16.02.2009 | Vino e dintorni Inserisci una news

Inama : un grande in terra veneta ed in Italia

Invia un commento

Se dovessi stilare una ipotetica classifica, delle 10 migliori aziende, che negli ultimi 5 anni si sono distinte ed impresse nella mia memoria degustativa.....%%

Se dovessi stilare una ipotetica classifica, delle 10 migliori aziende, che negli ultimi 5 anni si sono distinte ed impresse nella mia memoria degustativa, sicuramente questa di oggi comparirebbe di diritto per quanto percepito in degustazione, Vi stò scrivendo della :

 

Azienda Agricola Inama

Località Biacche, 50

37047 - San Bonifacio (Verona)-Italia

Tel. 39 45 6104343 - Fax 39 45 6131979

e-mail: inama@inamaaaziendaagricola.it

sito : http://www.inamaaziendaagricola.it/

 

 

 

Intervista a Stefano Inama

Cenni biografici( liberamente tratto dal sito aziendale )

 

Stefano Inama, quarantonove anni, dopo gli studi classici, consegue la laurea in scienze delle preparazioni alimentari a Milano. Successivamente, in Gran Bretagna, completa la specializzazione in biologia applicata presso il Cranfield Institute of Technology, iniziando ad operare nel settore delle bio-trasformazioni. Contemporaneamente, a partire dal biennio 1990-91, la sua passione per il vino vede nascere le prime prove di vinificazione sperimentale all’interno dell’azienda paterna.

 

Gli esordi

 

“Le prime bottiglie sono del ’91. A seguire, altre, nel triennio 92/93/94. Ma l’esordio della prima annata, per la prima produzione visibile, presentata al grande pubblico, segna il 1995.

“Un’avventura dall’avvio divertente, - ci descrive Stefano Inama - quando, nel 1991, per ‘scherzoso intento’, ho presentato in azienda un primo imbottigliamento di Vulcaia e una mini produzione di Sauvignon (per entrambi, circa due-tremila bottiglie). E’ stato un tentativo della cui efficacia, in cuor mio, ero profondamente convinto. Una mossa commerciale che non sarebbe passata inosservata, suscitando subito attenzione ed entusiasmo tra gli appassionati, per la produzione unica del Sauvignon, diversificata, quasi una follia, senza dubbio una sfida nella zona padrona del Soave Classico, vino la cui reputazione ‘storica’ già viveva una fase critica. L’interesse per l’opzione prima del Sauvignon riporta ad una mia ben voluta intuizione, per ottenere i primi importanti risultati anche per una varietà, per quel vitigno che, allora, non era certamente adattato e non sapevamo se potesse essere adattabile. Soltanto, si presupponeva potesse esserlo… Però commercialmente, il Sauvignon era un’idea nuova che, in qualche misura, poteva attrarre l’attenzione del mercato sull’azienda (interesse che, nonostante tutti i vini che avremmo potuto fare a quell’epoca, il Soave in modo particolare, non sarebbe stato mai possibile suscitare). Abbiamo fatto di necessità virtù. Questa è l’unica vera mossa di marketing che abbiamo concepita all’interno dell’azienda. Una mossa senz’altro vincente. Da qui è nata quasi tutta la gamma dei nostri vini, i due Soave, il Foscarino (’92), gli Chardonnay (lo Chardonnay fresco, nei primi anni ’90, e il Campo dei Tovi di produzione limitata) e il Vino Dolce, frutto degli appassimenti sulla vigna, secondo un procedimento a fronte di varie tecniche lavorative. Concettualmente, avevo già messo a punto la formula, subito tradotta, per i bianchi. E’ chiaro che, a fronte dei risultati ottenuti, della competenza, dell’esperienza, via via, maturata, si viene a sottolineare l’importanza di saggiare il vino a distanza di tempo, valutando nel rapporto di confronto l’evoluzione del proprio gusto, sempre più decisamente affinato. Un vino fatto tre/quattro anni fa non accontenta più, può senza dubbio essere fatto meglio… Da qui è nata la crescita, poi si è allargata la famiglia, con Michele Wassler, ed è arrivata la squadra con Emiliano Manfro e Riccardo Monteverdi per la parte operativa-tecnica, con Roberta Fratusco e Maria Rosa Niero per la parte amministrativa… Mio padre, Giuseppe, è sempre stato, per tutti noi, l’eminenza grigia. Ed è nata, nel 1995, la fase di sviluppo commerciale.”

