06.09.2011 | Normative Inserisci una news

Rosso di Montalcino. La conservazione non è mai stata una soluzione.

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Dopo un suonar di tamburi da parte dei conservatori " puristi " ad ogni costo del monovitigno in purezza, raccolgo in internet un autorevole parere di segno opposto del bravo ed esperto collega ed amico romano Andrea Gabbrielli, di cui ne condivido in toto le analisi.

 

Aggiungo anche che, salvo rare eccezioni che confermano la regola piu' generale, i migliori vini a livello planetario sono quelli ottenuti da " blend ", precisando che non tutti gli enologi ed addetti ai lavori hanno, molto spesso, grandi esperienze in questo senso, per cui diventa tutto piu' complicato. Ma quando il " blend " viene messo in opera da " maestri enologi " di questa levatura :

http://www.winetaste.it/ita/anteprima.php?id=6473

allora bisogna alzarsi in piedi e togliersi tanto di cappello.

Buona lettura

Roberto Gatti

 

TESTO INTEGRALE

L'annunciata assemblea del Consorzio del Brunello sulla proposta di modifica del disciplinare del Rosso di Montalcino, come succede ogni volta che si annuncia un qualsiasi cambiamento, sta sollevando le proteste dei difensori dello status quo a tutti i costi. Ora il dissenso e la critica sono sempre legittimi ma il rischio è che si perdano di vista i reali motivi per cui una parte importante della denominazione, ha deciso di porre all'attenzione dei soci la possibilità di un cambiamento di rotta.

Perché cambiare.

I disciplinari di produzione solitamente si modificano quando non funzionano. La Doc Rosso di Montalcino è stata promulgata nel 1983 e diventata esecutiva dal 1° novembre 1984. In precedenza era stato commercializzato con la dizione Vino Rosso dai Vigneti di Brunello, poi giustamente eliminata per evitare qualsiasi confusione con il più importante genitore. Il motivo per cui il Rosso di Montalcino nacque è dovuto al fatto che il primo disciplinare del Brunello nei fatti prevedeva un invecchiamento di 5 anni del vino prima dell'immissione al consumo. Un lasso di tempo molto lungo durante il quale le cantine dovevano immagazzinare, senza poter incassare nulla, le partite di vino in invecchiamento. Nel caso poi della creazione di un' azienda ex novo, il tempo si raddoppiava, creando enormi problemi di liquidità alle cantine.

Il Rosso di Montalcino, con un solo anno di invecchiamento obbligatorio, fu non solo l'escamotage che permise di incassare ogni anno dei soldi necessari a tirare avanti ma permetteva – o per lo meno era nelle intenzioni – di favorire una selezione delle uve migliori in favore del Brunello.

Insomma non c'è nessuna storia e nessuna tradizione da difendere: il Rosso di Montalcino è stato inventato ed è nato come un vino di ricaduta cioè il risultato del declassamento delle uve del Brunello. Nonostante gli sforzi – per la verità di pochi – questa fama di vino di "seconda scelta" gli è sempre rimasta appiccicata addosso e poco ha influito il tentativo di comunicarlo come un "assaggio anticipato del Brunello che sarà". Da parte i produttori non ne hanno mai prodotto molto, dando una netta preferenza al più remunerativo Brunello. Per cui, a parte un breve periodo iniziale, c'è sempre stato tanto Brunello rispetto al Rosso e non viceversa. Soprattutto le piccole aziende con pochi ettari di vigneto – vale a dire la grande maggioranza delle aziende di Montalcino – hanno sempre preferito produrre Brunello anche perché la selezione delle uve in un piccolo podere è nei fatti quasi inesistente sia da un punto vista qualitativo che quantitativo per non parlare poi della remuneratività – come si è detto in precedenza - dell'uno rispetto all'altro.

Ormai da anni il Rosso di Montalcino è diventato un prodotto scarsamente appetibile dal mercato e anche gli ultimi dati dimostrano che dalle 4.390.000 fascette del 2007 si è passati alle 3.715.000 del 2010. I dati al 30/06/2011 dimostrerebbero una piccola risalita ma niente di più. Insomma così com'è, non piace, non affascina, non è appetibile nonostante molti Rossi di Montalcino – invecchiati in legno ma anche in vasca – siano senza dubbio validi.

