17.12.2005 | Vino e dintorni

Una verticale di ''enozioni''

I protagonisti: Verticale di Amarone Bertani dal '93 al '68. Locanda del Bere (Borgo Faiti) - 29 nov 2005. Ecco un appuntamento speciale che fa onore sia all’ospite, le cui qualità sono già ampiamente consolidate nella sua accogliente Locanda del Bere, sia al produttore Bertani che per primo ha scelto di produrre intenzionalmente un vino nato quasi per errore ed oggi perla del panorama enologico italiano.

Parliamo di una verticale di Amarone classico della Valpolicella incastonata in una sequenza di portate che ci accompagnerà in un susseguirsi di emozioni sensoriali che l’amico Maurizio ha fortemente voluto, assieme al produttore stesso, come regalo di Natale per i clienti più affezionati.

Siamo quindi di fronte ad un vino che, con appena mezzo secolo di storia “ufficiale” alle spalle, rappresenta già una leggenda, non fosse altro per le origini quanto meno curiose che lo vollero frutto di un errore nella produzione del Recioto, laddove gli zuccheri si consumarono interamente dando luogo ad un vino “amaro”. Abbracceremo oggi quasi interamente questa storia, spingendoci in viaggio nel tempo fino al 1968.


La Degustazione

Si esordisce stuzzicando l’appetito e le papille gustative con l’annata 1993 che accompagna un antipasto dove troneggiano un mini-cestino di ricotta di bufala ed un assaggio di petto d’oca tra alcune preparazioni “one-shot” davvero stuzzicanti.

Il vino, che pure è un prodotto di rottura da annate precedenti (’91 e ’92) che non avevano prodotto uve all’altezza del marchio (tanto da rinunciare al prodotto) si presenta ricco dei suoi profumi di frutta rossa, compatto e balsamico; il colore è già attore di un invecchiamento importante, limpido e profondo in un granato accennato nel corpo ed evidente all’unghia. In bocca gli aromi confermano le valutazioni olfattive presentando un contrasto intrigante fra quelli dolci e maturi della frutta rossa e l’aggressività di tannini ancora presenti e acidità sopra le righe.
Lasciandolo nel bicchiere per confronti successivi, purtroppo molto di tutto ciò si è spento, come accaduto in bocca per un finale un po’ brusco.

L’annata 1987 fa il suo ingresso nel nostro calice sprigionando già al rabbocco un’invitante teoria di aromi terziari che si liberano nell’aria, tra la bottiglia ed il bicchiere, in una magia di sensazioni. Lo chef ci regala per questo vino una portata che rappresenta l’abbinamento più efficace della serata: tagliolini alla chitarra con ragù bianco di bufala e funghi porcini. Un idillio paragonabile a quello fra due amanti che si trasmettono l’un l’altro calore e brividi. Il vino è penetrante, potente e profondo; il colore è perfetto e gli aromi che riconosciamo sono tipici nella prugna e nell’amarena e speziati allontanando poi il naso. Al palato il gusto è corposo, i tannini ammorbiditi dal tempo e dal legno e la persistenza retronasale si allunga nell’assaporare i nostri tagliolini.

Peccato che il 1973 ci abbia risvegliato da un sogno paradisiaco. Gli strozzapreti al sugo di cinghiale, che avrebbero dovuto competere nel nostro palato con questa annata, l’hanno fatta da padrone, incontrando una flebile resistenza in un vino purtroppo vittima di una partita di tappi non proprio all’altezza. Il colore, infatti, cede all’aranciato e gli odori profondi che ci aspettiamo lasciano il posto a note minerali e a qualche “puzzetta”. In bocca la morbidezza frutto dell’età si perde nel ricordo di una freschezza perduta e di tannini ormai svaniti, lasciando in bocca tracce di sughero e goudron per un gusto “maderizzato”. Succede anche nelle migliori famiglie.

Ma il viaggio nel tempo che si conclude nel 1968 ci rapisce completamente e, sovvertendo i fattori della portata precedente, relega preziose e saporite costolette d’agnello neozelandese in secondo piano, lasciandoci in balìa di “enozioni” suggestive e indelebili. Il Vino (usiamo la maiuscola stavolta) è maestoso, presentandosi nel bicchiere con una profondità appena scalfita dai quasi quaranta anni d’invecchiamento e palesatasi in un mattonato limpido e degradante dall’anima fino all’unghia. Il naso presenta un frutto dolce e polposo, con note di goudron, di tabacco e cuoio che ne arricchiscono il bouquet della fase volatile; in bocca è denso e sottile, complesso ed elegante, maestoso nel supportare una materia imponente che risulta comunque delicata, lasciando nella lunghissima persistenza ricordi di liquirizia, cioccolato e poesia. Indimenticabile

La serata si conclude con una degustazione di dolci giustamente secchi per accompagnare un Recioto della Valpolicella Valpantena che ha rispettato appieno le caratteristiche fruttate, con la ciliegia protagonista sia al naso che al palato, su un velluto di confettura di prugne e ribes ad ammorbidirne le spigolature; finale perfetto.


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di Oliver Sabatier

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