24.01.2012 | Cultura e Tradizioni Inserisci una news

L' Uomo che parlava con il Vino

Invia un commento

Parlava al suo vino come un buon padre parla a un figlio per il suo bene.

"'Scolteme", gli diceva il vecchio contadino nel suo cantilenante e persuasivo dialetto veneto, "te ghè da comportarte ben". Dammi retta, ti devi comportare bene. "Te ghè da farme contento". Giuseppe Quintarelli,

il vecchio contadino che parlava al vino, conosciuto in tutta la Valpolicella come el Bepi, è morto domenica 15 gennaio. Aveva 84 anni. E' morto nei giorni in cui i bravi cantinieri eseguono il primo travaso del vino.

Quintarelli è uno dei padri nobili dell'Amarone, il vino che lo ascoltava giudizioso nelle grandi botti di rovere nella cantina di Cerè di Negrar. Questo grande vecchio che parlava col Valpolicella era un personaggio che sarebbe piaciuto molto ad Ernest Hemingway, lo scrittore americano che nel libro "Di là dal fiume e tra gli alberi" definì "fratello" il vino veronese.

I suoi dialoghi col vino erano soliloqui di un vecchio sognatore? Il vino gli rispondeva davvero? "Fa il bravo", diceva Bepi. E il Recioto borbottava soddisfatto. "Cresci bene". E l'Amarone ronfava come un gatto accarezzato sulla nuca. "Sì, il vino mi risponde", mi garantì il pariarca di Cerè in un'intervista. "Io gli spiego cosa voglio e lui mi risponde. Bisogna aver la pazienza di ascoltarlo". Bepi di pazienza ne aveva tanta. Non aveva mai fretta. Mi concesse l'intervista dopo settimane di attesa di una sua risposta. Un giorno accampava la scusa che stava poco bene, un altro che doveva stare il cantina col suo vino. Il fatto è che non amava la notorietà. Piuttosto di parlare con un giornalista preferiva parlare con l'Amabile del Cerè, un altro dei suoi cavalli di bottiglia. Più il suo vino conquistava il mondo, più lui si chiudeva nei suoi 12 ettari di vigneto, nella cantina e in casa. Avrebbe potuto sedere, servito e riverito, ai tavoli dei ristoranti più prestigiosi di New York, Londra e Parigi. Non lo fece mai. Attori, vip, ministri e ambasciatori lo avrebbero fatto accomodare felici al loro desco, ma lui si guardava bene dall'accettare qualsiasi invito.

Gli chiesi inutilmente una brochure della cantina, un biglietto da visita. Mi guardò come se gli avessi chiesto la luna. Non ne aveva mai avuti. Non aveva mai fatto pubblicità al suo vino e se, in quel primo incontro, riuscii ad arrivare fino a casa sua fu perché a furia di consumarmi gli occhi in cerca di un segnale stradale commerciale vidi alla fine un unico cartello col suo nome sulla strada che da Negrar si arrampica a Cerè. Lo aveva messo il signore che abita a un chilometro dalla sua cantina stufo di sentire giapponesi, inglesi, americani, suonare al suo campanello: sul cartoncino appeso al cancello di casa c'era disegnata una freccia con su scritto: "Quintarelli wines, 1000 m.".

Perché tanto poco marketing? "Non ce n'è bisogno", rispose disarmante Bepi, "il nostro vino parla da solo". Autolatrìa? Presunzione? No. Il Bepi da Cerè è così: limpido come il vino dopo molti travasi. Modesto. Semplice. Il suo Amarone è diventato un mito? Lui era rimasto il contadino di sempre. L'Alzero saliva su un alto piedestallo, anche di prezzo? Il Bepi teneva tenacemente i piedi a terra. L'etichetta dei vini è ancora quella di 50 anni fa, scritta in bella calligrafia. Gliela aveva "disegnata" così Giorgio Gioco, altro grande vecchio veronese, cuoco e patron del "12 Apostoli". "Ho cominciato a lavorare molto giovane", mi raccontò il Bepi, "seguendo l'esempio dei miei genitori. Il segreto dei miei vini? Non c'è, seguo le mie regole, non corro dietro alle mode. Certo che ho fatto errori nella vita, ma gli errori insegnano. Bisogna stare alle regole, aggiornarsi, ma senza andare fuori dalle tradizioni. Le tradizioni non si devono modificare".