 

 

La crescita

 

In termini di crescita, va annotata la consacrazione per il Vulcaia Fumé che ha conseguito numerosi premi. È un vino di fortissima personalità che, pur piacendo o meno, porta precise connotazioni, derivate anche dalla fermentazione in barrique.

“Un vino - spiega Stefano Inama - per la nostra filosofia, deve esprimere in massimo grado la territorialità, la naturalità, rilasciare le note di un contesto unico, a forte connotazione particolare. Poi, credo che l’Uomo possa ottenere risultati interessanti, lavorando ed instaurando uno stretto contatto con la Natura e rispettandola profondamente (soprattutto in quest’ambito dovremmo attenerci ad essere esclusivamente dei ‘controller’, ovvero osservatori). Esiste un’evoluzione all’interno della nostra filosofia che intende continuare a promuovere il mantenimento della forte personalità del vino. Con la crescita, sia in termini qualitativi sia per l’estensione d’insediamento dei vigneti, abbiamo acquisito un sempre più variegato sistema di competenza, che consente d’interferire sempre meno in vigna, applicando le modalità e i sistemi più idonei, secondo le leggi del minimalismo. Da questo ‘modus operandi’, quindi, per noi e per ogni buon viticoltore, ha origine la grande scommessa, il rischio di valutare costantemente il confine tra risultato degno e fasulla naturalità. Occorre avere il giusto metro della bontà della vite, occorre sapere, ad esempio, che cosa stia realmente succedendo, in ogni momento, all’interno dei diversi fenomeni organolettici. E’ fondamentale cercare d’imparare ad interferire il meno possibile in quei vini che dovrebbero avere caratteristiche di pulizia, di piacevolezza, di resistenza. Dietro questa nostra scelta, questa nostra vocazione, ci sono stati (com’è accaduto per la nuova magnifica produzione di quel ‘rivisitato’ Soave Classico, che ha ottenuto, ovunque, vastissimo consenso) anni ed anni di fasi di studio e il rodaggio di laboriose, intense esperienze di applicazione. Tutto,oltre e al di là dell’ eventuale connaturata buona essenza del vino. Il vino vero non s’improvvisa… E’ più difficile operare nella naturalità, fare cose semplici piuttosto che complicate.

Per quanto riguarda la produzione dei vini rossi, devo a Giuseppe Carcereri - tecnico di grande valore - il merito di avermi fatto conoscere l’ambito territoriale dei Colli Berici: un contesto dalla connotazione morfologica straordinaria (per il fenomeno del bradisismo) dove si stavano facendo le prime prove su uve selezionate, destinate ad una produzione d’eccellenza. Mi resi conto che era emozionante scoprire un territorio mai, prima di allora, giustamente valorizzato. Mi sono buttato a capofitto in quest’operazione. Un’operazione fortunata. La prima annata (’97) è stata straordinaria. Anche l’annata successiva ha dato buoni risultati, nonostante l’imperversare di piogge torrenziali alla fine della vendemmia che hanno, in qualche modo, ridotto il potenziale soprattutto nell’evoluzione dei vini. Ciò non ha comunque impedito di ottenere dei vini interessanti. Un risultato notevole, che ci ha persuaso dell’ottimo potenziale di questa zona. Infatti, in condizioni di avversità, le grandi zone si vedono nelle piccole annate, dove comunque si formano vini interessanti. Mentre, in analoga situazione, le zone meno vocate tendono a produrre vini di debole personalità. Abbiamo capito che quella era la giusta strada e, dal 1999, abbiamo iniziato ad acquistare terreni e vitigni nuovi. Ci siamo innamorati dell’insediamento naturale del Carmenere, un vitigno che ci sta dando grande soddisfazione e che porterà vini unici al mondo. Una produzione già in essere, di estremo interesse.”

 

La visione del vino

 

