29.07.2009 | Cultura e Tradizioni Inserisci una news

Mi scrive un produttore della Valpolicella

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Sempre a proposito delle Famiglie dell' Amarone d' Arte ..... Come ricorderete ho pubblicato pochi giorni fa, le considerazioni che mi sono giunte dalla Valpolicella, da parte di un associato alle Famiglie d’ Arte dell’ Amarone, e da un non associato, di cui al link: http://www.winetaste.it/ita/anteprima.php?id=5085

Tra le tante lettere che mi sono pervenute in questi giorni, ognuna interessante a suo modo di vedere, ho trovato particolarmente istruttiva ed interessante,  e soprattutto “ scritta dal di dentro “ questa che sotto Vi trascrivo, pervenutami da un produttore lungimirante , con osservazioni puntuali e pertinenti.

La sottopongo a Voi tutti lettori di questo sito, cosi’ da avere una visione ancora piu’ ampia ed articolata della reale situazione che sta attraversando in questo momento la bella zona della Valpolicella

Buona lettura

Roberto Gatti

 

 

 

28/07/2009

 

 

 

 

Egregio Signore

Gatti Roberto

 

 

gatti-roberto@libero.it

 

 

 

 

 

 

Il problema dell’Amarone e della nuova associazione “Le famiglie dell’Amarone d’Arte”.

 

 

Non Le avevo risposto prima perché molto occupato in altri argomenti, e perché volevo ripensare al problema.

 

Io credo che l’associazione abbia due valenze, una pubblicitaria e una reale.

 

Quella pubblicitaria servirà (forse) alle 10 aziende facenti parte della associazione, che potranno fregiarsi di un titolo che – a loro parere – aumenterà il loro prestigio.

 

Quella reale dovrebbe consistere in un miglioramento della produzione degli associati e conseguentemente della commercializzazione del vino.

 

Mi pare, però, che i vincoli per gli associati destinati a migliorare la produzione, non siano molto importanti.

 

Il grado minimo (15 gr.) può servire a questo (ma, di fatto, gli Amaroni hanno già quasi tutti 15 gr.) mentre il numero di mercati esteri, la anzianità della cantina, la possibilità di ridurre l’uva di appassimento, il numero minimo delle bottiglie, non appaiono determinanti a questo scopo.

 

L’estratto secco minimo a 30 gr/l può essere importante, mentre un invecchiamento superiore di sei mesi non conta molto.

 

Quanto al prezzo – che costituisce effettivamente un problema – nulla si dice di concreto.

 

Mi pare quindi che le limitazioni che giustificano la partecipazione all’Associazione siano positive ma non certo risolutive.

 

Io credo che il problema dell’Amarone richieda ben altri provvedimenti, e soprattutto una unitarietà nel ricercare soluzioni condivise dalla maggioranza dei produttori.

 

In primo luogo appare necessario che le uve siano uve di collina perché più resistenti ed aventi le caratteristiche qualitative particolari necessarie alla produzione di un “vero” Amarone.

 

In secondo luogo è necessario ritornare alla tradizione, che consentiva l’appassimento delle uve dal 25% al 30%, con effettiva scelta sia grappolo per grappolo (in parte ancora si fa), che delle zone o dei “campi” migliori.

 

Da ciò conseguirebbe un miglioramento produttivo e una sostanziosa riduzione delle quantità, con ovvia ricaduta sul prezzo.

 

In terzo luogo è necessario non “tagliare” i vini prodotti con le uve DOC per renderli più gradevoli, più internazionali, più “come vuole il mercato”.

 

L’Amarone si è guadagnato la propria fama così come era, e il tentativo di renderlo più appetibile ha ottenuto il risultato di modificarne in parte le qualità, e quindi di fargli perdere alcune caratteristiche tipiche che lo avevano valorizzato; ovviamente ciò accade solo in alcuni casi; sarebbe bene tornare “all’antico”.

 

E’ poi necessario ritornare alla individuazione del vino valorizzando e specificando le annate di produzione; chi produce il vino con le sole uve sa bene che queste sono spesso molto diverse anno per anno; il mio ripasso del 2004 aveva gradi 12,5 e il ripasso del 2007 ha gradi 14,7!  E gli estratti sono diversi, e i profumi ancora più differenti.

 

Normalmente in commercio è difficile trovare pubblicizzata la individuazione dei vini a seconda delle annate; i veri venditori dovrebbero invece puntare molto su questa qualifica, facendo apprezzare ogni vino per quello che è, anno per anno.

 

Si è sentito dire troppe volte che “è necessario seguire il mercato”, che “è necessario che i vini siano sempre eguali a prescindere dalle annate”.

 

Se questo è vero, può valere (forse) per i vini di modesto pregio; quelli di valore vanno distinti anno per anno.

 

Il mercato è fatto dagli acquirenti ma anche dai venditori, e quindi dovrebbe essere loro interesse distinguere i loro vini a seconda del singolo valore.

 

Questi concetti dovrebbero valere per tutti i vignaioli, e quindi anche per tutti coloro che fanno parte dell’Associazione dell’Amarone d’Arte.

 

La limitazione a 15 anni di esperienza può avere un significato, e anche no, perché ci sono produttori da oltre 15 anni che producono vino scadente e altri, più giovani, che producono vino ottimo.

 

La vendita in più di 5 mercati esteri è certo prova di una capacità commerciale, ma non sembra sia qualificante sul tipo di vini.

 

Complessivamente dunque a me sembrerebbe più importante un accordo di tutti i viticoltori e vinificatori su criteri più restrittivi e più seri nel produrre vino, su un impegno più rilevante nella sua pubblicità (è possibile che in Valpolicella solo 4 o 5 cantine pubblicizzino il Valpolicella e le altre non spendano una lira?), e su un serio confronto sui prezzi.

 

C’è infatti il problema dei prezzi che vanno da alcuni certamente troppo bassi, ad altri che possono essere qualificati “strani”; è certo che si devono escludere i prezzi troppo bassi, perché si innesca una catena “al ribasso” che non porta lontano. Ma, sui prezzi, forse, occorrerebbe da parte di tutti un po’ di sincerità; dichiarare i propri “veri” prezzi di vendita, in Italia e all’estero, forse farebbe bene a tutti, e un tentativo serio di stabilire alcune linee direttive in proposito sarebbe da perseguire.

 

E’ necessario poi che si curi effettivamente il territorio, ponendo fine alla sua distruzione e occupazione con case e costruzioni, con cisterne d’acciaio esterne in piena vista, che certo contrastano con l’idea di un vino pregiato, con l’idea delle botti, delle barriques e della raffinatezza.

 

Per ora mi fermo qui; mi auguro che queste brevi note possano costituire uno stimolo per un sereno confronto.

 

Cordialmente.

 

 

( lettera firmata )

 

 

Osservazioni di Winetaste

 

Come non essere d’accordo con queste lucide, razionali e lungimiranti osservazioni ? Riflettano tutti i produttori di Amarone su quanto sopra riportato, credo ci siano buoni e tanti spunti di approfondimento, per il bene di tutta la zona vitivinicola valpolicellese !

Ringrazio il produttore per la lettera di cui sopra, che gentilmente mi ha voluto inviare.

Roberto Gatti

29-07-2009

 


Tag: winetaste, gatti, valpolicella, amarone, consorzio, normative, famiglie d\'arte


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