06.09.2009 | Vino e dintorni Inserisci una news

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le scelte viticole e la loro influenza sul risultato finale, riflessioni sullo chardonnay

Lo premetto, sono un animale di cantina e la mia formazione viticola è molto scarsa .

Durante gli anni di scuola mi sono limitata ad imparare il Dalmasso ed il Fregoni quasi a memoria  , in seguito ho frequentato i corsi di degustazione delle uve ed in questi anni ho avuto la fortuna di lavorare fianco a fianco con Federico (Kurtaz) e Aldo ( Pezzi), ma sono e rimango un’ignorante

Venerdì scorso i lavori in cantina era abbastanza sotto controllo,lo chardonnay per l’Acereta era in chiarifica statica, l’albana dei Poderi delle Rose era in pressatura così assieme ad Aldo sono andata per vigneti a vedere i danni che i tre giorni di vento caldo stavano facendo sulle nostre colline.

 Andare in giro per vigne con Aldo è un modo per scambiarsi idee, verificare l’andamento della vendemmia, fare gli aggiustamenti del caso  .

Aldo appena vede una pianta in stress idrico, per lui è anche solo una foglia che inizia a chiudersi a coppo, farebbe raccogliere l’intero appezzamento , io rincorro il mito della maturità fenolica perfetta  e così litigando e discutendo andiamo avanti vendemmia dopo vendemmia.

 Un altro argomento di lite e discussione è la defogliazione a volte eccessiva e precoce che fa effettuare nei vigneti di Chardonnay  ed in special modo nel vigneto dell’Acereta , il nostro chardonnay passato in legno .

Io amo lo Chardonnay per la sua regolare maturità e la flessibilità enologica , è un’uva plastica che si presta a molte fantasie enologiche  

Si adatta, infatti, a diversi tipi di fermentazione: da quella a freddo con relativo affinamento in acciaio, in barrique dove la superiorità del frutto sopporta molto bene il legno nuovo fino a dare toni delicati di arachide tostata; si piega alla fermentazione malolattica per ammorbidire il vino ed al batonage.

Rientra nell'uvaggio di molti spumanti come era anche in Cantine Intesa all’inizio del suo utilizzo alla fine degli anni ’60.

Nel giusto clima, con forti escursioni termiche giornaliere,  dà vini in grado di migliorare nel tempo, estremamente longevi che possono  durare in bottiglia decenni.

La mia Acereta in questi anni è cresciuta tanto in termini di pulizia  olfattiva e persistenza gustativa, si è trattato di studiare il legno migliore che non coprisse le note fruttate di ananas ed albicocca naturali dell’uva.

Siamo passati da un breve affinamento in legno di appena tre mesi, ad un anno di affinamento sulle fecce fini con batonage frequenti ed accurarti ,così piano piano, vendemmia dopo vendemmia la mia Acereta sta acquistando una sua personalità: un olfatto avvolgente che parte da note di ananas maturo fino ad evolvere all’arachide tostata ed il burro fuso ed una gradevole persistenza e freschezza  gustativa, cosa che forse è mancata negli anni scorsi.

Vorrei  fare uscire l’Acereta dalla gamma degli chadonnay  ben fatti ma che corrono il rischio di rimanere  anonimi,vorrei far diventare l’Acereta un vino di carattere ben riconoscibile .

Questo è l’obiettivo 2009 che è iniziato convincendo Aldo ed il socio conferitore a defogliare il meno possibile le uve in modo che ho potuto avere uve leggermente più crude ed acide .

Nella foto : Abdu il socio dell’Acereta


Tag: vendemmia, barrique, Acereta, defogliazione, Federico Kurtaz


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