Emilia Romagna
- Prodotti Dop e Igp
IGP - G.U. Comunità Europee - L. 322/33 del 25/11/97
Ente di controllo: Ministero per le Politiche Agricole Via XX Settembre,
20 - 00187 Roma
CENNI STORICI
Si differenzia dalla varietà francese per avere un aroma meno simile
all’aglio, radici più lunghe e foglie dalla diversa conformazione. Ben
presto entrato nella tradizione della gastronomia locale, lo Scalogno di
Romagna viene citato in numerose pubblicazioni.
AREA DI PRODUZIONE
Il territorio di alcuni Comuni delle province di Ravenna, Forlì e Bologna.
CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
Lo Scalogno di Romagna ha bulbi cipollini di forma allungata, aventi
colore che varia dal giallo al cuoio-fulvo-bruno al grigio. La pianta
presenta radici lunghe e folte, e foglie affusolate. Il bulbo pulito, a
forma di fiaschetto allungato è bianco striato violaceo ed il suo sapore è
dolce e delicato, aromatico e penetrante.
TECNICHE DI PRODUZIONE
Lo Scalogno di Romagna cresce in collina, su terreni a tessitura media
argillosa, asciutti e ben drenati, ricchi di potassio e sostanze
organiche. Devono trascorrere cinque anni affinchè lo Scalogno possa
essere nuovamente coltivato sullo stesso appezzamento di terreno;
analogamente non può essere coltivato dopo altre liliacee (aglio o
cipolla), solanacee, barbabietole o cavoli, mentre è ammessa la rotazione
con frumento, orzo, radicchio, insalate e carote.
L’impianto deve essere effettuato a novembre-dicembre: la messa a dimora
manuale dà la migliore resa produttiva, soprattutto se si procede anche ad
una leggera rullatura del suolo; la raccolta, invece, incomincia dal mese
di giugno dell’anno successivo, per lo Scalogno da consumare fresco, e
prosegue fino a luglio, per quello da conservare e trasformare. La
produzione unitaria massima consentita di 60-80 q.li per ettaro.
Il prodotto viene immesso al consumo sia fresco che secco: nel primo caso
lo Scalogno legato in mazzetti da 500 grammi, nel secondo in mazzetti,
trecce o reti di plastica da 100 gr.
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