Viti Ogm sui mercati europei: il parere dei produttori
Dal Piemonte alla Spagna alla Francia i produttori di qualità non hanno dubbi: quella normativa è sbagliata.
Alcuni giorni fa a Bruxelles è stata approvata la direttiva Europea 68/193/Cee sulla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, aprendo definitivamente il mercato europeo alle viti e ai vini geneticamente modificati.
Su questo fatto si sono spesi fiumi di parole e di inchiostro da parte di politici, giornalisti e tecnici. Ma quello che ci si chiede è che cosa ne pensino i produttori, ovvero coloro che con le viti ci devono lavorare, e campare. Molte associazioni di produttori a suo tempo avevano preso posizioni chiare a favore di una scelta di prudenza e sicurezza. Oggi, a cose fatte, abbiamo intervistato quelli che possono essere definiti i “Magnifici sei” del panorama vitivinicolo italiano.
La nostra inchiesta parte dal Nord, dal Piemonte e da Elio Altare, celebrato produttore in La Morra (Cn). Il fiore all’occhiello della sua azienda è il vigneto Arborina, che negli anni migliori dà origine al Barolo Vigna Arborina. Un altro suo celebre vino è il Langhe Larigi, un taglio con base Barbera di grande spessore, che coniuga al meglio l’eleganza e la potenza degli estratti, riassumendo con grande efficacia la filosofia di Elio Altare, che nei suoi prodotti preferisce la finezza ai muscoli. Il nostro viaggio è proseguito in Lombardia, dove abbiamo sentito Maurizio Zanella di Ca’ del Bosco, azienda capofila della Franciacorta, terra di i raffinatissime bollicine. Tra i “Magnifici sei” non poteva mancare certamente un produttore della Toscana, patria di rossi monumentali come il Chianti classico, il Nobile di Montepulciano e il Brunello di Montalcino. Ma da questa lista non sono certamente esclusi i cosiddetti Supertuscan, e la Fattoria di Felsina, con il suo Fontalloro, è una delle più grandi interpreti di questi eleganti tagli. Abbiamo sentito Giuseppe Mazzocolin, amministratore delegato di questa cantina. Ancora più a Sud con l’azienda Caprai, che con il Sagrantino di Montefalco, ha nobilitato la produzione enologica di un’intera regione: l’Umbria. Marco Caprai, figlio di Arnaldo, che dal 1989 ha preso in mano, con grande successo, le redini dell’azienda paterna è stato il nostro interlocutore. Quindi in Abruzzo, per avere l’opinione di Edoardo Valentini, che ha reso celebre il Montepulciano d’Abruzzo. Nella sua interpretazione questo vino può essere definito al contempo contadino e internazionale, molto personale ed espressione di una forte identità territoriale. Il nostro tour telefonico è finito in Sicilia, alla corte di Alessio Planeta, dell’omonima azienda, che con i suoi due fratelli Francesca e Santi gestisce questa cantina, simbolo della rinascita agricola siciliana
Ma non non abbiamo voluto limitare la nostra indagine all’Italia, visto che la normativa in questione coinvolge tutta l’Europa. Abbiamo quindi chiesto anche il parere anche di altri due grandi nomi del mondo del vino, Pablo Alvarez Mezquiris, titolare della spagnola e mitica Vega Sicilia e Anne Claude Leflaive, presidente di Terre et Vin du Monde, una associazione di circa 300 produttori francesi nata proprio in occasione della protesta inizitata a fine 1999 contro la “fretta” dell’Unione Europea. Questa Associazione aveva all’epoca pubblicato un appello, sottoscritto da migliaia di produttori e consumatori, in cui chiedeva una moratoria di 10 anni per consentire una sperimentazione accurata delle viti transgeniche.
1. Cosa ne pensate della direttiva Europea 68/193/Cee sulla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, approvata alcuni giorni fa?
Elio Altare: “Purtroppo i politici europei non sono tecnici o scienziati, e quindi si sono fatti convincere, forse anche grazie a qualche spintarella, da un gruppo di scienziati al soldo delle multinazionali. E il problema è proprio questo: i soldi. Mi pare che questa sia tutta una questione di denaro”.