“Di certo, per me, è mutata, muta, nel corso del tempo: dopo diciasette anni si cresce progressivamente, si diventa sempre più esigenti, senz’altro più incontentabili. Ritengo si tratti di un passaggio generalmente acquisito. Superata la fase degli assaggi, delle molteplici degustazioni, ritrovando ed affinando la passione del gusto, trovo sempre meno vini che dicono qualche cosa di nuovo. Nel panorama evolutivo si è verificata una stasi della crescita qualitativa del vino, con un netto predominare della commercializzazione a largo raggio, soprattutto dall’inizio degli anni 2000. Ma la crescita del settore aveva raggiunto un indice considerevole all’inizio degli anni ’90, anni ruggenti. Mentre, trovo invece molto più interessante la riscoperta dell’interesse verso la Natura, verso il nostro territorio che non ha ancora trovato completa spiegazione. Preferisco lavorare all’interno, applicando la filosofia legata ai vigneti, dall’adattamento, alla gestione, al minimalismo, alle comprensione di tutte queste fasi…Tutto ciò fa parte del profondo rispetto verso i criteri operativi che già conosciamo. Perché è da questo che nasce il vino unico, irripetibile, di grande personalità. In genere, non è delegando a terzi, o chiamando il consulente alla moda che si produce ‘quel’ buon vino che entrerà nella storia ma operando nel pieno rispetto della viticoltura nel suo complesso. Con il Soave si è a buon punto. Anche con la produzione del rosso ci sono tutte le possibilità. Ci sentiamo molto giovani, in questo senso. La vita è lunga…

 

Fare del vino è una vocazione?

 

Francamente non lo so. Per altri chissà…A trent’anni mi sono riscoperto il pallino del vino. Mi trovavo in Inghilterra alla fine degli anni ‘80, e nonostante tutte le asserzioni dei produttori italiani, la presenza nostra sul mercato più competitivo del mondo era, a dir poco, penosa. Da qui, l’input, un vero e proprio moto d’orgoglio a creare qualche cosa di buono, proprio in quel Paese, in un contesto complesso e difficile ma che penso di conoscere bene. E’ stata questa la prima molla che mi ha fatto avvicinare al vino. Per cercare di rinvigorire, sia pure in minima parte, la reputazione dei produttori italiani, ho inviato bottiglie di una produzione particolare, appartenenti alla mia prima fase di sperimentazione nell’azienda paterna, con l’intento di avvicinare un certo pubblico al vino. Allora ero già un estimatore del vino in generale ma, studente, non potevo certo permettermi di acquistare vini troppo costosi. Un’abitudine che conservo tutt’oggi: di proposito, non compero vini assai cari. Lo trovo poco rappresentativo anche perché il vino plurinsignito molto spesso non risponde alle aspettative… Un’accorta impostazione gestionale, l’oculatezza nelle spese, accompagnata da criteri d’accortezza negli investimenti, sono regole auree, concetti di estrema importanza della nostra realtà aziendale. Monitorare le proprie forze, cercare di assecondare il giusto equilibrio, contribuisce ad evitare errori: per Inama, al centro della politica d’investimenti si pone il rafforzamento del benessere produttivo per vite e vigneto. In qualche misura siamo stati ripagati con soddisfazione per le modalità di un approccio che, nel vino, risulta ben tangibile. Secondo l’evolversi di una filosofia d’impostazione contro corrente e che tende a privilegiare un obiettivo di eccellenza produttiva. Il mondo del vino, del resto, assomma più aspetti, presentando i due lati della medaglia: ‘in primis’, la viticoltura intesa come passione… Possono esistere, nel palmarès, anche quei vini che, pur premiati, non hanno invero grande personalità. Va compreso, del resto, come questo settore sia oggetto di vero marketing quale un tempo in Italia non esisteva. Nell’animo di un italiano, mi si consenta, si delineano le caratteristiche di un buon commerciante prima che di un buon produttore di vino.

Risulta, oggi come oggi, difficile, tra i criteri gestionali, veder valorizzato anzitutto il senso estetico che informa la filosofia esistenziale di un’azienda, dal momento che, in effetti, la gratificazione data da premi e guadagno sembra confermarsi quale primo obiettivo… Ma, d’altro canto, la veste qualitativa che si può cucire attorno a un grande vino si ottiene soltanto in quel vigneto che si segue con passione esasperata, cercando di comprendere e far propria, vivendola, la quotidianità dell’azienda agricola. E credo di poter affermare come, unicamente nel pieno rispetto di questa realtà, sarà possibile produrre su base continuativa quei vini storici di grande corpo, fortemente caratterizzanti il terroir.

 

Analisi del mercato Inama. Considerazioni internazionali sulla percezione del Soave Classico...

