22.08.2017 | Prodotti Tipici Inserisci una news

Il Vermouth di Torino si racconta

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Il Vermouth, con i suoi oltre tre secoli di storia e cultura del bere raccontati con passione da studiosi ed imprenditori del settore attraverso memorie storiche, aneddoti e curiosità

"La sola città di Torino aveva nel 1840 almeno 30 produttori di Vermouth e liquori e 42 distillerie di brandy e grappa, senza contare il resto del Piemonte. Produttori che esportavano Vermouth in tutto il mondo, la gran maggioranza dei quali sono scomparsi per ragioni di mercato o scelte imprenditoriali o per gli alti e bassi dei consumi tra i secoli. A quelle case più note, floride e sopravvissute, si aggiungono in questi anni recenti nuovi produttori artigianali o nuove produzioni riprese dalle ricette storiche".


"La produzione mondiale di Vermouth e prodotti affini si concentrava nella stragrande maggioranza sull'asse Torino - Pessione - Asti - Canelli, zona interessata dalla felice convivenza di vigneti e coltivazioni di altro genere, necessarie alla produzione migliore, ma a questa ed alle inoppugnabili prove storiche sedimentate di tre secoli di produzione si aggiunge il savoir faire piemontese e la passione, indispensabile ingrediente necessario alla trasmissione tra le generazioni di ricette originali e metodi di produzione".


"Le aziende produttrici più antiche erano localizzate in prossimità di fiumi e strade ferrate, a testimoniare la necessità di spedire grandi quantità in tutti i continenti: dal Venezuela all'Australia, erano già 150 i Paesi in cui, a metà Ottocento, veniva esportato il Vermouth di Torino. Il gusto veniva declinato in base alle esigenze dei consumatori delle varie zone del mondo".


"Un avviso di passaggio informava i clienti della data e del luogo di arrivo del rappresentante, che annualmente o semestralmente si fermava in città per vendere il suo carico di Vermouth. Il vino aromatizzato veniva acquistato in barili o partite di bottiglie, che venivano poi riempite all'occorrenza. Il Vermouth è infatti il primo prodotto imbottigliato dagli stessi clienti, tanto che le bottiglie distribuite riportavano la dicitura nell'etichetta. Quest'abitudine venne poi vietata dal 1956, dopo la Seconda Guerra Mondiale".


"Il successo del Vermouth ha portato all'intuizione dei bar monomarca, veri e propri negozi che vendevano esclusivamente i prodotti dell'azienda. Il grande interesse del pubblico nei confronti del Vermouth ha spinto le aziende a trovare nuove strategie promozionali, investendo fortemente in attività sportive come il calcio o le corse automobilistiche".


"Il Vermouth di Torino sarà quindi l'unico prodotto alimentare a portare in bottiglia nei salotti di casa, nei bar e caffè del mondo la denominazione della città. Un potente mezzo promozionale per Torino e Piemonte che oggi guida il trend positivo del bere con l'adeguato contenuto alcolico rispetto agli spiriti ed in piena sintonia con lo stile mediterraneo alimentare".


Queste sono solo alcune delle affascinanti storie raccontate nel corso della prima uscita ufficiale, a tre mesi dalla sua costituzione, dell'Istituto del Vermouth di Torino, l'organismo costituitosi ufficialmente il 7 aprile scorso per rappresentare la storica bevanda in Italia e nel mondo e al quale hanno aderito la maggior parte dei marchi produttori presenti oggi sul mercato: Berto, Bordiga, Carlo Alberto, Carpano, Chazalettes, Cinzano, Del Professore, Giulio Cocchi, Drapò, Gancia, La Canellese, Martini & Rossi, Giovanni Sperone, Vergnano e Tosti.

 

Per celebrare il compimento di questo percorso di aggregazione durato circa vent'anni, che ha portato, tra l'altro, alla denominazione legale riconosciuta "Vermouth di Torino", l'Istituto del Vermouth di Torino ha scelto di ripercorrere tre secoli di storia e cultura del bere a Torino e nel mondo nel corso di una tavola rotonda organizzata presso il Museo del Risorgimento del capoluogo piemontese. L'incontro è stato moderato da Fulvio Piccinino, sommelier e barman, docente e scrittore, socio onorario dell'Istituto ed autore nel 2015 del libro "Il Vermouth di Torino".

