13.11.2009 | Vino e dintorni Inserisci una news

I VINI ROSATI, UN’OPPORTUNITÁ PER LA VITIVINICOLTURA ITALIANA

Dove: Veneto
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IV TORNATA ACCADEMICA 2009 A CONEGLIANO VENETO

“La prima volta che troviamo la parola rosato in campo vitivinicolo è nella Storia Naturale dei Vini di Andrea Bacci, alla fine del 1550: come si vede, questa tipologia di vini affonda le proprie radici in una tradizione antichissima; per questo l’Accademia ritiene che lo studio dei vini rosati si inserisca appieno nella sua missione che è quella di mettere in evidenza una via italiana al vino”: con queste parole, Antonio Calò, presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, ha introdotto il Convegno “I Vini Rosati: un’opportunità per il nostro paese. Esempi di Veneto e Puglia”, che si è svolto a Conegliano Veneto, il 31 ottobre scorso.

 

Ma che cosa sono esattamente i vini rosati? A questo quesito ha risposto Rocco di Stefano, aprendo i lavori: “Si tratta di vini molti diversi per tecniche di produzione e caratteristiche del prodotto: non è quindi possibile identificare un solo vero tipo di rosato; ma questa è una fortuna: quella di essere indissolubilmente legato al territorio e all’azienda che lo produce; la grande varietà è una ricchezza che ci dobbiamo augurare che duri”.

 

Claudio Giulivo ha poi passato in rassegna i rosati del Veneto: “I rosati veneti sono ottenuti da vitigni internazionali (Merlot, Cabernet, Pinot nero) e autoctoni: Corvina (la più diffusa), Rondinella e Molinara, ossia le uve usate nel Bardolino; il nuovo, invece, è rappresentato dal Raboso Piave mentre è ai primi passi ma dimostra buone potenzialità l’Incrocio Manzoni 13.0.25, oggi chiamato Manzoni Moscato; per differenziare tra loro i rosati è fondamentale legarli al territorio e, per raggiungere questo obiettivo, occorrono da un lato capacità di ricerca e sperimentazione, e dall’altro la capacità enologica, di interpretare le uve con fantasia”.

 

“In Puglia, ha spiegato Donato Antonacci, i rosati hanno una storia molto antica in quanto anche gli antichi Romani usavano una vinificazione in rosa detta ‘a lacrima’; nella regione, il vino rosato fu commercializzato fin dall’800, utilizzando il vitigno Bombino nero, ma la definitiva consacrazione avvenne nel 1943, durante la Guerra, quando Leone de Castris creò da uve Negroamaro il celebre Five Roses, destinato alle Forze Alleate; altri vitigni in uso sono Malvasia Nera, Primitivo, Uva di Troia e Aglianico, ma si utilizzano anche Montepulciano e Sangiovese, oltre a Cabernet Sauvignon e Pinot Nero”.

 

“Dal vino rosato il consumatore si attende delicatezza all’olfatto e al gusto, ma senz’altro il colore è fondamentale, ha argomentato Raffaele Lovino, in una relazione che ha approfondito il legame tra colore, gusto e tecniche produttive”, seguita da un intervento di Roberto Zironi sulla vinificazione dei vini rosati.

 

“Il consumatore chiede ai rosati colore piacevole e caratteristiche sensoriali intermedie tra bianco e rosso leggero, ha spiegato Roberto Zironi; un risultato strettamente legato a come si ottiene il colore. Dopo una premessa sugli equilibri fisico chimici del vino, molto importanti da questo punto di vista, ha concluso “ottenere il rosa non è facile e tra le due tecniche in uso - salasso anticipato da una lavorazione in rosso e lavorazione non spinta in bianco di uve rosse - si preferisce la seconda, proprio perché il vino ottenuto è più stabile; sempre nell’ottica di preservare la stabilità, si suggerisce di utilizzare bottiglie scure, anche se questo può penalizzare la vendibilità del prodotto”.

 

Hanno concluso i lavori Vicente Sotés, che ha descritto le peculiarità dei rosati spagnoli, sia da punto di vista economico e commerciale che da quelle produttivo, e Luigi Galletto insieme a Vasco Boatto hanno illustrato le prospettive di mercato dei vini rosati: “Vini giovani e delicati, che si fanno scegliere per aperitivo e tutto pasto, grazie alla grande versatilità di abbinamento; diffuso nel Nord Ovest e nel Sud, il rosato deve avere un costo medio, tra i tre e i sette euro”.

 

L’Accademia Italiana della Vite e del Vino celebra quest’anno il sessantesimo anniversario della propria fondazione, essendo stata costituita il 30 luglio 1949 dal Comitato Nazionale Vitivinicolo con decreto dell’allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, ed eretta a Ente Morale il 25 luglio 1952. L’Accademia attualmente comprende 555 membri suddivisi tra Onorari, Ordinari, Corrispondenti italiani, Corrispondenti stranieri e Soprannumero. Ciascuna categoria è a numero chiuso.


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