 

Parlerei, senza dubbio, di un buon successo commerciale. Il 50% della nostra produzione è destinato al mercato interno italiano, secondo un interesse gestionale da sempre rivolto a diffondere capillarmente la visibilità d’Inama sul territorio nazionale. In Italia come all’estero, soprattutto, si tratta di una visibilità ben confermata a livello di nicchia. In Inghilterra, le nostre etichette incontrano il favore di una schiera degli addetti ai lavori, dei grandi appassionati. Inama qualifica una realtà esclusiva che ha suscitato l’attenzione, tra gli altri, di produttori, divenuti nostri affezionati clienti, come infine di cultori estremamente ricettivi che amano gustare l’essenza, scoprire l’anima del vino, non soffermandosi esclusivamente sull’etichetta. Una visibilità, in questo senso, seconda a pochi. Motivo ulteriore, quindi, per noi di orgoglio, di soddisfazione personale, oltre che di conferma di un successo in evoluzione. Ma uno stimolo a proseguire sulla via di una maggior visibilità. Gli addetti ai lavori, l’alta ristorazione, i grandi appassionati, - tra i clienti più famosi, un cenno doveroso va ad Harold Pinter, cui vengono consegnate quattro casse di Foscarino al mese - conoscono bene i nostri vini e li apprezzano. Certamente, il grande pubblico, forse poco attento o che si sofferma ad una conoscenza superficiale del vino, conosce altri marchi, più accessibili. Ad Inama manca ad oggi un po’ di visibilità per la clientela a largo raggio. E, in particolare per il Soave, peraltro dal costo ben accessibile a varie fasce di fruizione. Ma qui batte una nota dolente: ricordiamo come, nell’assetto del mercato il target d’accoglienza, il Soave risulti, per il grande pubblico anglosassone (Gran Bretagna e fino pochi anni or sono gli USA), tuttora compromesso da decenni di percezioni, di passaggi negativi che ne hanno azzerata la reputazione. Rispetto al Pinot grigio (largamente adottato, prodotto spesso industrialmente, e che pure gode di una pseudo-credibilità) il Soave resta, secondo un opinabile quanto, purtroppo, radicato criterio di non credibilità, un vino–vittima. Il retaggio che, giorno dopo giorno, ha pesantemente inciso e continua ad incidere sul flusso commerciale rende impossibile calcolare le mancate vendite, quindi il danno indiretto che quotidianamente arreca la percezione negativa del Soave.

Il nostro Soave Classico, grazie a studi e ricerche durati oltre un decennio, ha recuperato la tradizione antica dei nostri padri, regalando un bouquet e note di sentore straordinario. Per far conoscere questo vino di alto lignaggio, si è rivelato determinante il successo di una ciclopica operazione commerciale, promossa con dedizione dal nostro agente, Michael Palij, senza dubbio fra i tre più famosi master of wine inglesi ed esperto in vini italiani. Iter più complesso per la conferma, la stabilizzazione della visibilità commerciale in USA, consolidata soltanto da qualche anno a questa parte, grazie all’instaurarsi della strategia vincente adottata dal team guidato dal nostro agente generale Brian Larky, che ha fatto esplodere l’interesse del pubblico non solo per il Soave ma per tutti i nostri vini. Negli States, il problema della visibilità territoriale in tale ambito non si poneva neppure.

Semplicemente, fino a poco tempo addietro, era un aspetto affatto interessante per il grande pubblico, una conseguenza logica, causata dalla produzione di massa, gestita dalle cooperative per il largo consumo. Nonostante reiterate, sterili, dissertazioni su qualità, zonazioni, vigneti sperimentali o DOCG … E, a Mosca, sullo scaffale del supermercato il Soave Classico ad 1.99 euro la bottiglia! Che cosa possono dare con 1.99 euro? A che vale rammaricarsi, quindi, se l’alta ristorazione un po’ disattenta non acquista affatto o decide di tenere, per esigenze di dispensa, ‘un’ Soave che non sarà mai un vino sugli scudi... Al contrario, gli operatori lungimiranti, vigili custodi della propria immagine, continuano ad investigare sulla rosa dei produttori che, con grande impegno e professionalità indiscussa, producono ‘il’ Soave migliore. Un vino, indubbiamente unico, ineguagliabile, che è finalmente riuscito ad allargare la breccia. E che, dopo aver ottenuto un successo ‘di nicchia’, sta riscuotendo sempre più conferme, giorno dopo giorno, ampliando il proprio campo d’azione.

Momento favorevole anche per l’export in Giappone, secondo una soddisfacente prospettiva di crescita generale, già confermata in tutta Europa, Scandinavia, Russia, Ucraina, come, altresì, nell’area caraibica. E, anzitutto, puntiamo alla visibilità, allo sviluppo della nostra presenza, lo ripeto, sia nel mercato nazionale interno sia in quei contesti territoriali, oramai considerati mercati storici – Gran Bretagna (10%), Giappone (5%), Stati Uniti e Canada (35%). Dato interessante: proprio nel territorio del Quebéc, si è verificato un fenomeno di contro tendenza (come in pochi altri siti) circa la reputazione del Soave che, in questo contesto, si è peraltro mantenuta su buoni livelli.

