Continua il braccio di ferro con l’Ue per la tutela del settore. A Bruxelles summit del Comitato di gestione.
Altro che braccio di ferro. Quella per difendere il vino made in Italy sarà una battaglia in piena regola. Lo assicura Gianni Alemanno, ministro delle Politiche Agricole. Oggi, il primo round al tavolo del comitato di gestione del settore. In ballo ci sono storia, cultura e tradizioni: il mix segreto che rende le bottiglie tricolori qualitativamente uniche. «C’è il rischio - ha spiegato il numero uno del dicastero verde - che i Paesi non produttori esprimano parere contrario alle liste con le menzioni tradizionali dei vini, ma - aggiunge - ci batteremo con decisione cercando di evitare uno scontro a livello di Consiglio». Poi ha ricordato che il registro multilaterale vinicolo e l’estensione della protezione a tutti i prodotti Dop e Igp sono altri due obiettivi da centrare al più presto.
Giù le mani dalla lista. Ma facciamo un passo indietro per capire quel che accade nel comparto. Dopo la proposta di una tassa sul vino di qualche settimana fa, la Commissione Europea ha tagliato le liste delle menzioni tradizionali. Vale a dire gli elenchi dei termini protetti che devono essere riportati sulle etichette dei nostri vini. «Esiste un meccanismo perverso della burocrazia - ha spiegato il presidente dell’Unione Italiana Vini, Ezio Rivella - per cui si possono fare grossi danni nel tentativo di applicare regole assurde, pur se motivate da buoni propositi. Inizialmente era stata addirittura cancellata la menzione ”Brunello” dalla lista presentata dall’Italia, poi reintrodotta in seguito a fortissime proteste. Se ciò non fosse avvenuto - spiega Rivella - il rischio era di ritrovarsi un Brunello prodotto in Spagna o in Grecia». E ancora - chiede l’Uiv - perché deve essere la Commissione europea a stabilire le menzioni che devono entrare o rimanere fuori dalle liste penalizzando poi solo l’Italia? Dalle fila delle associazioni agricole il messaggio è chiaro: la Coldiretti dice basta all’agropirateria in Europa e nel mondo. Mentre la Confagricoltura avverte che il taglio delle liste è solo il male minore rispetto al rischio che fosse consentita, per i vini da tavola, l’indicazione del nome del vitigno e dell’annata di produzione. E la Cia spiega di non comprendere il criterio che anima gli uffici comunitari nella revisione di una norma che ha valorizzato i prodotti di qualità.
Il falso in vetro. A proposito, sappiate che il Chianti, il Lambrusco e il Marsala sono i tre vini italiani di pregio più imitati da altri paesi produttori. Il primo è contraffatto in Argentina, mentre gli altri due sono copiati dagli agricoltori australiani. Non sfuggono ai pirati dell’agroalimentare nemmeno la grappa e molti formaggi tipici.
Alessandra Chello