Cappellano

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  • Serralunga D'alba (Cuneo)
  • Piemonte
  • via Alba 13
Foto azienda
  • Dati di produzione e vendita
  • Anno di fondazione: N/A
  • Superficie vitata: N/A
  • Bottiglie prodotte: N/A
  • Vendita diretta: Si
  • Reperibilità dei prodotti: N/A
  • Export: N/A
  • Contatti e Ospitalità
  • Referente: Augusto Cappellano
  • Visite in azienda: Si
  • Lingue parlate: Inglese, Italiano
La storia della cantina può essere raccontata prendendo come inizio il notaio Filippo Cappellano, mio bis-bisnonno, ricco possidente con la passione per la terra. Questi a 48 anni fonda l’azienda, accorpando nella proprietà ben 150 giornate piemontesi (circa 60 ettari) di terreno coltivabile. Alla sua morte il figlio Giovanni, enologo, proseguì nella conduzione dell’azienda, ristrutturando la cantina in quel di Alba, e realizzando due impianti alberghieri (ad Alba ed a Serralunga), muniti dei migliori servizi per soddisfare il turismo ligure-piemontese. A Serralunga inventò la famosa “cura dell’uva”, istituendo un servizio di carrozze per il collegamento con la stazione ferroviaria di Alba.Nel 1889 all’Esposizione universale di Parigi, quella in cui fu eretta la Tour Eiffel per commemorare il centenario della Rivoluzione, la cantina Cappellano si conquistò la medaglia di bronzo. Probabilmente l’attento bisnonno si era recato in Francia onde conquistare quel mercato, giacché le viti francesi erano già colpite della fillossera e si stava formando una apertura verso l’estero. Oltre quella medaglia, Giovanni partecipò e vinse molti altri diplomi, medaglie e benemerenze.Il fratello Giuseppe si laureò in farmacia, e scelse la strada industriale vinicolo-farmaceutico. Produsse in quel periodo le prime gelatine d’uva, guadagnandosi una medaglia d’oro alla mostra internazionale, mosti concentrati curativi e inventò quel monumento della nostra enologia che è il Barolo Chinato.Ma l’avventura industriale di Giuseppe durò poco: nel 1912 il fratello Giovanni morì, colpito da una febbre tropicale contratta in Tunisia (ove si era recato per cercare un vitigno resistente alla fillossera), e lui decise di prendere in mano l’azienda di famiglia.La storia di Giuseppe veniva raccontata dagli anziani del paese che ricordavano il burbero galantuomo, padre padrone della maggior parte delle uve di questo territorio. L’accordo stipulato con la casa Gancia di Canelli, che gli aveva affidato l’incarico di vinificare con il marchio Mirafiori, i “Vini Fini” dell’Albese, rese mio pro-prozio il più grande acquirente di uve della zona. E non solo Gancia, ma così fecero anche altre famose cantine piemontesi. Era tanta la quantità di uve acquistate, che durante il periodo vendemmiale non era cosa rara vedere interminabili file di carri davanti alla cantina.
Nel 1955 Giuseppe morì, lasciando ai posteri un capitale che a causa di alterne e complesse vicende ereditarie venne frammentano.Sul finire degli anni ‘60 mio papà, Teobaldo Cappellano, che era nato e cresciuto in Eritrea, arrivò a Serralunga, e dopo aver riconquistato il marchio Cappellano, ripartì da zero. Non più in centro al paese, con non poche fatiche, ricostruì l’azienda, nella struttura e nell’immagine. Dimensioni ben più piccole, grandissima qualità. E, ovviamente, il Barolo Chinato. Anarchico, sognatore, testone e anticonformista. La sua lotta non fu solo per la cantina, ma anche per la zona del Barolo, impegnandosi attivamente nel Comune di Serralunga, all’interno del Consorzio, e come presidente dell’Enoteca Regionale del Barolo (solo per dirne alcune).Ed ora è il mio turno, quinta generazione. Non racconterò cosa ho studiato o cos’ho fatto. Ogni generazione, me compreso, ha compiuto una piccola rivoluzione rispetto alle altre. La mia ve la racconterò di persona, quando mi verrete a trovare.
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