente è perchè non vedono un futuro immediato per la vitivinicoltura dell'Oltrepo». A frenarli, sottolinea il presidente della Coprovi, è anche «l'eccessiva parcellizzazione delle proprietà». Rossetti fa un altro esempio: «Se un grande imprenditore ha bisogno di una produzione di dieci milioni di bottiglie per dare l'assalto al mercato americano, in Oltrepo la può trovare ma frazionata fra decine di aziende. E allora preferisce comprare altrove, dove le dimensioni delle proprietà sono maggiori». Concorda con questa tesi l'enologo Mario Maffi: «In effetti, l'eccessivo frazionamento inibisce i potenziali investitori. Poi c'è il problema del prezzo più basso del prodotto in bottiglia». Terreni "svalutati": «Media del valore dei terreni in effetti è fra le più basse in Italia, specie nell'Oltrepo occidentale - annuisce Maffi - ma con qualche eccezione nella zona di Rovescala». Contromisure? «La soluzione si otterrà se l'Oltrepo riuscirà a proporsi in modo più massiccio e importante sul mercato - spiega Maffi - io sono fiducioso, perchè alcune aziende hanno recepito il discorso. La scommessa è che entro pochi anni si vada all'accorpamento dei terreni e quindi ad un aumento del valore degli stessi».
Meno ottimista Rossetti: «Seguo il dibattito fra addetti ai lavori e non mi sembra che si facciano grandi passi avanti. Avanti così e continueremo ad avere 65 doc, e una produzione non qualificata. Il rammarico è grande, è stato perso tantissimo tempo anche se spero che non sia troppo tardi. Ma i progetti imprenditoriali per l'Oltrepo non sono chiari e ci si affida ancora ad una politica di sopravvivenza molto rischiosa».

FONTE: LA PROVINCIA PAVESE

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