09.01.2016 | Cultura e Tradizioni Inserisci una news

La Pergola Pugliese può dare qualità?

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Excursus e riflessioni sulla nostra tecnica produttiva

Il seguente post è parecchio lungo e me ne scuso. Ma ci tengo ad affrontare questo discorso. Penso che parecchi denigrino la forma di allevamento delle mie piante: la Pergola Pugliese.
La mia azienda conta circa 7 ettari vitati "tendone". Questa forma di allevamento è rimasta dai tempi in cui questi terreni erano dedicati, come qui si usa, alla produzione di quantità.
Infatti la mia zona è "progettata" per la produzione di mosto muto, che viene puntualmente portato nel nord Italia per essere successivamente trasformato.
E' incredibile come si riescano a produrre anche 600 e più quintali a ettaro a discapito della qualità.
Diversamente da quanto possa sembrare, maturando esperienza in campo, mi sono resa conto che oltre ad avere qualche vantaggio, una buona gestione del tendone permette di ottenere uva che poco ha da invidiare alle altre forme d'impianto tanto osannate.
La prima cosa che ho osservato è l'enorme risparmio idrico. Dovete sapere che Cerignola è uno dei più ventosi paesi d'Italia e da me ogni pomeriggio inizia a tirare una consistente brezza di mare (che dista da qui circa 33km a nord). Il vento, sommato alla calura estiva è deleterio per le piante: riduce in modo drastico l'impercettibile strato umido che si forma in prossimità della pagina fogliare creando a breve stress idrico. La struttura propria del tendone protegge dal vento man mano ci si addentra e il risultato è che per tutta l'estate non ho praticamente bisogno di irrigare, nonostante la siccità. Anche l'ombreggiatura stessa che il tendone esercita sul suolo influisce negativamente sull'evaporazione dell'acqua dal suolo mantenendo un microclima favorevole e proteggendo i grappoli dalle scottature che danno sapore di "cotto". Ovviamente tutti questi pro si mutano in contro nelle annate piovose. In questo caso ci si rimbocca le maniche e si effettua una consistente potatura verde e defogliazione.
Altro vantaggio da non trascurare è la drastica riduzione della deriva dei trattamenti. Infatti la fitta struttura dei tralci delle viti nel tendone limita la dispersione durante le pompature, permettendo di usare meno prodotto.
A sentire la parola "trattamenti" o "pompatura" può darsi che molti di voi si siano agghiacciati. Avendo toccato un tasto dolente ci tengo ad aprire una parentesi. La mia azienda non è certificata BIO, ma ci stiamo lavorando per ottenere la certificazione. Ogni prodotto da noi impiegato è accettato nei disciplinari del biologico, puntiamo molto sullo zolfo e ci appassioniamo a fare trattamenti sperimentali usando ad esempio acqua e bicarbonato o acqua ozonata. O bioattivanti derivati da liliacee (aglio e cipolla). Per gli entoparassiti usiamo le trappole a feromone per il monitoraggio e trattiamo con Bacillus solo quando è il momento adatto per avere risultati migliori. Anche la concimazione, quando necessaria, viene fatta con concimi naturali, che tra l'altro sono di difficile reperibilità data l'assenza di allevamenti di bestiame nelle vicinanze.
Tornando al tendone, ora vi cito i difetti. Con questo impianto la vite ha la possibilità di vegetare in maniera spropositata e ciò si riflette nella continua necessità di manodopera in campo. Facciamo fino a due potature verdi nel caso del Negroamaro, e non immaginate la distesa di grappoli a terra quando effettuiamo il diradamento manuale...purtroppo la potatura è strettamente legata all'altezza dei tiranti e non si possono lasciare poche gemme come nella spalliera o nei guyot, quindi il lavoro viene tutto dopo.
Nostra abitudine a fine produzione è aspettare un leggero appassimento dei grappoli prima di vendemmiare, che accresce oltre che il grado zuccherino, anche la stessa qualità del vino che poi ne deriva.


Tag: vino, Puglia, qualità, biologico, Tenuta Ripa Alta, Alessandra Leone, cerignola, vini puglia


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