Da qui a sostenere come fa Nick Belfrage - in questi giorni sta promuovendo un appello contro la modifica del disciplinare - sostenendo che il Rosso di Montalcino "si è costruito una forte personalità sui mercati vinicoli internazionali facendo leva sul fatto che è un vino in purezza", ce ne passa. Certo una campagna di comunicazione farebbe molto comodo ma di sicuro – visto il trend calante delle vendite – non basta nemmeno più quella. Per questo molte aziende – non tutte – hanno visto nella modifica del disciplinare una possibile strada da percorrere.

La possibilità di aggiungere al sangiovese, un 15% di altre uve – sì anche syrah, cabernet, merlot- è vissuto come il fumo negli occhi in quanto snaturerebbe il Rosso e minaccerebbe " di compromettere il carattere unico del Rosso di Montalcino". Quale poi sia questo carattere, finora non si è ben capito. Anche perché chi vorrà, potrà continuare a fare il Rosso con le sole uve sangiovese. Forse però la chiave di lettura sta in qualche riga più sotto dell'appello di Belfrage, quando con una piroetta logica e anche formale si salta di palo in frasca e si dice " Sicuramente sarete coscienti che molti di noi temono che un compromesso nei confronti del Rosso di Montalcino possa rappresentare l'apertura di una breccia più grande che potrebbe portare ad un altro compromesso, nei riguardi della purezza del grande Brunello-uno dei vini più grandi del mondo" .

In sostanza si chiede un'azione preventiva e di fatto si propone un processo alle intenzioni. Il Rosso come il cavallo di Troia, non è male ma questa è sempre la stata la scusante per lasciare le cose come stanno, tipico dei conservatori a tutti i costi. Considerare risolutivo quel 15 % di altre uve ai fini del successo di mercato del Rosso è difficile, però è un'opzione che vale la pena di far esplorare a chi ci si vorrà cimentare. Continuare ad imporre a tutti una soluzione - quella attuale – che non funziona o funziona poco, visto che stiamo parlando di mercato, è da considerarsi quantomeno illiberale. Ho un sospetto, però. Persa a suo tempo la battaglia contro le modifiche del Chianti Classico, del Vino Nobile di Montepulciano che non hanno perso né l'anima né l'appeal nonostante la presenza di altre uve oltre al sangiovese, per non parlare del Cirò, di Bolgheri, e di tanti altri ancora. Non è che anche questa volta potrebbe succedere lo stesso ? In definitiva gli unici a dover decidere sono i produttori.

Qualunque sia il verdetto merita rispetto.

Spigolature

Tralascio, per amor di patria, di chiosare più di tanto su quanto ha scritto Francesco Illy chiedendo di rimandare in data destinarsi l'incontro fissato per il prossimo 7 Settembre a causa delle avverse condizioni atmosferiche . "Il 21 Agosto 2011 una tempesta di caldo con venti forti a 41°C ha colpito Montalcino. Le uve in maturazione si sono appassite in quantità che variano tra il 5% ed il 50% a seconda delle zone e dell'età delle vigne". A parte che il range proposto (5%-50%), per dirlo in modo eufemistico, è un "tantinello ampio".... Ma la prefigurazione di un Brunello amaroneggiante, manco fossimo nel 2003, è se non altro assai prematura .... Certo nei suoi vigneti "bonsai" con ben 62.500 ceppi per ettaro ( Fonte sito del Podere Le Ripi), calura e siccità sono avvertiti in misura infinitamente maggiore rispetto ad altre densità e modalità d'impianto. Ma soprattutto è bastato fare qualche telefonata a qualche produttore, qua e là, per ridimensionare ampiamente il fenomeno: insomma tranquilli.

( Fonte Andrea Gabbrielli- Winesurf )


Tag: brunello, montalcino, siena, winetaste, gatti, toscana, consorzio, gabbrielli, Rosso di Montalcino, disciplinare, winesurf, rivella, campadelli


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