 

Progetti a breve e medio termine

 

Oltre quello appena citato, il progetto è andare avanti, con costanza e determinazione, per comprendere appieno la nostra territorialità. Non fermarsi ma continuare a riempire quel bagaglio di conoscenza che deve perseguire un continuo miglioramento. Non prevedo quindi, secondo tali termini, ulteriori espansioni. L’azienda assorbe tutte le nostre cure, ad ogni ora del giorno, assommando insediamenti estesi su superficie totale di 50 ettari (30 per i bianchi, 20 dedicati ai rossi). Inoltre, il progetto in Abruzzo, per Binomio, una joint-venture nata nel 1999, grazie al sodalizio, instaurato per la comune passione di valorizzare appieno le potenzialità produttive del Montepulciano, con l’amico Sabatino Di Properzio (conosciuto nel ’97, all’epoca dell’inizio delle mie prove per Bradisismo) titolare dell’azienda agricola Fattoria la Valentina, a Spoltòre, nel Pescarese. Proprio in quell’occasione, lo misi a parte del mio sogno circa la possibilità di creare un grande Montepulciano. Iniziarono, nella sua azienda, prove su uve selezionate, con buon risultato. Di Properzio mi convinse a portare avanti l’obiettivo, superando i dubbi e difficoltà legati alla lontananza. Ma il giro di boa, il colpo di fortuna, capitò nel ’99. Trovammo un insediamento ideale, nel Parco della Maiella, di un vecchio vigneto Montepulciano, messo a dimora nel 1971. Il clone utilizzato era un “clone Africa” a bassissima produzione, con acini e grappoli di piccole dimensioni. Decidemmo di acquistarlo. E’ stata per entrambi un’intuizione vincente, una grandissima soddisfazione personale. Già l’anno successivo, la produzione, eccellente (12.000 bottiglie, la media annuale, richieste in numero ancor maggiore dagli appassionati) conquistò, nel 2001, un punteggio di 95/100 in Wine Spectator. Fu un successo clamoroso sul mercato USA. Ma, a parer nostro, si superò ogni aspettativa con la vendemmia 2002.

 

 

Sogni nel cassetto

 

Nulla, nel cassetto. I miei sogni sono, in realtà, sul tavolo. Creare grandi vini classici che restino nel novero del mondo del vino...Se si guarda, ad esempio, alla Francia, prima ancora che all’Italia, si comprende, in realtà, come in quei territori siano occorsi secoli per creare grandi vini, marchi leggendari. Infatti, oltre la leggenda, tutto ciò che riguarda la qualità vera di quei vini è stato fatto nel dopo guerra, dagli anni Cinquanta in poi. Sono ben convinto che se potessimo bere, fresche, delle annate ottocentesche (salvo rarissime eccezioni) troveremmo ben poco di quel concetto di vino magico che intendiamo oggi...

 

 

Prendendo in considerazione l’enorme esperienza dei produttori francesi e confrontandola con quella dei grandi viticoltori italiani, oggi si potrebbero bruciare le tappe, abbastanza rapidamente, della sperimentazione. Grazie all’apporto della conoscenza personale, dell’esperienza di ciascuno, grazie allo studio completo dell’assetto della viticoltura e del territorio, il fattivo confronto di tutte queste note informative potrebbe permetterci di giungere, tra qualche anno - e tramite una pur complessa operatività, le cui fasi andrebbero segnate su una tabella di marcia - ad una costanza di rendimento produttivo tale da consentire il paragone dei nostri grandi vini con quei grandissimi vini, caratterizzati peraltro da prezzi di gran lunga superiori…

