07.07.2002 | Cultura e Tradizioni

Quando il Lambrusco sposa il pesce

Il vino italiano ha vissuto in questi ultimi anni un formidabile momento di rinascita e rinnovamento che ha toccato, con ottimi risultati, tutti i settori del comparto enologico nazionale. Questa situazione, che ha visto alcuni grandi prodotti, sia bianchi che rossi, guadagnare la ribalta internazionale e imporsi spesso come i migliori in assoluto, non ha risparmiato il Lambrusco.

Vino da tavola per eccellenza e, specie nella pianura padana, di grande consumo, prodotto in quantità notevole e venduto sia in damigiana che in bottiglia, il Lambrusco è sempre stato apprezzato per le sue qualità di freschezza, leggerezza, bevibilità che i nuovi modi di produzione hanno arricchito di profumi e ripulito da residui sapori sgradevoli. In primo piano in questo processo è stata l'Azienda Cavicchioli di San Prospero (Modena) che, forte di una produzione annua superiore ai dieci milioni di bottiglie, ha saputo proporre alcuni prodotti di notevole interesse. Così l'altra sera, presso l'Osteria di Ivan Albertelli a Fontanelle di Roccabianca, quei vini sono stati riproposti in un inconsueto abbinamento col pesce. Patrocinata da Slow-food la cena è stata preparata da Antonio Torino, chef-patron del «Mamma Rosa» di San Polo d'Enza (1 stella Michelin, 14.5 per L'Espresso) che ha messo tutta la sua tecnica e abilità in questa trasferta nella bassa parmigiana. Si comincia con alborelle, rane e zucchine fritte: leggere e croccanti le alborelle erano una piccola delizia, mentre le rane (poi anche gratinate con pane e rosmarino) evidenziavano una materia prima povera di sapore. L'abbinamento era col Lambrusco di Sorbara Vigna del Cristo 2001: questo vino dal colore rosato, pieno di profumi, sapido, con una buona acidità, un vero Sorbara insomma, era perfettamente indicato per il fritto, per spegnerne la sapidità e pulire la bocca. Si continua con moscardini in umido e polenta: qui si è potuto apprezzare in pieno la mano dello chef: moscardini tenerissimi, salsa ben tirata, profumi in evidenza e polenta perfetta. Più difficile l'accostamento col vino: il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Col Sassoso 2001 era vinoso, pieno, rotondo, ancora giovane e un po' chiuso, con tipica nota dolce in chiusura, mentre i moscardini erano soprattutto leggeri ed eleganti. Meglio invece il Col Sassoso con le ottime mezze maniche al ragù di tonno rosso, capperi, lamelle di pecorino canestrato di Moliterno e giro d'olio, lo splendido Casaliva di Alex Nember. In chiusura un dolce di Barbara Albertelli: con un calice di Lambrusco Grasparosa di Castelvetro amabile, ecco la golosa spuma di vaniglia con fragole e salsa al Vigna del Cristo. Serata ben riuscita grazie ai buoni Lambruschi e ad alcuni abbinamenti riusciti, alla cucina di Antonio Torino, all'ospitalità di Barbara ed Ivan Albertelli.

FONTE: GAZZETTA DI PARMA

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