 

All'evento sono intervenuti altri soci onorari dell'Istituto, come Pierstefano Berta, studioso, che dal 1985 si occupa professionalmente di aspetti tecnologici, culturali e di mercato dell'enologia, oltre a tre brillanti memorie storiche del Vermouth: Piero Miravalle, "courtier" e mediatore storico delle grandi case produttrici, Carlo Vergnano, socio fondatore, produttore e decano dell'Istituto e Giovanni Chazalettes, discendente da una storica famiglia di produttori di Vermouth e liquori tra Chambery e Torino.

Presente l'Assessore regionale all'Agricoltura, Giorgio Ferrero, nominato oggi Socio Onorario come protagonista e fautore della realizzazione dell'Indicazione Geografica.

 

L'evento è stata anche l'occasione per presentare in profondità il neonato Istituto alla Città, ribadendone le finalità e gli obiettivi. In primo luogo il fatto che si tratti di un organismo "aperto": ai soci fondatori, con caratteristiche diverse di storia e dimensione aziendale, potranno infatti unirsi altri che vogliano condividerne gli scopi e le attività di promozione della denominazione.

 

L'Istituto è infatti un'associazione che si prefigge di valorizzare, promuovere ed elevare la qualità del Vermouth di Torino e la sua diffusione sui mercati globali, attraverso il lavoro sinergico di tutti i produttori. L'obiettivo primario è quello di far crescere la denominazione, che rappresenta un bene collettivo della Regione Piemonte e dell'Italia. A tal proposito sarà fondamentale la collaborazione con Associazioni di categoria e con l'Assessorato all'Agricoltura della Regione Piemonte con cui l'Istituto intende condividere la volontà di promuovere il territorio piemontese e le sue peculiarità agroalimentari che lo rendono una risorsa unica nel mondo.

 

Una maggiore visibilità del Vermouth su tutti i mercati internazionali non potrà che avere riflessi positivi per le aziende ed anche sul mondo agricolo del nostro Paese da cui provengono i principali ingredienti della bevanda: vino, zucchero, estratti di erbe e spezie.

 

"Non posso nascondere la grande soddisfazione sia per la pubblicazione del disciplinare che fa chiarezza sui limiti e opportunità per il Vermouth piemontese permettendo di difendere prodotto e denominazione nel mondo in un momento in cui non per tutti i prodotti italiani è stato possibile - dichiara Roberto Bava, Presidente dell'Istituto del Vermouth di Torino - Altrettanto piacere è stato nel vedere realizzarsi l'Istituto che è certamente una conseguenza della legge, ma anche una rara dimostrazione di come sia possibile unire gli intenti di attori così diversi per dimensione, storia e caratteristiche aziendali per conseguire obiettivi comuni: promozione e salvaguardia di un vero bene collettivo. Vi è uno nuovo spirito collaborativo forse impensabile anni fa. Voglio ringraziare tutte le case produttrici che hanno per prime creduto in questo progetto".


"Questa legge nasce dal basso e non dall'imposizione del legislatore. La Regione, attraverso l'Assessorato all'Agricoltura e con il coinvolgimento degli uffici competenti, ha recepito le esigenze della stragrande maggioranza della produzione e ne ha guidato il percorso insieme alle associazioni di categoria - dichiara l'Assessore all'Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero - È il completamento di leggi europee che riconoscevano dal 1991 la denominazione "di Torino": in mancanza di un apposito regolamento attuativo sulla produzione, vi era il rischio di vedere decadere in completo la protezione. In attesa della trasformazione in legge europea, funzionari da Bruxelles ci hanno fatto sapere che questa legge con la sua documentazione è tra le migliori mai viste sinora. Tengo inoltre a sottolineare l'utilizzo del vino italiano e soprattutto delle DOC e DOCG del Piemonte nella versione 'Riserva'. Senza dimenticare l'artemisia piemontese che, insieme alle altre essenze, rimarca il territorio quale elemento qualificante del Vermouth di Torino".

 

Silvana Albanese

Luciano Pavesio


Tag: Torino, Vermouth, Resistenza, Bava, Carpano


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