21.03.2005 | Cultura e Tradizioni

Vin cotto

Accendiamo il fuoco, una caldara di rame. Il mosto appena pigiato... del vino cotto l’alchimia popolare. Nelle province di Ascoli Piceno e Macerata da oscuro tempo si tramanda oralmente questa pratica alchemica che accompagna, aiuta e sostiene il tempo della vendemmia. In queste province il vino cotto non fu un disimpegno della voluttà ma del lavoro, il duro lavoro della miseria.

La fame ha due facce, il languore delle viscere e il dominio della mente. Nella mente si risolvono i problemi che principiano nelle viscere. Il vino, in queste terre di confine, non rappresentava un bene voluttuario come lo è oggi, ma una bevanda necessaria, quanto il pane, come l’olio. Il vino ha però uno svantaggio che ne limita la conservazione e l’efficacia : è deteriorabile, muta facilmente in aceto se non opportunamente vinificato.

Del resto il duro lavoro sui campi durante l’anno, le avversità del cielo e della terra, il lavoro della vendemmia, non possono vanificarsi così come il bene del vizioso o del dilapidatore di sostanze, sarebbe davvero imperdonabile per una società sì povera. Per conservare il succo di tanta dedizione unico modo è cuocere il mosto. Nella cottura lenta e vaporosa del mosto si opera il miracolo o la scoperta di una nuova qualità che rende forte e vigoroso il vino. Acquisisce una gradazione alcolica tale da impedirgli di inacidirsi.

Tuttavia se fosse solo questo forse non avrebbe varcato i secoli con tanta facilità. Alle pratiche del fuoco e del mosto al “cotto” si aggiunge il legno del castagno che conserva come un urna il liquido ancora caldo. In tale morte il cotto fermenta di nuovo come se nell’urna a simbolo di vita si rinfiammasse e traesse la forza per invecchiare. In questo processo di sublimazione il liquido acquista anche proprietà medicamentose. Infatti ancora oggi in queste terre a nessuno viene paura di usare un bicchiere di vino cotto caldo per curare gli stati influenzali.

Oh, non è un artifizio della tradizione o una pratica superstiziosa. L’esperienza non ha teorie o basi scientifiche, è legata alla realtà, al ritmo dei giorni e delle stagioni ed è saggia senza saperlo, sa dunque per esclusione e il vin cotto è una conoscenza tratta dalla vita e si perpetua senza ambizioni o tradimenti. In queste province il vino cotto oggi si fa allo stesso modo, benché adesso sia stato legalizzato l’uso commerciale del prodotto. Si fa perché si possiede una botte lasciata dai padri e se si lasciasse “seccare” come si dice porterebbe disgrazia in famiglia. Chi si trovasse per qualsiasi motivo da queste parti non avesse timore di chiedere del vino cotto.

Chi lo offrirà vi darà anche modo di accompagnarlo con il cibo adatto. E’ bene sapere che sebbene sia un vino liquoroso dolce non disdegna di legarsi a salumi molli, salsicce o ciaiuscolo oppure al baccalà sulla brace con rosmarino e olio. Certo è che se prendete del pane fresco e lo innaffiate di vin cotto con una zaffata di zucchero sopra troverete che l’allegria è semplice come quello che state mangiando.

--
Antonio Mestichelli
antoniomestichelli@hotmail.com

px
px
px
px
px
Web agencyneikos
Entra in MyVinit Chiudi
Email
Password
Mantieni aperta la connessione.
Non sei ancora registrato?