Recandomi spesso all’estero, mi sono reso conto di quello che manca per rafforzare la visibilità del nostro settore. Di quanto sarebbe necessario, con il supporto dei diversi produttori, cercare una via per un’istituzione univoca, quasi un grande palcoscenico che esalti l’eccezionalità molteplice del territorio italiano, la sua biodiversità, la bontà…Un’istituzione che sottolinei, in senso lato, un concetto di italianità che non sia legato all’interesse del singolo produttore provinciale o regionale. All’estero, una simile istituzione esiste da tempo: gli stranieri sono bravissimi ad operare per il bene degli altri, della comunità. Noi remiamo in direzione opposta, quando ci viene chiesto di uscire dall’individualismo. L’eccessivo ‘ far parte per se stesso ’ costituisce una lacuna di grande entità soprattutto nel mondo del vino: infatti tutte le positive evoluzioni che si sono verificate, negli ultimi 25-30 anni, sono note soltanto ad una schiera di appassionati cultori, non certo al grande pubblico internazionale. Certo si tratta d’investire tempo e disponibilità. Per collaborare, andrebbero accantonati gli interessi di bottega. In via generale, il mondo, oltre confine, vuole sentir parlare estensivamente di Italia, più che del pur importante ma circoscritto valore della tradizione storico - artistica della singola città o regione. Così, per il nostro settore, il pubblico estero non intende soffermarsi ad individuare il potenziale produttivo del singolo territorio. Ma chiede di essere orientato, secondo criteri globali, nella conoscenza della nostra intera territorialità. Un progetto che mi piacerebbe potesse concretizzarsi.

 

( Fonte Stefano Inama )

 

 

DEGUSTAZIONE PRODOTTI AZIENDALI  

 

1) Soave Monte Foscarino- Du Lot 2006

 

VINIFICAZIONE

Diraspatura dell'uva Soave 100% e pigiatura. Macerazione pellicollare per 4-8 ore. Pressatura.

Decantazione del mosto a freddo per 12 ore. Fermentazione in barrique nuove al 30%.

Batonnage ogni 6 settimane per 6 mesi. Travaso seguito da leggera filtrazione e

imbottigliamento.

IMPRESSIONI

Colore giallo intenso. Naso intenso e mieloso di fiori dolci di campo: camomilla, sambuco,

iris. Grasso ed ampio al palato: frutta matura con retrogusto di mandorla dolce.

ABBINAMENTI

ACCOMPAGNAMENTO: Il vino può essere accompagnato ad ogni piatto con sapore intenso,

sia di carne che di pesce.

Temperatura di servizio: 12/14° C

Tipo: Bianco secco

Area: Soave Classico

Varietà: Garganega 100%

CARATTERISTICHE DEI VIGNETI

COMUNE: Soave (Monte Foscarino)

ALTITUDINE: 200 m slm

ESPOSIZIONE: Sud/Sud-ovest

NATURA DEL SUOLO: Basalto lavico (vulcanico)

SISTEMA DI ALLEVAMENTO: Guyot e Pergola

DENSITA': 3000 piante / ha

RENDIMENTO MEDIO: 50 Hl /ettaro

VENDEMMIA: manuale

SUPERFICIE 2 ettari

Produzione media: 13˙000 bottiglie da 0,75 l

 

Questo Vino proviene da uno dei piu’ prestigiosi Cru di Soave “ Il Foscarino “, ed è vinificato per il 30% in barrique nuove ed il 70% in barrique usate di 6 mesi :

Giallo paglierino intenso, al naso leggere note “ boisè “; in bocca entra caldo, intenso, con note minerali e di idrocarburi, grande stoffa e classe, chiude con una Pai molto lunga.

Da classificare molto buono/ottimo , in base alla legenda di cui in calce;

 

2) Carmenere Piu’2006

 

VINIFICAZIONE

Diraspatura dell'uva. Varietà: - Carmenere 60%- Merlot 30%- Raboso Veronese 10% Macerazione e fermentazione per 12 giorni circa in tini

verticali. Svinatura, pressatura e travaso in vasche d’acciaio dove ha svolto

la fermentazione malolattica, poi in barriques non nuove per un periodo di

12 mesi. Travaso, nessun collaggio ed imbottigliamento previa leggera

filtrazione.

IMPRESSIONI

Colore rosso cupo con riflessi blu-violacei. Naso elegante di piccole bacche

scure, cacao e pepe nero. Al palato equilibrato di ottima freschezza, fruttato

senza impedimenti tannici.

ABBINAMENTI

Salumi tipici dei Colli Berici: sopresse, pancette e salami all’aglio. Prosciutto

DOP Val Liona. Grigliate di maiale. Di grande beva anche a tutto pasto o con

cibi semplici.

Tipo: Veneto Rosso

Area: Colli Berici

Varietà: Carmenere 60 %

Merlot 30 %

Raboso Veronese 10 %

Taglio specifico dei Colli Berici, unico territorio in grado di

produrre grande Carmenere che viene qui completato con

Merlot e Raboso Veronese, varietà locale da noi reintrodotta

al fine di caratterizzare ulteriormente il vino.

