26.09.2006 | Cultura e Tradizioni

Salvati dall’estinzione 159 antichi vitigni calabresi

Cari amici lettori sono di ritorno dalla Calabria, dove si è svolto, in data 16/09/06, a Cirò Marina, un interessante ed istruttivo convegno dal titolo : ''La cultura della vite e del vino in Calabria: antiche tradizioni per una moderna vitivinicoltura'', organizzato dalla azienda vitivinicola Librandi, una consolidata realtà del cirotano che conta, ad oggi, qualcosa come 359ha di terreni, di cui circa 220 vitati e 110 impiantati ad uliveti, mentre il rimanente viene lasciato ad area boschiva.

Vi chiederete perché l'azienda Librandi abbia organizzato questo convegno con la partecipazione di illustri accademici (relatori), di cui sotto vi relazionerò, e di numerosi giornalisti del settore enogastronomico, con particolare riferimento a quelli specializzati in materia di vino. Devo dire, ad onore del vero, che in Calabria già esistevano campi sperimentali, ottenuti da selezioni clonali di vecchi ceppi di vite, ma molto spesso senza conoscerne l'origine e la storia (vedi mio precedente articolo dal titolo: ''I Vitigni antichi della Locride'').

I f.lli Antonio e Nicodemo Librandi hanno dato vita, fin dal lontano 1993, ad una raccolta e selezione clonale di ben 159 varietà di vecchie viti esistenti in tempi remoti nel territorio, prendendo come base per un successivo approfondimento il testo ''Terra d'uve'', casa editrice Le Nuvole, della dott.ssa Marilena De Bonis (per chi ne volesse sapere di piu' può navigare il sito de: ''Le nuvole'' - email:info@lenuvole.it), che ho avuto il piacere e l'onore di conoscere nella mattinata del 16/09, durante la visita ai vigneti sperimentali che ho effettuato in sua compagnia.

Una di quelle persone che mi è piaciuta fin da subito, per la sua semplicità nel porgersi agli altri, per la sua riservatezza e modestia, tanto da rasentare la timidezza. Non una vera e propria ricercatrice universitaria del settore (è laureata in architettura), ma una pura e semplice appassionata che è stata spinta a compiere e portare avanti questo impegnativo e meritorio lavoro di ricerca nelle biblioteche calabre e campane, che è durato tre anni, spinta dalla curiosità di conoscere le cose passate e soprattutto dall'amore per la propria terra natia.

Mi raccontava la dott.ssa Marilena de Bonis, che tanti anni fa suo padre gli raccontava come, una volta in Calabria si facesse vino buono (ed io aggiungo anche ai giorni nostri!!). Ecco la spinta ed una delle motivazioni a capire da dove provenisse quel vino buono, quali piante lo generassero ecc...
L'incontro con il prof. Nicodemo è stato fatale, nel senso che, sulla base di queste ricerche, è stato creato un vigneto sperimentale a forma di 'spirale', molto originale ed insolito, contenente qualcosa come 159 antiche varietà di vigneti calabri.

A questo impianto sono seguiti studi approfonditi di ricerca del D.N.A. molecolare degli stessi e quindi si è provveduto alla loro catalogazione ampelografica, ed alle successive microvinificazioni, di quelle specie ritenute le piu' interessanti quali: l'arvino, il greco bianco, la guarnaccia ed il mantonico. Tutta la sperimentazione degli ultimi anni è stata seguita da illustri accademici, tra cui il prof. Attilio Scienza, e da alcuni relatori partecipanti al convegno, di cui ora vi riporterò un sunto essenziale...

1) Ha aperto i lavori il prof. Nicodemo Librandi che ha illustrato le varie fasi del progetto, spiegando le motivazioni e le finalità dello stesso tra cui: unire le forze tra tutti gli addetti ai lavori della Calabria, per creare una sinergia in grado di proporsi fuori dai confini regionali, per fare conoscere ed avanzare nel mondo la viticoltura calabra;
2) è seguito l'intervento del prof. Vito Teti che ha raccontato il vino nella storia e nell'antropologia della Calabria;
3) la dott.ssa Marilena de Bonis, di cui vi dicevo sopra, ha illustrato alcuni punti salienti contenuti nel suo libro, e le motivazioni che l'hanno spinta a questo impegnativo, ma utilissimo lavoro della individuazione e salvaguardia delle 159 specie di antichi vitigni, che diversamente avrebbero rischiato l' estinzione perenne;
4) è stato poi il turno del prof. Mario Fregoni, che ha sottolineato il fatto di come stiamo andando verso una 'internazionalizzazione del gusto', per cui se non vogliamo che ciò accada (a mio avviso ciò è già accaduto da almeno 7/8 anni n.d.r.) bisogna salvaguardare e puntare sui vitigni autoctoni; il male moderno è stato lo 'stile bordolese' che tutti abbiamo inseguito ed imitato.
Ma ora con l'avvento sempre piu' massiccio dei vini dei paese emergenti extra-UE sui nostri mercati, questo non è piu' possibile perché da noi la coltivazione di 1/ha di vite comporta almeno 300/400 ore, mentre nei paesi extra UE, dove la mano d'opera costa molto meno, sono sufficienti solo 50 ore/ha. Ha trattato poi il prof. Fregoni della normativa comunitaria delle Doc e della necessità di introdurre la denominazione del vitigno in etichetta, un vitigno che dovrà essere presente al 100% nel vino e non all' 85% (15% di altre uve) come avviene oggi;

