La fame ha due
facce, il languore delle viscere e il dominio della mente. Nella
mente si risolvono i problemi che principiano nelle viscere. Il
vino, in queste terre di confine, non rappresentava un bene
voluttuario come lo è oggi, ma una bevanda necessaria, quanto il
pane, come l’olio. Il vino ha però uno svantaggio che ne limita la
conservazione e l’efficacia : è deteriorabile, muta facilmente in
aceto se non opportunamente vinificato.
Del resto il duro lavoro sui campi durante l’anno, le avversità del
cielo e della terra, il lavoro della vendemmia, non possono
vanificarsi così come il bene del vizioso o del dilapidatore di
sostanze, sarebbe davvero imperdonabile per una società sì povera.
Per conservare il succo di tanta dedizione unico modo è cuocere il
mosto. Nella cottura lenta e vaporosa del mosto si opera il miracolo
o la scoperta di una nuova qualità che rende forte e vigoroso il
vino. Acquisisce una gradazione alcolica tale da impedirgli di
inacidirsi.
Tuttavia se fosse solo questo forse non avrebbe varcato i secoli con
tanta facilità. Alle pratiche del fuoco e del mosto al “cotto” si
aggiunge il legno del castagno che conserva come un urna il liquido
ancora caldo. In tale morte il cotto fermenta di nuovo come se
nell’urna a simbolo di vita si rinfiammasse e traesse la forza per
invecchiare. In questo processo di sublimazione il liquido acquista
anche proprietà medicamentose. Infatti ancora oggi in queste terre a
nessuno viene paura di usare un bicchiere di vino cotto caldo per
curare gli stati influenzali.
Oh, non è un artifizio della tradizione o una pratica superstiziosa.
L’esperienza non ha teorie o basi scientifiche, è legata alla
realtà, al ritmo dei giorni e delle stagioni ed è saggia senza
saperlo, sa dunque per esclusione e il vin cotto è una conoscenza
tratta dalla vita e si perpetua senza ambizioni o tradimenti. In
queste province il vino cotto oggi si fa allo stesso modo, benché
adesso sia stato legalizzato l’uso commerciale del prodotto. Si fa
perché si possiede una botte lasciata dai padri e se si lasciasse
“seccare” come si dice porterebbe disgrazia in famiglia. Chi si
trovasse per qualsiasi motivo da queste parti non avesse timore di
chiedere del vino cotto.
Chi lo offrirà vi darà anche modo di accompagnarlo con il cibo
adatto. E’ bene sapere che sebbene sia un vino liquoroso dolce non
disdegna di legarsi a salumi molli, salsicce o ciaiuscolo oppure al
baccalà sulla brace con rosmarino e olio. Certo è che se prendete
del pane fresco e lo innaffiate di vin cotto con una zaffata di
zucchero sopra troverete che l’allegria è semplice come quello che
state mangiando.
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Antonio Mestichelli
antoniomestichelli@hotmail.com |