A Z I E N D A AG R I C O L A

CARATTERISTICHE DEI VIGNETI

COMUNE: Lonigo e San Germano dei Berici (VI)

ALTITUDINE: 50 - 250 m slm

ESPOSIZIONE: Sud

NATURA DEL SUOLO: limoargilloso / calcareo

SISTEMA DI ALLEVAMENTO: guyot e pergola

DENSITA': da 3000 a 5000 c / ha

ETA' DEI VIGNETI: da 5 a 42 anni

RENDIMENTO MEDIO: 50 Hl / ha

VENDEMMIA: manuale

Produzione media: circa 70˙000 bottiglie da 0,75 l

 

Questo è il vino base dell’azienda, e viene venduto in cantina ad un prezzo che definire “ un regalo “ è ancora riduttivo = euro 6,5 :, affinato un anno in barrique:

bel rubino di medi aintensità; naso franco, pulito, maturo, per nostra fortuna “ Non c’è “ il peperone verde; in bocca è armonico, con tannini amalgamati, e chiude con una piacevole nota amarognola. Tutti i rossi di Inama sono certificati biologici.

DC buono/molto buono

 

 

3) Oracolo 2003- gr. 15,80 da uve Cabernet Sauvignon 100 %

 

VINIFICAZIONE

Macerazione e fermentazione dell’uva per 14 giorni circa in tini verticali. Svinatura,

pressatura e fermentazione malolattica. Travaso in barriques nuove. Affinamento

per 18 mesi. Travaso ed imbottigliamento dopo leggera filtrazione. Ulteriore

affinamento in bottiglia per dodici mesi.

IMPRESSIONI

L’uva, concentratissima, genera un sapore intensissimo e persistente. Il vino

ottenuto è di colore fittissimo, rosso cupo. Naso esuberante di piccole bacche

scure, ciliege passite e vaniglia. Al palato molto potente, di grande maturità

fenolica, morbido e rotondo, fruttato senza impedimenti acidi e tannici. Lunghissimo

il finale.

ABBINAMENTI

Selvaggina allo spiedo, formaggi molto stagionati, cioccolato fondente.

Tipo: Veneto Rosso

Area: Colli Berici

Varietà: Cabernet Sauvignon Proveniente da un singolo vigneto di Cabernet Sauvignon dei Colli

Berici, il territorio di prima introduzione del Cabernet in Italia.

CARATTERISTICHE DEI VIGNETI

COMUNE: Lonigo (VI), Località Mole

ALTITUDINE: 50 - 100 m slm

ESPOSIZIONE: Sud

NATURA DEL SUOLO: limoargilloso / calcareo

SISTEMA DI ALLEVAMENTO: guyot

DENSITA': 4000 c / ha

ETA' DEI VIGNETI: da 5 a 42 anni

RENDIMENTO MEDIO: 25 Hl / ha

VENDEMMIA: manuale

SUPERFICIE 4 ettari

Produzione media: circa 7˙000 bottiglie da 0,75 l; 300 magnum da 1,5 l;

30 doppie magnum da 3 l.

 

Granato scuro; profumi intensi, puliti, franchi, il legno in cui è transitato è molto ben dosato e sempre in sottofondo rispetto al frutto croccante, in bocca entra morbido, tannini bene integrati, molto caldo nel centro bocca, con una bella beva scorrevole. Chiude con una lunga Pai. Un grande vino DC ottimo

 

 

 

4) Vulcaia  Fumè 2006 gr. 15,60- 100% Sauvignon-

 

VINIFICAZIONE

Diraspatura dell'uva e pigiatura. Macerazione pellicollare per 3 ore. Pressatura.

Decantazione del mosto a freddo per 12 ore. Fermentazione in barrique a

tostatura forte, nuove al 30%. Batonnage ogni 6 settimane per 7 mesi. Travaso,

leggera filtrazione e imbottigliamento.

IMPRESSIONI

Colore giallo intenso. Naso di caffé e spezie. Al palato spesso di frutta secca

ed agrumi.

Lungo e persistente il finale.

ABBINAMENTI

Trippa. Pesci affumicati come aringhe e salmone. Caviale, bottarga. Fegato

arrostito e alla veneziana, rognone.