Maurizio Zanella di Ca’ del Bosco: “Sono abbastanza aperto nei confronti della sperimentazione sugli Ogm, ma sono assolutamente contrario a un loro utilizzo in agricoltura. La normativa approvata dall’Unione europea non mi è piaciuta perché lascia aperte troppe scappatoie. Infatti, la sperimentazione deve essere realizzata esclusivamente dalle università e dalle scuole enologiche e non va certo demandata ai produttori. Tutte le ricerche si devono svolgere esclusivamente nei laboratori e devono durare per più di 10 anni. Perché non occorre solamente studiare le viti, ma anche il vino che viene prodotto, tutto ciò osservando metodologie che evitino contaminazioni, e solo i ricercatori hanno i mezzi e le conoscenze per rendere sicura la sperimentazione, che mi sembra un atto dovuto. Pertanto la strada imboccata dall’Unione europea mi pare quella sbagliata”.
Giuseppe Mazzocolin della Fattoria di Felsina: “Ho appreso la notizia con grande sospetto. Devo confessare di essere prevenuto verso la sperimentazione di organismi geneticamente modificati, perché si sta diffondendo un delirio di onnipotenza, che non ci porterà nulla di buono. Mi sembrerebbe molto più intelligente percorrere vie più sensate, impegnando le risorse disponibili nello studio delle specie già esistenti, anche in Paesi lontani come l’Armenia o la Georgia, paesi d’origine della vite. In più, nei secoli sono già state effettuate selezioni clonali senza trasferire con tecnologie da laboratorio i geni da una specie ad un’altra”.
Marco Caprai: “Noi siamo fermi nel difendere la tradizione e il patrimonio vinicolo italiano da una possibile invasione di viti Ogm”.
Edoardo Valentini: “Avete qualche dubbio su quello che vi posso rispondere? È una cosa incredibile, grazie agli esperimenti di genetica tra poco avremo delle mucche con mammelle giganti e altri mostri simili. Io sono fortemente critico verso la decisione dell’Unione europea”.
Alessio Planeta: “Questa decisione dell’Unione europea ci ha stupito e contrariato, sinceramente non riusciamo a capire a chi possa giovare una decisione di questo tipo. Il mercato del vino è fatto di grandi eccedenze in particolare per le bottiglie di bassa qualità (e gli Ogm serviranno soprattutto per le fasce basse del mercato). Inoltre bisognerebbe concentrare gli sforzi della ricerca verso le tante varietà viticole che non sono ancora state studiate, probabilmente ci sono molte potenzialità non espresse che meriterebbero un approfondimento. D’altra parte il problema della vite non è certo areale, infatti non si sente l’esigenza di ampliare le zone di produzione, perché sono già molto vaste. Per curare le malattie della la vite ormai si parla di biodinamica e coltivazioni biologiche, mi pare pazzesco il ricorso agli Ogm, perché l’uva non è assimilabile al riso o alla soia. Ci preoccupa anche il metodo con cui è stata presa una decisione tanto importante: una lobby ha influenzato la vita di tantissimi europei senza una consultazione minimamente democratica. Non hanno neppure considerato le firme raccolte né il parere contrario della maggior parte dei produttori”.
Pablo Alvarez Mezquiriz (Vega Sicilia): “È un errore. Non è che siamo contrari in assoluto; ma non dovevano liberalizzare il mercato in questo modo, di colpo, senza che ci siano garanzie scientifiche su come tutto questo impatterà sul mondo della viticoltura e del vino. Da ogni lato si chiedeva solo prudenza, tempo per la sperimentazione. Adesso bisognerà stare molto attenti, ma comunque il futuro è incerto. Bisognerà fare in modo che i vivai siano molto più controllati. I produttori acquistano le viti e le barbatelle dai vivai, e non so come potranno avere le necessarie garanzie”.
Anne Claude Leflaive (Terre et Vin du Monde): “La nostra associazione non è d’accordo con la direttiva. Noi avevamo chiesto una moratoria di 10 anni”.
2. Slow Food ha proposto ai Consorzi di tutela delle Doc e Docg di attivarsi per modificare tutti i disciplinari esplicitando la non ammissibilità di OGM per la produzione dei loro vini; sempre Slow Food ha suggerito ai produttori di battersi per ottenere una legge che garantisca la trasparenza dell’etichetta e, nel frattempo, di indicare che il loro vino è “OGM free”. Come vi ponete rispetto alle proposte avanzate dal nostro Movimento?
Elio Altare: “L’idea lanciata da Slow Food di lavorare sui disciplinari va, secondo me, nella direzione giusta, anche se molte volte i consorzi sono in mano alle grandi imprese. Nel panorama generale, le Langhe sono un’isola felice, bene o male siamo tutti piccoli produttori e contadini, ma in altre parti d’Italia le cose non vanno proprio così”.
