30.06.2002 | Vino e dintorni

Test nei vigneti della Valpolicella

Il Nordest in generale e Verona in particolare sono tra i più interessanti comprensori di riserva del patrimonio ampelografico delle varietà di uve da vino: un vigneto sperimentale in Valpolicella è l’iniziativa di Masi per valorizzarlo.

Si tratta di un patrimonio che si è salvato grazie all’impegno delle popolazioni del luogo per conservare le radici culturali, ma anche per il successo di cui hanno goduto in tutto il mondo i vini della regione fatti con uve autoctone venete. Si parla, in particolare, di Valpolicella, Bardolino e Soave, e più recentemente dell’Amarone come emblematico frutto dell’intelligente combinazione tra uve autoctone e l’originale sistema di produzione dell’appassimento. Lo studio e la conservazione di questo patrimonio è un dovere di cui la comunità si deve far carico. In effetti, ci sono vigneti sperimentali nelle varie province nonché nelle scuole di viticoltura (per esempio la Scuola di Viticoltura di San Floriano in Valpolicella) e i campi di conservazione all’Istituto sperimentale di viticoltura di Conegliano, che è la massima autorità nazionale. Un’iniziativa privata di estremo valore scientifico e storico è quella recentemente intrapresa a Gargagnago di Valpolicella dalla Serego Alighieri-Masi-Boscaini con il determinante apporto tecnico delle Cooperative Vivai Rauscedo. In un terreno che è parte delle antiche tenute dei discendenti di Dante, fronteggiante la strada della Valpolicella, è stato creato il primo campo sperimentale dinamico di conservazione e confronto di varietà e cloni di uve autoctone delle Venezie. Sono state impiantate 48 diverse varietà e cloni, replicati in un numero di piante tali da permettere le microvinificazioni necessarie. Validi suggerimenti sono venuti dal professor Attilio Scienza e da Ermanno Murari di Rauscedo. Oltre ai cloni di Corvina, Oseleta e Garganega sono stati messi a dimora differenti cloni di uve autoctone come Prosecco, Refosco, Raboso, Trebbiano di Soave, ma anche curiosità storiche, quasi reperti fossili da tempo abbandonati come Forselina, Quaiara e Bigolona. In totale sono ben quarantotto i vitigni in sperimentazione a Gargagnago, dal Refosco dal peduncolo rosso fino alla Garganega Cl 84. Dario Boscaini, responsabile viticolo del Gruppo tecnico Masi, spiega il significato del vigneto sperimentale dinamico .«Intendiamo insieme - dice Boscaini - sperimentare, conservare, ma anche valutare le valenze qualitative in modo tale che eventuali ceppi o cloni che non si dimostrino all’altezza possano essere sostituiti, creando un ciclico monitoraggio». «Gli obiettivi che ci siamo proposti - aggiunge - sono: selezionare i cloni migliori per i vini di base, cloni che si adattano alle diverse esigenze della produzione attuale, ovvero più adatti all’appassimento piuttosto che alla vinificazione immediata; recuperare varietà scartate in passato perché poco produttive, ma in grado di enfatizzare la personalità dei vini veronesi e veneti; inoltre, individuare le uve autoctone in grado di migliorare l’uvaggio caratteristico dei nostri vini».

FONTE: L'ARENA IL GIORNALE DI VERONA

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