Tipo: Bianco secco

Area: Soave Classico

Varietà: Sauvignon 100%

CARATTERISTICHE DEI VIGNETI

COMUNE: Monteforte d'Alpone e Soave (Monte Foscarino)

ALTITUDINE: 150 m slm

ESPOSIZIONE: Sud/Sud-ovest

NATURA DEL SUOLO: Basalto lavico (vulcanico)

SISTEMA DI ALLEVAMENTO: GDC Geneva Double Curtain / Lyre

DENSITA': 4500 piante / ha

ETA' DEI VIGNETI: > 20 anni

VENDEMMIA: manuale

SUPERFICIE selezione su circa 4,5 ettari

Produzione media: 20˙000 bottiglie da 0,75 l e 520 magnum da 1,5 l

 

Un sauvignon unico ed originale, uguale a nessun altro, al di fuori degli schemi a cui siamo abituati :

Paglierino di buona intensità; al naso è intenso con una bella nota “ boisè “; apre dolce, grande bocca, il legno è sempre coperto dal grande frutto, e non sovrasta mai, nota di frutta dolce.

Questo clone proviene dalle colline di Terlano. Chiude con una lunghissima Pai.

Un grande vino, un fuoriclasse assoluto DC eccellente;

 

 

 

5) Vino Oratorio di San Lorenzo 2006

VINIFICAZIONE

Macerazione e fermentazione dell’uva Carmenere 100% per 14 giorni circa in tini verticali.

Svinatura, pressatura e fermentazione malolattica. Travaso in barriques

nuove e seminuove. Affinamento per 18 mesi. Travaso ed imbottigliamento

dopo leggera filtrazione. Ulteriore affinamento in bottiglia per dodici mesi.

IMPRESSIONI

L’uva, molto concentrata, genera un sapore intensissimo e persistente. Il

vino è di colore carminio scuro. Naso fitto di concentrato di piccole bacche

scure, cacao, pepe e altre spezie. Al palato viscoso, di grande maturità

fenolica, morbido e rotondo, di bassa tannicità ma di lunghezza rara.

ABBINAMENTI

Formaggi stravecchi, maiale grigliato o affumicato. Montgomery Cheddar

18 mesi.

Tipo: Veneto Rosso

Area: Colli Berici

Varietà: Carmenere 100% Proveniente, solo in particolari annate, da una selezione su un singolo vigneto di Carmenere situato presso l’Oratorio di San Lorenzo in

Località San Germano dei Berici (Vicenza). L’area può essere considerata come zona di elezione del Carmenere in Italia e nel mondo.

Il carmenere esiste in queste zone da almeno 150 anni, ma veniva confuso erroneamente con il Cabernet-Franc.

CARATTERISTICHE DEI VIGNETI

COMUNE: San Germano dei Berici (VI)

ALTITUDINE: 50 - 100 m slm

ESPOSIZIONE: Sud

NATURA DEL SUOLO: limoargilloso / calcareo

SISTEMA DI ALLEVAMENTO: guyot

DENSITA': 5000 c / ha

RENDIMENTO MEDIO: 25 Hl / ha

VENDEMMIA: manuale

SUPERFICIE: 7 ettari

Produzione media: 4˙000 bottiglie da 0,75 l

 

Note di degustazione

La prima volta che ho “ incontrato “ questo fuoriclasse assoluto, è stato durante la degustazione di Villa Favorita, nell’ambito della manifestazione Bordolesi cabernet/merlot, e quando il sig. Stefano Inama ci ha spiegato come questo vino toccasse ben 16,80 di gradazione alcolica, siamo rimasti attoniti e stupiti: nessuno dei presenti li aveva percepiti, grazie all’alto contenuto glicerico, al primo anno di produzione:

colore rosso intenso, impenetrabile, carminio; al naso è una spremuta di frutta matura e spezie . cioccolato, pepe, vaniglia, frutta macerata, in bocca è denso, intenso, magnifico, lungo, un vino come poche volte capita di incontrare. La persistenza è interminabile e lunghissima. Una grande espressione del carmenere, che solo sui colli Berici può raggiungere questi risultati, e grazie soprattutto alla mano sapiente ed esperta di questi bravi viticoltori.

Da classificare eccellente

 

Conclusioni

Una azienda che subito ho collocato tra le  mie Top  Ten degli ultimi 5 anni di degustazioni, in giro per l’ Italia e per il Mondo.

Alla nostra salute, cari amici lettori, con i vini strepitosi dell’azienda Inama, un grande della viticoltura Italiana in patria e nel Mondo.

Roberto Gatti

16-02-2009

 

 

0-60 

scadente o difettoso

61-70

passabile o corretto

71-75

medio e senza pretese

76-80

piacevole o franco

81-85

buono

86-90

molto buono/ ottimo

91-95

eccellente

96-100

Top Wine

 

 

 


Tag: Degustazioni, winetaste, gatti, colli berici, inama, carmenere


px
px
px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?