5) è intervenuta la dott.ssa Stella Grando, che ha illustrato i risultati di ricerche condotte negli ultimi anni secondo i quali il sangiovese, che tutti conosciamo e che è il vitigno maggiormente diffuso in Italia, ha genitori ed origini calabresi (si veda a tal proposito mio precedente articolo dal titolo: ''L'origine del Sangiovese è calabrese'').
Praticamente è stato generato dal ciliegiolo e calabrese di Montenuovo, ritrovato sul lago d' Averno in Campania, ivi importato dalla Calabria. Molte delle varietà allevate nel vigneto 'a spirale' dei Librandi, in effetti sono riconducibili agli stessi cloni, basti pensare che su 90 specie esaminate sono stati rintracciati solamente 25 profili, chiamati purtuttavia con nomi diversi;
6) interessante anche la relazione della dott.ssa Anna Schenider, signora dai modi gentili e molto fini, che ha spiegato come molti vitigni calabresi in effetti provenissero dalla Magna Grecia, tanto è vero che alcuni vitigni definiti 'marinari' come ad esempio la Malvasia di Lipari la ritroviamo poi in altre zone di mare con diversi nomi quali: Bosa di Cagliari, Greco di Bianco, Greco di Gerace ecc.;
7) il dott. Mannini ha bene spiegato come tante cultivar altro non siano che espressioni delle modifiche apportate da infezioni virali, tra cui la piu' diffusa è senza dubbio l'accartocciamento fogliare;
8) l'agronomo dott. Paoletti ha poi bene illustrato le condizioni ottimali per una moderna viticoltura dove è necessario una equilibrata ed ottimale interazione tra: vitigno, terreno, clima ed intervento dell'uomo;
9) ha chiuso il ciclo degli interventi tecnici il prof. Donato Lanati, docente di enologia, il quale ha spiegato che ormai le Doc sono superate, in quanto con queste non si controlla l'origine dei vini, ma la si certifica solamente, mentre oggi la scienza ci permette di accertare al 100% l'origine territoriale dei vini con un esame che è la Risonanza Magnetica Nucleare.
Proprio come avviene in medicina per l'uomo; questa tecnica non deve essere temuta dai viticoltori onesti, ma essere vista invece come una autocertificazione, che ci consentirà nei prossimi anni di ridurre sensibilmente le frodi sulla provenienza territoriale dei vini. Ha continuato spiegando come da un uva con un acino piu' piccolo si possa ottenere una maggiore qualità del prodotto finale.
Presenti al convegno infine l'Ass. Regionale all' Agricoltura, che ha manifestato una presenza costante, per i prossimi anni, della regione Calabria, nel seguire questi importanti progetti privati, a cui ha fatto seguito l'intervento del Sottosegretario all'Agricoltura che pubblicamente si è impegnato a sostenere in vari modi questo progetto lungimirante.


Considerazioni finali
Dal punto di vista tecnico-sperimentale la Calabria sta facendo molto e bene, grazie anche ad iniziative private come quella dei f.lli Librandi, che nei prossimi anni consentirà ai viticoltori calabri di produrre vini unici ed originali, strettamente e profondamente legati al territorio di origine da millenni, mentre dal punto di vista del marketing e dell'immagine ho notato un certo ritardo, rispetto ad altre regioni limitrofe, nel senso che non esiste un organismo Pubblico/privato a ciò deputato (Enoteche regionali, Associazioni di produttori ecc.).

Basterebbe copiare e prendere spunto da realtà ben piu' organizzate in tal senso, quali ad esempio l'Assovini in Sicilia, l'Assivip nelle Marche ecc., dove sono confluiti oltre 60 produttori, e le varie Enoteche Regionali sparse in tutta la penisola, in modo tale che anche questa regione, che da quanto ho visto e toccato con mano in questi giorni (meglio sarebbe scrivere con naso-palato), ha grandi potenzialità e possibilità, ma che se non vengono organizzate e coordinate da organismi a ciò preposti, rischiano di vanificare il lavoro svolto da migliaia di viticoltori.

L'unione fa la forza e quanto prima gli amici calabri ne prenderanno coscienza, quanto prima potranno fare il salto di notorietà ed immagine, per un maggiore e meritato sbocco sui mercati interno ed internazionale.
Grazie della vs attenzione cari amici lettori e come di consueto: Prosit con i magnifici vini di Calabria.

Roberto Gatti
sommelier degustatore
Codigoro (Ferrara)
Email: gatti-roberto@libero.it
Winetaste.it - contact@winetaste.it
Tutti gli articoli di questa rubrica su:
px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?