In cantina Quintarelli c'è incorniciata una frase che aveva scritto un giornalista: "Quintarelli, la tradizione che dura nel tempo".

Era il ritratto della calma e della sobrietà. Non s'arrabbia mai, gli chiesi "Sì che mi arrabbio, quando mi vogliono imbottigliare una botte che non mi piace. Il vino, dico. Se non piace a me, non lo imbottiglio". Era lui l'unità di misura del suo vino. E a chi lo comprava chiedeva soldi, è vero, ma pretendeva soprattutto che lo capissero. Era un ottimista inguaribile, sempre fiducioso nella vita. "Lo sono sempre stato. La vita è gioia". Molti col marketing e concedendosi a giornalisti hanno raggiunto il successo che ha avuto lui, ma non ne era geloso. "Sono geloso solo di mia moglie. Gli altri facciano la loro strada. Io la mia. Bisogna dormire in pace. Non ho mai fatto male a nessuno". Sapeva che il suo vino è nelle cantine dei grandi della terra? "Mi fa piacere", rispose. "Ebbi tanta soddisfazione quando potei regalare a papa Paolo VI, tramite don Guido Todeschini (il sacerdote direttore di Telepace, ndr), una botticella di recioto. Ma questo mi basta. Cambiar vita? Non ci penso neppure. Anzi vorrei essere più nascosto possibile. Non c'è niente di male ad essere timido. Non sono mai andato a ritirare nessun premio. Ci ho sempre mandato una delle mie figlie o un nipote. Ma voler essere ultimo non vuol dire sottovalutare il vino. Mai fatto. Anzi, quando va bene il vino va bene tutto in casa".

All'intervista era presente Franca, la moglie, che assentì.

Dissi al Bepi che per molti era il Michelangelo dell'Amarone, il Dante del Valpolicella. Mi rispose: "Non esageriamo. Sono uno che ama il vino. Che lo fa col cuore. Non c'è solo uva nella botte, c'è un pezzo di cuore. I miei sono vini del cuore. E ogni anno ci regalano sorprese diverse. Ogni anno ha la sua storia. Quando l'Amarone non viene come dico io, non lo vendo come tale, ma come Rosso del Bepi. E' sempre un Amarone ma non con la qualità che voglio. Ma anche il Rosso del Bepi dev'essere un gran vino. Se non è così salto l'anno".

A quale delle sue creature voleva più bene? "Si può dire a quale figlio si vuole più bene?", obbiettò Quintarelli. I figli so pezz 'e cuore, dicono a Napoli. Forse è per questo che Quintarelli vende pochissime bottiglie per volta. Durante quell'intervista gli telefonò un industriale di Varese che annunciava il suo arrivo in Valpolicella per prendersi un cartone di Amarone del 1993. "Eh no, sior", lo avvertì Bepi, "venga pure, ma le vendo solo due bottiglie". Gli chiesi se non era meglio capitalizzare, far musina, come si dice in veronese. "Guai svuotare il magazzino", sentenziò Bepi. "Vendere è la cosa più facile che c'è. Ma a me piace scendere in cantina e vedere le bottiglie bene esposte. Ognuna delle mie quattro figlie ha la riserva con il suo anno di nascita. E' una soddisfazione. Bisogna contentarsi nella vita", concluse, "essere contenti di quello che Gesù manda. Per noi tutto viene dalla Provvidenza, tutto va bene così".

Mi piace pensare che ora Bepi Quintarelli stia parlando con papa Paolo VI di quella bottiglia di Recioto che gli aveva mandato tramite don Todeschini. "Sì? Ti è piaciuto Giovanni Battista? (in Paradiso si danno tutti del "tu"). Sono proprio contento". E mi piace pensare che San Pietro gli abbia subito assegnato il posto di cantiniere nelle cantine celesti in modo che possa continuare col nettare di lassù il suo dialogo di vino".

 

( Fonte golosoecurioso )


Tag: winetaste, valpolicella, amarone, verona, illasi, Gatti Roberto, dal forno, quintarelli, alzero, fumane, negrar


px
px
px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?