Maurizio Zanella di Ca’ del Bosco: “Ritengo che per tutelare i loro interessi e quelli del vino di qualità, i produttori debbano necessariamente modificare i disciplinari delle doc e delle docg”.
Giuseppe Mazzocolin della Fattoria di Felsina: “Sono assolutamente d’accordo sulla modifica dei disciplinari da parte dei Consorzi di tutela di Doc e Docg, mentre trovo che l’indicazione sull’etichetta complichi solo la vita al consumatore. Mi pare logico che siano gli stessi produttori ad assumere una posizione pubblica contro questa decisione, perché la viticoltura non è una questione da circo!”.
Marco Caprai: “Penso che l’idea di agire sui disciplinari sia ottima, anche se il mercato delle barbatelle per le multinazionali rispetto a quello delle sementi è sicuramente meno appetibile. Infatti i risultati di queste sperimentazioni ci saranno tra diversi anni, proprio perché le viti prima di produrre uva ci mettono diverso tempo e poi si deve aspettare l’invecchiamento del vino. Nonostante questo mi associo con vigore alla battaglia contro gli Ogm. Penso che gli investimenti debbano essere fatti per preservare il nostro incredibile patrimonio e non per arricchire qualche scienziato e alcune multinazionali. Inoltre se andremo a modificare i disciplinari si dovrà lavorare anche sulla loro forma, oggi mi sembrano delle raccolte di istruzioni commerciali e merceologiche, mentre sarebbe utile indicare altri parametri, come ad esempio il numero di piante per ettaro, insomma le norme devono puntualizzare come deve essere fatto il vino e non come deve essere venduto”.
Edoardo Valentini: “Secondo me, sarebbe troppo complicato agire su tutti i disciplinari delle doc e delle docg, si dovrebbe operare a livello nazionale, pensando ad una norma giuridica anti Ogm, che ci tuteli dalle decisioni prese in Europa. A Bruxelles comandano le multinazionali e le lobby, che tutelano solo certi interessi. Non dobbiamo essere noi ad indicare sulle etichette la non presenza di materiale geneticamente modificato, dovrebbero essere gli altri a segnalare le porcherie che utilizzano. Mi pare lo stesso discorso che si faceva un tempo per l’olio d’oliva, quando erano i produttori di qualità che dichiaravano sull’etichetta la provenienza italiana delle olive. Tutto ciò è ingiusto, se la situazione non si risolverà a nostro favore si dovrà scendere in piazza per difendere gli interessi del buon vino!”
Alessio Planeta: “L’idea di intervenire sui disciplinari mi sembra sensata. Per quanto riguarda l’indicazione sulle etichette ho paura che si aumenti la confusione nei consumatori. Tra l’altro il sistema di regolamentazione dell’etichettature è assolutamente pazzesco: in questi giorni stavo curando l’uscita di una nostra nuova etichetta, volevamo inserire un paesaggio e poi abbiamo scoperto che la Repressione frodi vieta la pubblicazione di paesaggi. Comunque i piccoli produttori di qualità non sono assolutamente rappresentati. Sarebbe utile scoprire quali sono le lobby che stanno dietro a questa scellerata decisione”.
Pablo Alvarez Mezquiriz (Vega Sicilia): “A proposito delle etichette mi sembrerebbe più sensato, e mi sentirei più tranquillo se fossero coloro che invece li usano, gli Ogm, ad essere obbligati a scriverlo in etichetta. Per quanto riguarda i disciplinari, se i consorzi possono legalmente attuare una operazione di questo genere farebbero senz’altro bene a farlo immediatamente. Anche così la situazione resterà ad alto tasso di incertezza, perché intanto qualcuno quelle viti le coltiverà e non sappiamo quali resistenze e quali debolezze introdurranno nel panorama agricolo di oggi, ma almeno sarebbe un primo passo”.
Anne Claude Leflaive (Terre et Vin du Monde): “In Francia esiste un decreto che vieta l’utilizzo di Ogm nei vini a denominazione d’origine controllata, ma sta attendendo la firma del Ministro dell’Agricoltura. Era stata una proposta dell’INAO fatta nel dicembre 2001 e votata quasi all’unanimità (mancava un solo voto). L’idea dell’etichetta che specifichi che i vini sono “Ogm free” ci trova favorevoli. Ma come si farà a garantire questa distinzione nel caso di contaminazione di una vigna non Gm con una transgenica? Questa possibilità di contaminazione è stata studiata nel quadro della ricerca di base?”.
Giancarlo Gariglio